L'archivista di Martha Coooley, Guanda
PAURA D'AMARE TRA
LETTERATURA E VITA
È risaputo che esistono "ombre" più coinvolgenti ed incisive, in arte, della realtà corporea stessa. Prova ne abbiamo avuto
già in pittura con la splendida tela di De Chirico, Mistero e malinconia di una
strada, dove l'ombra di una bimba che gioca con il cerchio, crea una enigmatica ed inquietante emozione. E ora la suggestione
si ripete in letteratura con il romanzo di Martha Cooley,
L'Archivista, che Guanda ha portato in Italia nella bella traduzione di Barbara
Lombatti. Questa volta la metaforica
"ombra" è niente di meno che il grande poeta Thomas Stearns Eliot -
che non è il protagonista del romanzo -, ma che ne ritma la pagina, punteggiata
dall'appropriata e costante citazione che l'autrice offre dei suoi versi,
creando quasi l'illusione di una magica voce fuori campo.
Quella della Cooley è una prodigiosa opera prima,
armonioso mix di lingua immediata e di una vis letteraria sofisticata e densa
di sottigliezze. Temi forti, che si intrecciano abilmente nella pagina, sono
quelli dell'identità religiosa (conflitto tra giudaismo e cristianesimo) e
soprattutto dell'incomunicabilità affettiva e quindi della tangibile paura di
amare.
C'è un passo chiave - in chiusura del romanzo - che mette in luce chiaramente
il problema - quando Matt (l'archivista, personaggio principale del libro)
spiega a Roberta, l'ultima figura femminile entrata in scena, che il suo amore
nei confronti di Judith - la moglie morta suicida - è stato insufficiente,
inadeguato, perché - dice -: "...avevo troppa
paura di lei, della sua ardente tenacia - della sua capacità di vedere e
percepire - per amarla abbastanza. Nello stesso modo in cui
lei mi amava".
L'autrice tiene a precisare che la sua è un'opera di finzione
per cui "tutti i personaggi sono immaginari, tranne il poeta T. S. Eliot,
la sua prima moglie e la sua amica Emily Hale.
Nella realtà quest'ultima ha donato le numerose lettere
ricevute da Eliot alla Princeton University".
La figura di Matt rende quasi inevitabile il rimando a Marcel Proust che - nel
suo finissimo saggio Sulla lettura (titolo originale: Journées
de lecture) - sembra tracciarci i lineamenti
dell'innamorato dei libri, di colui per cui la lettura appunto "diventa la
distrazione più nobile, soprattutto la più nobilitante, poiché il sapere e la
lettura sono i soli a creare "le buone maniere dello spirito"".
Siamo dunque di fronte - nel romanzo - ad un archivista di una grande
biblioteca di Washington, votato a trovare nella lettura motivo di costante ed
insaziato godimento interiore, custode gelosissimo del carteggio intercorso tra
Eliot e l'amica americana Emily Hale. Quando Roberta
chiede di vedere queste lettere, Matthias sospetta
che la curiosità della giovane sia dettata anche da insoluti motivi personali -
nodi non ancora sciolti - chiusi dentro la sua storia familiare: i suoi
genitori sono infatti ebrei , fuggiti dalla Germania
all'inizio degli eventi bellici, che hanno nascosto alla figlia la loro
conversione dalla religione ebraica a quella protestante. Questo
"occultamento" ha profondamente vulnerato e offeso la giovane.
L'archivista stesso è interessato non solo culturalmente, ma anche umanamente
al carteggio dove ritiene si parli del dramma della vita coniugale di Eliot. Il
parallelismo si fa forte tra la follia di Judith - moglie di Matt e quella di Vivienne, altrettanto sfortunata consorte del grande autore
di Terra desolata e Quattro quartetti. Sia il poeta che il protagonista del
romanzo si ritengono colpevoli di non sufficiente dedizione nei confronti delle
mogli ricoverate in clinica psichiatrica, vittime dei loro "demoni"
interiori, talmente devastanti da condurle all'annientamento di se stesse.
Un amore più caldo e generoso avrebbe potuto salvare Judith, la sventurata
poetessa di origine ebraica, ossessionata dall'orrore dell'Olocausto e oppressa
dall'incapacità di uscire dalla sua visione allucinata della realtà? E Eliot
perché ha abbandonato Vivienne, privandola per lunghi
anni della sua presenza fisica e spirituale?
I passaggi psicologici nella narrazione sono sottili, dosati con dostoevskijana bravura; specularità delle situazioni e
rimandi intrigano sempre più il lettore (che, con buona probabilità, sarà anche
stimolato a riprendere in mano i testi di Eliot - il poeta
"inevitabile", che ha dato un svolta
decisiva al mondo della poesia moderna).
Anche i personaggi minori hanno un loro considerevole spessore: la madre di
Matt, così animata da "ferocia cristiana", il padre spietato, gli zii
di Judith - Carol e Len - con tutto il loro bagaglio
di segreti, svelato pian piano, quasi in epilogo della storia.
Struggente il diario di Judith che incontriamo nel cuore del romanzo,
confessione di un'anima incompresa, che rivela tutto il suo strazio interiore,
e fa drammaticamente capire al protagonista e a noi lettori - per dirla con
Eliot - che: "...quello per cui i morti non
trovavano parole, da vivi/Ve lo possono dire da morti: essi comunicano/Con
lingue di fuoco al di là del linguaggio dei vivi".
Grazia Giordani
www.graziagiordani.it