Il
menù
Sergio Sozi è letterato autentico, i classici sono la sua passione
(Dante, Petrarca, Boccaccio i maestri a cui si ispira), l'integrità morale la
sua ossessione. Integrità che a volte sconfina nella rigidità ma non vi è
dubbio che il personaggio sia un puro, la stessa purezza che trasmette nelle
sue opere di narrativa. E non è poco riuscire a mantenere un simile candore in
un mondo in cui il successo è spesso frutto di compromessi. Questo romanzo
pubblicato da Castelvecchi
(Il menù, pagg. 106, €. 13,00) ci dà
la conferma della sua vena istrionica, la facilità di scrittura, la fantasia
scoppiettante che sconfina nel divertissement irriverente e beffardo.
Sergio guarda con nostalgia al passato, pretende rispetto per la lingua
italiana. Fustigherebbe volentieri quanti scrivono senza possedere gli
strumenti del mestiere. I congiuntivi bisogna azzeccarli. Tutti. Le tradizioni
e la storia vanno salvaguardate, nella loro interezza. Quasi un'operazione pedagogico-patriottica la sua, una chiamata alle armi in
pieno spirito risorgimentale. In questo romanzo, utilizzando la brillante idea
di un diario appartenente al vecchio scalcinato poeta Cesare Menicucci, ci offre lo spaccato di un'Italia smarrita,
senza identità, diventata satellite degli Stati Uniti, vittima di un lento ma
inevitabile processo di americanizzazione. La pizza cede il passo agli
hamburger. Gli eleganti abiti da sera si inchinano dinanzi a un paio di
sdruciti, rozzi e scoloriti paio di jeans. La nostra amata lingua rischia di
essere sostituita da quella inglese (come se non bastassero i leghisti) Il progresso ha
prodotto imbarbarimento. Dio ci liberi dagli avanguardisti, sperimentalisti
occasionali, confusionisti e manipolatori arbitrari della nostra grammatica.
Alcune riflessioni filosofiche di Sergio sono degne del miglior De Crescenzo. “Il menù” che ci offre è gustosissimo, ci invita
a sorridere ma anche a riflettere con malinconia, appartiene al filone delle
opere fantasatiriche e Sergio Sozi
è un personaggio tutto da scoprire, per conoscerlo, amarlo e, se è il caso...
evitarlo.
Salvo Zappulla
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