Fabrizio Di Lalla, L'impero
breve. Vita e opere degli italiani in A.O.I., Chieti, Solfanelli,
2010, pp. 421, €30,00.
L'IMPERO ITALIANO IN AFRICA:
UN TRAGICO POSTO AL SOLE
C'era una volta l'impero italiano.
Un'illusione megalomane, un progetto ambizioso costato sangue, fatica e ingenti
risorse all'Italia a ridosso del secondo conflitto mondiale, destinato a durare
appena una manciata d'anni, tra il 1936 – la proclamazione in pompa magna è del
9 maggio – e il 1943, alla caduta di Mussolini. Un impero effimero, che si
merita davvero l'aggettivo di “breve”, al pari di quel “secolo breve”, con cui
Eric Hobsbawm ha definito il XX secolo.
L'idea dell'impero veniva da lontano,
dai libri di scuola che illustravano gli splendori dell'impero romano e da un
confuso bisogno di emulare le grandi potenze europee, che godevano di “posti al
sole” in tutto il mondo. L'apertura del fronte coloniale, sulle
base delle precedenti esperienze in terra africana tra la fine dell'Ottocento e
i primi anni del Novecento, avrebbe risolto in parte i problemi della
disoccupazione e, allo stesso tempo, assicurato maggiori consensi al regime
fascista.
Il 1935, a questo proposito, è
l'anno cruciale. Da allora comincia un flusso inarrestabile di persone e di
mezzi nei territori d'oltremare. La convinzione di un'Italia “buonista”, che
porta la civiltà nella parte più depressa dell'Africa Orientale Italiana
(conosciuta con l'acronimo A.O.I., cioè l'Eritrea, la Somalia e l'Abissinia,
l'attuale Etiopia), costruendo strade, scuole e ospedali, è contrastata dalla
condanna storica di un'inutile aggressione nei confronti delle popolazioni
autoctone, dal razzismo diffuso, dalla violenza della repressione, dai
bombardamenti, dall'uso di gas micidiali. Veri crimini di guerra.
Una pagina certamente non brillante della
nostra storia, che Fabrizio Di Lalla ricostruisce con meticolosa puntualità in
un ponderoso volume edito da Solfanelli. Al di là
della cronaca ufficiale, dei bollettini di guerra, delle autocelebrazioni e dei
proclami (sostenuti da una capillare opera di propaganda, che non dimentica
neppure la stampa illustrata per l'infanzia), Di Lalla mette in luce il lato
sociale dell'avventura italiana in Africa, ricostruendo la vita quotidiana,
l'ambiente e la cultura degli uomini e delle donne che parteciparono all'impresa
coloniale, spinti dalle più diverse motivazioni, ma destinati a restare
comunque soli di fronte al passaggio della Storia. Non un tentativo di
giustificazione, ma piuttosto “una descrizione appassionata e documentata del destini di tanti esseri umani, in gran parte umili
lavoratori, ognuno in cammino verso la propria tragica odissea”.
Carlo Bordoni
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