Vivere e sopravvivere di Denise Epstein, Adelphi
Irène Némirovsky, la figlia ne
rivela i sogni e la tragedia
Abbiamo avuto occasione di sentire prima in voce, anni fa, Denise Epstein –
figlia primogenita di Irène Némirovsky
-, quando ha partecipato alla trasmissione Farehnait
per parlare al pubblico di Radio Tre del capolavoro della madre Suite Francese,
quindi l'abbiamo vista di persona al Festivaletteratura
di Mantova dove ha presentato l'importante biografia (La vita di Irène Némirovsky), curata da
Olivier Philipponnat e Patrik
Lienhardt e ora, fresco di stampa, possiamo leggere
il suo libro-verità Sopravvivere e vivere (Adelphi, pp.163, euro 13, trad.Francesco Bergamasco) scritto in forma di intervista
con la giornalista Clémence Boulouque.
Quando Irène venne arrestata dai nazisti il 13 luglio
1942, Denise era appena tredicenne e la sorellina minore Élisabeth
aveva solo cinque anni. «Ricordo soprattutto il
silenzio pesante – scrive -, denso come se un cielo gonfio di tempesta fosse
sceso nella stanza. Io ed Élisabeth siamo state
accompagnate al primo piano, da dove non potevamo né sentire, né vedere nulla.
Siamo ridiscese dopo qualche minuto per salutare la mamma che partiva per un
viaggio… Ci siamo tenuti tutti per mano per rispettare la vecchia usanza russa
di restare un minuto in silenzio quando qualcuno lascia i familiari per partire
da solo…» .
Già molto sapevamo del drammatico destino dell'ebrea Némirovsky,
nata a Kiev nel 1901, sfuggita alla rivoluzione bolscevica nel 1917, morta ad
Auschwitz nel 1942, una “russa bianca”, figlia di un banchiere che in Francia
aveva goduto di lusso e privilegi, seppur mortificata da una madre fatua che
pensava soltanto agli abiti fastosi e agli amanti, ma sentircelo narrare dalla
figlia, apprendendo gli indicibili disagi in cui sono incorsi le due sorelline,
crea un pathos più che toccante.
Tre mesi dopo la cattura della madre, anche il padre sarà deportato. Per le due
bambine – vissute fino a quel giorno al riparo da ogni minaccia, iperprotette dall'amorosa felicità domestica della loro
famiglia – cominciano gli anni atroci della fuga: braccate dalla polizia
francese e dalla Gestapo, passano da un nascondiglio all'altro, spostandosi di
notte, prendendo treni da cui bisogna saltare giù prima che entrino nelle stazioni
per evitare i poliziotti e i loro cani, trovando alla fine rifugio in un
convitto di suore. Alla Liberazione, entrambe le sorelline si recheranno
insieme a molti altri alla Gare de l'Est dove assisteranno, atterrite,
all'arrivo dei treni che riportavano a casa i sopravvissuti dei lager,
sperando, invano, di rivedere i loro genitori. Posseggono solo la valigia –
affidata loro dal padre – dentro cui molti anni dopo
Denise troverà il manoscritto di Suite francese che ricopierà con straziante
pietà di figlia, amandolo e odiandolo, in quanto ritenuto colpevole della
cattura della madre che – se non si fosse attardata a scrivere quel capolavoro
– forse avrebbe potuto fuggire in America o in Svizzera come molti ebrei del
suo tempo.
Evidentemente, Irène si sentiva protetta dalla
tardiva conversione al cattolicesimo – nel 1939 – inoltre, faceva parte di quel
milieu di ebrei considerati addirittura antisemiti, in quanto collaboratrice di
testate di destra, con Robert Brasillach tra i suoi
più ferventi ammiratori, insomma appartenente al mondo della destra francese
della prima metà degli anni Trenta.
Ormai ottantenne, Denise non risparmia al lettore punte
polemiche, confessandosi senza remore, con passione e ironia, liberando
il suo cuore dalle molte ombre che hanno segnato il suo destino di enfant caché, pronta a renderci partecipi di un'esistenza in cui
le assenze hanno pesato più delle presenze e la memoria si è fatta protagonista
per poter condividere con noi il suo dramma.
Grazia Giordani
www.graziagiordani.it