DEI MODI PER LIBERARSI DEI LIBRI
U. Eco, J.-C. Carrière,
Non sperate di
liberarvi dei libri
Milano,
Bompiani, 2009
Il titolo
suona come una vaga minaccia: qualsiasi cosa inventerà la tecnologia, il libro
resterà sempre. Difficile liberarsene. Lo assicurano Umberto Eco e Jean-Claude Carrière, in un dialogo in cui s'inserisce il
curatore del volume, Jean-Philippe de Tonnac. In realtà si tratta di una dichiarazione d'amore,
in cui i due dialoganti esprimono la loro accorata preoccupazione di fronte al
dilagante aumento di testi digitalizzati, ma anche per il futuro delle loro
biblioteche personali all'indomani dell'inevitabile dipartita (“Cosa fare della
propria biblioteca quando si muore?”).
La soluzione
più pratica è quella di una donazione a un Istituto universitario o a una
Biblioteca pubblica che renda disponibile quel patrimonio in un apposito fondo.
Perché di tenerseli in casa, i libri, neanche a parlarne: è un'eredità
ingombrante e il più delle volte inutilizzabile, non monetizzabile. Per
contenere tutti i suoi libri, ad Eco sono necessari centinaia
di preziosi metri quadri in edifici di pregio, cantine e soffitte comprese.
Meglio disfarsene, allora. E anche al più presto. Un'altra modalità è la
costituzione di una fondazione ad
hoc che provveda a catalogarli, conservarli e metterli a
disposizione del pubblico. La difficoltà, qui, sta nei costi e nell'impegno di
un capitale adeguato a sostenerla. Poi c'è il trasloco: provate a trasferire
migliaia di volumi da un luogo all'altro e scoprirete che una percentuale
consistente sparisce nel nulla. E infine il rogo: simbolica, rituale e
liberatoria pratica già utilizzata dai nazisti a fini dimostrativi e poi
abbandonata. Il risultato deludente deve aver fatto preferire a Hitler la
distruzione sistematica degli esseri umani: un orrore di fronte al quale il
rogo dei libri appare un'inezia.
I libri che
restano dopo la scomparsa dei loro proprietari sono orfani.
Manca loro la figura del padre e la ragione stessa di essere in quell'insieme,
in quell'organica raccolta che aveva un senso solo per lui. Da soli si sentono
perduti, considerano gli altri libri non più come fratelli, ma come nemici da
cui guardarsi. Sono ingombranti, pesanti, invadenti, così “voluminosi” da
sentirsi imbarazzati.
Ma se i
libri non li vuole nessuno, ora che non sono più di moda
neppure per arredare le pareti di casa (meglio grandi schermi al plasma e
schiere di Dvd), perché gli editori si ostinano a pubblicarne tanti?
Carlo Bordoni