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  Letteratura  »  Vivere e sopravvivere, di Denise Epstein, edito da Adelphi e recensito da Grazia Giordani 24/06/2010
 

Vivere e sopravvivere di Denise Epstein, Adelphi

 

Irène Némirovsky, la figlia ne rivela i sogni e la tragedia

 


Abbiamo avuto occasione di sentire prima in voce, anni fa, Denise Epstein – figlia primogenita di Irène Némirovsky -, quando ha partecipato alla trasmissione Farehnait per parlare al pubblico di Radio Tre del capolavoro della madre Suite Francese, quindi l'abbiamo vista di persona al Festivaletteratura di Mantova dove ha presentato l'importante biografia (La vita di Irène Némirovsky), curata da Olivier Philipponnat e Patrik Lienhardt e ora, fresco di stampa, possiamo leggere il suo libro-verità Sopravvivere e vivere (Adelphi, pp.163, euro 13, trad.Francesco Bergamasco) scritto in forma di intervista con la giornalista Clémence Boulouque.
Quando Irène venne arrestata dai nazisti il 13 luglio 1942, Denise era appena tredicenne e la sorellina minore Élisabeth aveva solo cinque anni. «Ricordo soprattutto il silenzio pesante – scrive -, denso come se un cielo gonfio di tempesta fosse sceso nella stanza. Io ed Élisabeth siamo state accompagnate al primo piano, da dove non potevamo né sentire, né vedere nulla. Siamo ridiscese dopo qualche minuto per salutare la mamma che partiva per un viaggio… Ci siamo tenuti tutti per mano per rispettare la vecchia usanza russa di restare un minuto in silenzio quando qualcuno lascia i familiari per partire da solo…» .
Già molto sapevamo del drammatico destino dell'ebrea Némirovsky, nata a Kiev nel 1901, sfuggita alla rivoluzione bolscevica nel 1917, morta ad Auschwitz nel 1942, una “russa bianca”, figlia di un banchiere che in Francia aveva goduto di lusso e privilegi, seppur mortificata da una madre fatua che pensava soltanto agli abiti fastosi e agli amanti, ma sentircelo narrare dalla figlia, apprendendo gli indicibili disagi in cui sono incorsi le due sorelline, crea un pathos più che toccante.
Tre mesi dopo la cattura della madre, anche il padre sarà deportato. Per le due bambine – vissute fino a quel giorno al riparo da ogni minaccia, iperprotette dall'amorosa felicità domestica della loro famiglia – cominciano gli anni atroci della fuga: braccate dalla polizia francese e dalla Gestapo, passano da un nascondiglio all'altro, spostandosi di notte, prendendo treni da cui bisogna saltare giù prima che entrino nelle stazioni per evitare i poliziotti e i loro cani, trovando alla fine rifugio in un convitto di suore. Alla Liberazione, entrambe le sorelline si recheranno insieme a molti altri alla Gare de l'Est dove assisteranno, atterrite, all'arrivo dei treni che riportavano a casa i sopravvissuti dei lager, sperando, invano, di rivedere i loro genitori. Posseggono solo la valigia – affidata loro dal padre – dentro cui molti anni dopo Denise troverà il manoscritto di Suite francese che ricopierà con straziante pietà di figlia, amandolo e odiandolo, in quanto ritenuto colpevole della cattura della madre che – se non si fosse attardata a scrivere quel capolavoro – forse avrebbe potuto fuggire in America o in Svizzera come molti ebrei del suo tempo.
Evidentemente, Irène si sentiva protetta dalla tardiva conversione al cattolicesimo – nel 1939 – inoltre, faceva parte di quel milieu di ebrei considerati addirittura antisemiti, in quanto collaboratrice di testate di destra, con Robert Brasillach tra i suoi più ferventi ammiratori, insomma appartenente al mondo della destra francese della prima metà degli anni Trenta.
Ormai ottantenne, Denise non risparmia al lettore punte polemiche, confessandosi senza remore, con passione e ironia, liberando il suo cuore dalle molte ombre che hanno segnato il suo destino di enfant caché, pronta a renderci partecipi di un'esistenza in cui le assenze hanno pesato più delle presenze e la memoria si è fatta protagonista per poter condividere con noi il suo dramma.

Grazia Giordani

 

www.graziagiordani.it

 

 

 
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