Lo stato dell'unione
di Tullio Avoledo
Sironi Editore
Narrativa romanzo
Pagg. 443
ISBN 9788851800680
Prezzo € 11,90
Con Tullio Avoledo dalla Nebbia
in Regione fino a toccare la
Luna. Lo stato dell'unione
Impossibile non riconoscere a Tullio Avoledo una fantasia
ai confini della realtà, una realistica fantasia che ottimamente si sposa con
gli accadimenti del nostro tempo storico. Tullio Avoledo con “L'elenco telefonico di Atlantide” si è
subito imposto all'attenzione di molti critici e lettori, ottenendo,
meritamente, un forte consenso. E' stata poi la volta de “Il mare di Bering”: e nuovamente, Avoledo ha fatto centro, confermando appieno il meritato
consenso che ottenne con il suo primo romanzo.
Oggi, Tullio Avoledo
torna con un nuovo lavoro, “Lo stato
dell'unione”. Impossibile dare un'etichetta alla scrittura
superlativa di Avoledo: i suoi romanzi sfuggono, non
sono ‘etichettabili' perché sempre profondamente originali. E' fiction? narrativa, letteratura o super-fiction?
Avoledo scrive a trecentosessanta gradi: nelle
trame dei suoi romanzi confluisce tutto un “universo culturale”. L'autore
spazia dalla citazione poetica presa a prestito da Emily Dickinson per arrivare
fino a Michel Houellebecq, disegnando perfettamente
la “mappa” e la “cognizione
del dolore”. Ma Tullio Avoledo mette anche in
evidenza tutto il marcio che fu di “Tricky
Dick” Nixon attraverso un costrutto narrativo vertiginoso un po' à la P.K. Dick,
un po' à la Chuck Palahniuk,
con una sana dose di ironia lisergica à la
Jonathan Lethem.
Ci troviamo in un'Italia costruita su “universi che cadono a
pezzi” e la vita di Alberto Mendini, protagonista
principale de “Lo stato dell'Unione”,
è letteralmente a pezzi, e non solo metaforicamente. Alberto Mendini è già sulla cinquantina, un pubblicitario che ha
non pochi casini alle spalle e la cui carriera sembra essere destinata a
sfracellarsi nel nulla così come la sua vita coniugale. Invecchiato e
ingrassato, ormai avviato ad un'inesorabile calvizie, a stento riesce a
trascinarsi avanti nel fiume dell'esistenza: la moglie, ancora giovane, giorno
dopo giorno, gli rammenta che è ormai un uomo prossimo al collasso. Non meno
problematico è il rapporto con i figli: Alberto non riesce ad instaurare con
loro un dialogo sincero, nonostante s'impegni parecchio per riuscire a tenersi
stretto l'amore dei due bambini.
Ma un giorno, quando sembra davvero che il suo destino sia già
stato tutto scritto, alla sua porta bussa l'Assessore alla Cultura della
Regione: riceve una proposta, un lavoro, metter su una campagna pubblicitaria
in favore
dell'“Anno
dell'Identità Celtica”.
Mendini non sa – e non può – rifiutare: seppur non
poco perplesso, alla fine si costringe a stringere la
mano all'Assessore e ad accettare l'incarico. Entrare è stato facile, fin
troppo, e una volta dentro, Alberto Mendini scopre
che l'“Anno dell'Identità Celtica”
è una truffa. In realtà, nel progetto s'annida il serpente del razzismo,
un'organizzazione separatista il cui scopo precipuo è quello di ottenere la
creazione d'un nuovo Stato, uno Stato “indipendente”,
profondamente razzista, fondato sulla “presunzione
d'un'inventata identità celtica”.
Nonostante Alberto si opponga al progetto – in maniera piuttosto blanda -,
subito ha inizio una serie di morti sospette: ad essere toccati sono quanti
stanno lavorando intorno all'Identità Celtica. A poco a poco, Mendini viene a sapere che l'Assessore intrattiene stretti
rapporti con il Governatore del Mittelmark, una sorta
di redivivo Adolf Hitler. Fa la conoscenza di questo Hitler, anche se sarebbe
più giusto dire che Mendini
si “scontra”, vis à vis, con questo Hitler. A complicare ulteriormente la già
intricata faccenda: Alberto Mendini è vittima d'una
sbandata per una delle collaboratrici che insieme a lui lavora al progetto. La
fresca ingenuità della collaboratrice lo colpisce dritto al cuore. Ma sarà vera
l'ingenuità che questa collaboratrice mostra di sé? O piuttosto Mendini è caduto dentro la trappola d'una femme fatale? Mendini ha tanti dubbi e non gli riesce proprio di venirne
a capo: indarno cerca di tirarsi fuori dal progetto di cui dovrebbe coordinare
le strategie pubblicitarie affinché l'“Anno
dell'Identità Celtica” vada in porto. Mendini
può contare solamente su Neil, un vecchio amico americano che negli anni
Settanta s'è trasferito in Italia. Mendini l'aveva
conosciuto, quasi per caso, qualche anno addietro, in una notte che s'era perso
girando in macchina, imboccando una strada sbagliata mentre cercava di recarsi
con la moglie ad una festa: chiedendogli alcune informazioni, Neil e Mendini fanno amicizia, l'unica amicizia che Mendini manterrà viva fino alla fine. Ma anche Neil ha un
segreto: grazie ad un marchingegno riesce a parlare coi morti e a sapere così
il futuro. Ma Neil è anche un ex astronauta che sa dello sbarco sulla Luna,
quello del 21 luglio 1969. E' tutta una Nebbia profonda, impossibile da
allontanare, per Alberto Mendini: non può contare su
nessuno tranne che su sé stesso e sul quel poco che può – che vuole – scucire a
Neil, perché Alberto si rifiuta recisamente di venire a conoscenza del suo
destino in anticipo, tramite la bocca dei morti, tramite l'intercessione di
Neil. Ma ne “Lo
stato dell'unione” c'è molto altro ancora, e io non ve lo posso
proprio dire. Dovrete scoprirlo da soli quale sarà il futuro di Alberto Mendini, della sua famiglia, e sempre da soli dovrete
scoprire quale futuro è stato diagnosticato per l'Italia.
Con “Lo stato dell'unione”, Tullio Avoledo
consegna nelle nostre mani un romanzo completo e perfetto: l'autore ci racconta
tutte quelle cose che non si potrebbero dire intorno al 2005, sempre con
profonda maturità artistica, sociale e politica. Non siamo di fronte a della
semplice e banale fantapolitica, siamo invece “dentro” un futuro che è già il
nostro presente, quello che mirabilmente Tullio
Avoledo ha fotografato con icastica
realistica fantasia ne “gli universi che cadono a pezzi”, nella “mappa” e nella “cognizione del dolore”.
Giuseppe
Iannozzi
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