Col corpo capisco
di David Grossman
Edizioni Mondadori
Narrativa racconti
Pagg. 301
ISBN 9788804533450
Prezzo € 8,40
Col corpo capisco, l'ultimo
lavoro di David Grossman racchiude due racconti
lunghi in cui il tema dominante è quello del dolore che diviene straziante,
veniamo stravolti dalla sofferenza e dal tormento interiore dei personaggi.
Le due storie si svolgono in ambienti chiusi, claustrofobici: la prima
all'interno di un'automobile e la seconda nella camera da letto di una donna
morente.
Il primo, intitolato Follia, termine che in ebraico significa “infiammare se
stessi fino a portarsi al grado della pazzia , un processo
condotto tutto dentro di sé fino a perdere il controllo della propria mente.
Complice un viaggio nella notte verso una meta oscura
per Esti . Shaul e Esti sono quasi due estrani dettati da un rapporto di poca stima e confidenza
eppure dal silenzio e dall'abisso che li separa sgorga la voce di Shaul che comincia a raccontarsi, a raccontare il suo
dramma e parla senza vergogna, come se lo facesse a se stesso, di qualcosa che
non ha mai detto a nessuno. Da anni ormai Elisheva,
la sua adorata moglie Elisheva, ha una doppia vita,
lo tradisce con un uomo, Paul che è il suo unico grande amore. E non può niente
Shaul per contrastare questa passione. Shaul dipinge per gli occhi di Esti
le poche ore che i due amanti passano insieme: lo sguardo del marito è quello
di uno strambo voyeur che soffre, ma nello stesso tempo non riesce a non
guardare: sono immaginati, cantati, detestati, tutti i particolari di un amore
odiato perché gli porta via l'amata e ammirato nella
sua irraggiungibile perfezione.
L'inaspettata confessione tocca delle corde anche nell'animo di
Ester e in questa tranquilla madre di famiglia riaffiorano ricordi, pensieri di
emozioni lontane che da tempo, travolta dalla routine quotidiana, aveva
rimosso.
Il personaggio di Esther è estremamente interessante.
Una donna che ha dovuto affrontare ostacoli gravosi, pregiudizi taglienti e che
per questo si è costruita una sorta di corazza che la difende dal mondo esterno
ma le parole intrise di angoscia e di disperazione di Shaul
hanno un effetto liberatorio. Sono due solitudini che si incontrano e
comprendono quanto siano simili nel dolore della vita e dell'amore.
Il secondo racconto “Col corpo capisco” da cui prende il nome il libro è
struggente.
Rotem ha scritto il suo primo romanzo e lo legge ad
alta voce a sua madre che sta morendo, la lettura è inframmezzata dal dialogo
tra le due che l'autore riporta in corsivo dando così più valenza al racconto.
Le due donne non si vedono da molto tempo, Rotem ha
sempre nutrito una forma di gelosia e odio profondo verso Nill,
una donna dalle esperienze interessanti, per il suo modo di essere donna e
dalla grande capacità di sopportare il dolore e la vita attraverso una interiorità che la isolava frutto anche di una
particolare pratica yoga che cercava tramite l'insegnamento di farne dono ad
altri. Il racconto scritto da Rotem che ha proprio la
madre come protagonista, un racconto ispirato alla scomparsa
anni prima di un ragazzo, allievo di Nili. Per
Rotem quell'episodio è forse una sorta di tradimento
o la conferma di tutti i suoi dubbi- Nili ascolta le
parole, a volte crude, del racconto della figlia. Da tempo ormai non è più la
donna combattiva, decisa che affrontava il mondo a viso aperto, senza temere i
giudizi e le sentenze.
Ora tutto è cambiato, la malattia sta prendendo il sopravvento e l'unica cosa
che per lei rimane importante è riprendere il rapporto con la figlia, chiarire,
ottenere il suo perdono.
In quella lunga notte le due donne riusciranno a capirsi e a perdonarsi le loro
mille debolezze, i loro mille errori.
È il corpo a fare da connettore tra loro: lo sfiorarsi delle mani, gli occhi
che si incontrano, la malattia che distrugge, la fame, la sete, sono sensazioni
fisiche che aprono finestre nell'anima.
C'è, nel suo modo di narrare, un mescolarsi di realtà, fantasia, un prenderti
per mano lungo un percorso che porta sempre verso la sua, la tua interiorità.
Scrivere è qualcosa di
fisico, un'attività lenta e sensuale che apre, accoglie, chiude attorno a sè in morbide spirali. Raccontare è dare il giusto peso e la
giusta collocazione, è un attacco e una difesa, una presa di distanza per “non
permettere al dolore di insinuarsi dentro di me”. É esporsi, mostrarsi,
capirsi, soffrire. É vivere.
David Grossman
Brano tratto da:
Col corpo capisco
Follia
Ma come fa a resistere?, pensa lui, tutti quei riti minuziosi a cui attenersi ogni
volta, e la corsa nervosa tra le stanze prima di uscire, ante d'armadio
sbattute, cassetti aperti e richiusi, e l'espressione impenetrabile, ermetica,
del suo bel viso in quei momenti. Guai, infatti, se scordasse qualcosa — il
pettine, un libro, il flacone dello shampo — tutto
crollerebbe. Lui è seduto alla scrivania con la testa fra le mani, lei gli
lancia un “ciao” frettoloso dalla porta e lui prova un tuffo al cuore; non è
nemmeno venuta a salutarlo, questo significa che oggi laggiù avverrà qualcosa
di speciale. Lei si precipita in strada, tiene gli occhi bassi per non
incorrere in sguardi o conversazioni superflue. Ma come fa a non cedere? Dove
trova la forza per sopportare tutto questo, giorno dopo giorno?
Poi, come in un attimo di debolezza, lui chiude gli occhi, la segue col
pensiero mentre lei sale in macchina, la sua Polo piccola e verdissima.
Gliel'ha comprata lui, una sorpresa. Lei era inorridita per il colore e si era
infuriata per lo spreco di denaro. Ma lui voleva che avesse un'auto tutta sua.
Per muoverti a piacimento, aveva detto, per non stare sempre a litigare sulla
macchina. E aveva voluto che fosse d'un verde brillante. Nella sua mente
quell'auto era come un dispositivo elettronico fosforescente immesso
nell'apparato circolatorio e da seguire con una telecamera. Lentamente lui
appoggia la testa contro lo schienale mentre lei guida. Lei ha il viso proteso
in avanti, troppo vicino al parabrezza. Impiegherà otto o nove minuti ad
arrivare. Ma bisogna anche aggiungere gli imprevisti (ingorghi, semafori
guasti, l'uomo in attesa laggiù, nell'appartamento, che non trova le chiavi e
tarda ad aprire la porta) facendo perdere altri quattro o cinque minuti
preziosi. Elisheva, dice lui ad alta voce,
lentamente, scandendo ogni sillaba. Poi ripete quel nome, anche per l'uomo
laggiù.
Il quale inizia comunque a spogliarsi, peccato sprecare anche un solo istante.
E mentre lei si destreggia nel dedalo di viuzze che collegano questa casa
all'altra, l'uomo si spoglia in camera da letto, o forse accanto alla porta, si
sfila i pantaloni di velluto marrone, morbidi, la camicia ampia e stinta che un
tempo era stata arancione o marrone, o forse rosa. Sì, lui sarebbe decisamente
capace di mettere una camicia rosa, non gli importa di cosa pensa la gente. È
questo il bello di quell'uomo, pensa Shaul, il fatto
che non gliene importa niente, né di quello che pensa la gente né di quello che
dice; è questo il suo punto forte, la perfezione da cui lei è probabilmente
attratta. Lei va da lui, sfreccia verso di lui, con gli occhi fissi sulla
strada e la bocca contratta, quella bocca che tra poco bacerà, si ammorbidirà,
lieviterà, si infiammerà. Le labbra di un altro la sfioreranno, quasi senza
toccare, una lingua ne disegnerà il contorno, e quella bocca sì tratterrà dal
sorridere perché subito si sentirà un brontolio: non muoverti mentre dipingo, e
lei ubbidirà con un mugolio. Poi quelle labbra si poseranno sulle sue con rude,
virile intensità, le ingoieranno, vi sguazzeranno, si allontaneranno un istante
e un alito caldo le lambirà. Alla fine verranno lentamente risucchiate, con una
passione davvero grande, seria, le lingue guizzeranno come creature vive e gli
occhi di lei si apriranno per un istante con un sospiro leggero, i globi si
rovesceranno all'indietro, scoloriranno, spariranno. Dietro le palpebre
socchiuse si intravedrà un biancore vuoto, terrificante.
È una donna grande, Elisheva, generosa anche nel
corpo. È persino un po' troppo grande per un'automobile così piccola, forse
anche per questo gli aveva rimproverato di averle comprato una Polo. E forse
per questo lui gliel'aveva comperata. Chissà, solo ora gli viene in mente.
Forse è stato per la sensazione che lei quasi scoppiasse fuori dal quel guscio
mentre si dirigeva laggiù, che fosse sempre sul punto di esplodere mentre si
concentrava sulla strada, addolcendosi al pensiero che nella mente dell'uomo in
attesa si agitavano i suoi stessi pensieri: in questo modo è come se
trascorressimo un altro momento insieme, gli aveva detto lei una volta.
Elisheva sfreccia lungo le strade, l'automobile verde
lampeggia nel reticolo di vene teso da qui fino a quell'uomo e quando Shaul emerge dall'ondata di dolore lei è laggiù, con lui. Shaul la vede appena: una macchia di calore grande, ampia,
dalle braccia robuste. Vede il gesto rapido con cui afferra la spalla dell'uomo
e si piega per togliersi la scarpa senza aprire il fermaglio. Vede il modo in
cui si aggrappa con dita rigide di nostalgia al corpo nudo dell'uomo i cui abiti
sono sparsi per terra, e su di essi ora ricadono i vestiti di Elisheva. Shaul chiude gli occhi,
sente il dolore di quelle stoffe che si congiungono, così acuto da fargli
distogliere lo sguardo, perché per un istante perfino l'esistenza di quell'uomo
fa meno male dei loro abiti ammonticchiati.
David Grossman è nato nel 1954
a Gerusalemme, dove vive con la moglie e tre figli. Ha
esordito nel 1983 con Il sorriso dell'agnello, ma è diventato un caso
letterario nel 1988 grazie al successo di Vedi alla voce: amore, successo
replicato nel 1992 con Il libro della grammatica interiore, nel 1999 con Che tu
sia per me il coltello, e nel 2001 con Qualcuno con cui correre. Suoi sono
anche tre celebri libri-inchiesta dedicati alla questione palestinese (Il vento
giallo, Un popolo invisibile e il recente La guerra che non si può vincere), il
romanzo per “giovani adulti” Ci sono bambini a zig-zag, e diversi libri per
ragazzi.
Katia Ciarrocchi
www.liberolibro.it