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  Letteratura  »  Il giorno dei morti. L'autunno del commissario Ricciardi, di Maurizio de Giovanni, edito da Fandango Libri e recensito da Franco Seculin 15/11/2010
 

Il giorno dei morti – L'autunno del commissario Ricciardi, di Maurizio de Giovanni – FandangoLibri – 2010 - ISBN – 978 88 6044 167 6

 

 

Forse Maurizio de Giovanni, anzi ne sono quasi sicuro, ha usato lo scadere delle stagioni come se si affidasse a una cabala di cui solo lui conosce il significato.
Solo l' autunno, una settimana di novembre particolarmente uggiosa e segnata dal  maltempo continuo con pioggia a rovesci in continuazione, l'acqua che non sembra scendere quanto salire, rimbalzare dal selciato per trasformarsi in rigagnoli e cascatelle che non perdonano a nessuno il coraggio o la necessità imposta per percorrere vicoli, strade e piazze. Anche i sentieri di un cimitero. Solo questo clima impossibile, insopportabile poteva fare da sfondo a una tragedia dell'uomo che si consuma assumendo a vittima innocente di un crimine, tanto assurdo quanto esecrabile, un essere di soli dodici anni, un ragazzino già colpito dalla sfortuna di essere venuto al mondo in un ambiente totalmente ostile, dove forse solo la pietà può considerarsi un dono di Dio, e menomato da un deficit che lo priva della possibilità di farsi intendere normalmente.
Con una perizia che potremmo dire calcolata l'autore conduce il lettore a immergersi letteralmente in questo clima dove l'umanità si è persa e il buon Ricciardi fatica a sua volta, non assistito dal suo intuito particolare, legato alla presenza o no del Fatto, a ritrovarsi.Sino alle ultime battute di questo romanzo dalla stesura ponderosa qualcosa trattiene il lettore dal fare congetture, insistito comunque dal ritmo incalzante della narrazione, accompagnato dal tambureggiare della pioggia. Ci sono pagine e pagine di vera poesia, raccordi affidati a testi di canzoni antiche come "Presentimento" di Giovanni Ermete Gaeta (1918), meglio conosciuto come E.A.Mario, che fa da sfondo una storia d'amore finalmente consumata. Allora quando Ricciardi si fa vivo, scrollandosi di dosso tutti i titoli e gli incombenti che gli derivano dalla sua attività, è sempre tardi nelle notti strappate alla miseria umana, quella in senso buono : la vita di tutti i giorni fatta delle dodici, quattordici ore- per quelli che hanno la salute- e di spazio, silenzio e dolore per quelli che non ce l'hanno - perché noi uomini siamo solo dei piccoli insignificanti numeri in una macro costellazione di piccoli mondi infiniti. E di questi mondi De Giovanni ci parla con la voce dei suoi inimitabili personaggi da Maione a Bambinella, con i silenzi di chi non può o non deve parlare, come il piccolo Tettè (Matteo) o il suo unico amico una creatura sintomatica presente dall'inizio alla fine del libro: il piccolo cane senza un nome. Ho negli occhi ancora la corsa di Tettè, sempre a piedi nudi, e il cane: una sola pagina, indimenticabile come tante tantissime altre... il Fatto e la bimba morta con lo strummolo.... la corsa a perdifiato di Cristiano per arrivare in tempo a rimpiazzare Tettè, anche lui strumento dell'ignobile Cosimo il Saponaro, una delle tante nuove figure, un bozzetto di verismo puro in un ambiente che ha del picaresco e che per un attimo mi ha riportato alla memoria, una bella storia e un'incredibile quanto tenera creatura: Marcellino.Sì quello del film di Vajda del 1955 tratto dal libro di Sanchez J. M. Silva.Dicevo della cabala: il quarto libro di Maurizio è veramente un gioco di prestigio perchè quello che ha tratto dal cappello della sua penna va oltre il giallo o il noir di consumo, confezionato alla perfezione, e supera il genere cui aveva affidato il suo primo Ricciardi per assurgere a un contenuto che lo colloca molto più in alto nell'ambito della narrativa di largo respiro associabile ai grandi narratori di ogni epoca. Augurargli di avere un seguito che lo imponga anche all'attenzione di un pubblico oltre frontiera è il minimo.  

 

Franco Seculin



 

 

 
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