Vitobenicio Zingales
in “Da mezzanotte a zero”
ci racconta dei drughi
che infestano Palermo
Magistrale
hard-boiled sulla falsariga di Burgess
Quando nel 1962 Anthony Burgess arrivò in libreria con il suo distopico “Arancia Meccanica” la società era già abituata a
farsi massacrare corpo e mente dai drughi. L'America
subiva il maccartismo, ma faceva finta che tutto andasse a gonfie vele. L'Europa
finiva invece schiacciata dal tallone dei democristiani, ma era troppo imbelle
per opporsi: fiorirono così, soprattutto in Italia, mafia, camorra, ‘ndrangheta, e negli anni Settanta i brigatisti non
risparmiarono nessuno; l'idea della lotta armata insanguinò il paese in lungo e
in largo, i brigatisti gambizzavano e ammazzavano chiunque fosse a loro
insindacabile giudizio una pedina scomoda sullo scacchiere della politica. E il
peggio fu che non pochi mitizzarono questi drughi. La
lezione di George Orwell con l'apologo “La fattoria degli animali” e con la
distopia di “1984”
fu dimenticato. Le chiese italiane ancora invitavano i comunisti a tenersi
lontani dall'altare di Cristo; i preti predicavano contro Satana, che nella
cecità dell'opinione comune era incarnato nel solo Stalin. Ci si dimenticò che
l'Italia era infestata non solo dai fascisti rossi, cioè dai futuri brigatisti;
ci si dimenticò delle camicie nere, dei repubblichini, nell'illusione che fosse
bastato levar di mezzo Benito Mussolini e Hitler per scongiurare il ritorno del
nazifascismo in Europa. Nel 1962 Burgess ricordò ai pochi cervelli pensanti
rimasti in circolazione che la società era malata ab imis. Solo nel 1971, quando
Stanley Kubrick trasse dall'opera di Burgess il film “A Clockwork
Orange”, Burgess conobbe un successo straordinario accompagnato anche da
ignominiose critiche. Tuttavia le critiche più pesanti furono rivolte al film
di Kubrick: nominato a ben quattro premi Oscar oltreché in lizza per tantissimi
altri premi, alla fine il film ne raccolse ben pochi.
Perché? Perché Kubrick aveva ritratto in maniera fin troppo spettacolare
(perfetta) la società e la sua ipocrisia: questo Hollywood
non lo poteva proprio tollerare e difatti punì pesantemente l'opera kubrickiana, che portò a casa un ben misero Hugo Awards e
un Nastro d'Argento. La
violenza estetizzante che il regista aveva denunciato nella pellicola fece
tremare intellettuali e sociologi. Alex De Large,
rappresentazione estrema e purtroppo veritiera della bestialità dell'uomo, si scontra
con la violenza delle istituzioni sociali e governative. Alex De Large è un violento, ma la società che lo combatte è
peggiore del male che finge di osteggiare.
Vitobenicio Zingales oggi con “Da mezzanotte a zero” ci ricorda che lo scontro fra
destre e sinistre non si è arrestato in un sottopasso nella zona di Wandsworth, né con il massacro del Circeo, né con l'11
settembre 2001, né con l'esecuzione di Saddam Hussein.
Thomas Giuliani, commissario di polizia, pensa di andare in pensione. Gli manca
ancora una settimana di schifo lavoro e poi potrà grattarsi la pancia in santa
pace. Così crede. Così spera. Tuttavia il commissario è anch'esso un uomo e il
destino – in una accezione bestiale e darwiniana
– lo colpisce a tradimento proprio all'ultimo minuto: una donna di quaranta
anni, nuda, sfondata davanti e di dietro, viene trovata cadavere. Palermo l'ha
sodomizzata con una bottiglia di birra. A rinvenire il cadavere un ragazzino.
Suo malgrado il commissario Giuliani accetta di
svolgere le indagini: sarà il suo ultimo caso prima della pensione.
Pensa si tratti della morte di una buttana,
e morta lì. Ma chi l'ha fatta fuori? E per quale motivo? No, non è una buttana. Giuliani capisce subito che il suo ultimo caso è
maledetto. Purtroppo non può ancora intuire quanto è maledetto.
La notte che la donna è stata ammazzata una telefonata arriva al corpo di
polizia. La chiamata è raccolta da una semplice centralinista. La denuncia
parla di un vecchio che viene massacrato a calci e pugni da alcuni rottinculo. La chiamata si interrompe bruscamente.
Giuliani non ha nessun elemento per capire perché la donna è stata ammazzata.
Lui non la conosce, per Giuliani è soltanto una delle tante vittime che Palermo
partorisce nella notte da anni e anni. Thomas Giuliani sospetta qualcosa, anche
se non sa dire con precisione che cosa. Il suo
istinto però gli suggerisce che dietro questo caso di morte violenta si
nasconde un cancro attorniato da molteplici metastasi. Il commissario non sa
che pesci prendere, poi all'improvviso Gloria, la sola donna che ha amato si
presenta davanti a lui dopo quaranta anni.
Vitobenicio Zingales in “Mezzanotte a zero” ripercorre, con rinnovato spirito
indagatore, la strada darwiniana che conduce l'uomo a primeggiare sù i suoi stessi simili per mezzo di quella bestialità che
lo fa irriducibile Caino. In “Arancia Meccanica” Burgess denunciava la
bestialità dell'uomo, che Kubrick amplificò in maniera magistrale nel film da
lui diretto. Nel 1998 un altro film: i fratelli Coen ne “Il grande Lebowski” disegnano
la pazzia di un hippie sopravvissuto alle droghe e alla fallacia degli ideali
schiamazzati nel corso degli anni Sessanta. Sempre i fratelli Coen nel 2007 assestano un altro durissimo colpo
all'ipocrisia dilagante nella odierna società; dal
romanzo “Non è un paese per vecchi” di Cormac
McCarthy tirano fuori l'omonimo film, ideale proseguimento del discorso
iniziato con “Il grande Lebowki”.
Zingales, sulla falsariga di Burgess e
McCarthy, nel suo ultimo romanzo ci mostra il vero volto della perversione del momento storico che il nostro paese sta
attraversando: un momento storico cannibale dove non ci si può fidare né della
propria famiglia né dei tutori della legge. Adoprando uno stile asciutto, a
tratti cinico e disperato, Zingales
ci introduce nel cuore di una città, di Palermo, che è
capoluogo di violenza animale, di sangue che scorre a fiumi tra l'indifferenza
generale di cristi e diavoli.
“Da mezzanotte a
zero” è romanzo magistrale e di conseguenza è
purtroppo la perfetta fotografia della società, di Palermo, anzi dell'Italia
intera che non è un paese per romantici.
Vitobenicio Zingales (Palermo 1963). Lavora in prefettura
dal '92. Si è occupato di vittime delle criminalità organizzata e di
tossicodipendenze. È stato coordinatore della scuola per criminologi del centro
internazionale di criminologia. Ha pubblicato per Ibiskos
Là oltre i campi di sfaax
(con cui ha vinto tre primi premi: Ibiskos Empoli,
Trieste Altamarea e Padus Amoenus Parma); per edizioni Clandestine Cosa di noi e per Armando Siciliano
Editore Il truccatore dei morti.
Jesse è l'Harley con cui ha solcato le strade più
importanti d'Europa. Ha steso sceneggiature per film corti.
Il blog di Vitobenicio Zingales: zeta184.blogspot.com
“Da
mezzanotte a zero” – Vitobenicio Zingales – Zero91 editore – 1ma edizione settembre 2010 –
ISBN: 978-88-95381-20-6 – pagine: 144 – prezzo: 15 €
Giuseppe Iannozzi