Il giorno dei morti – L'autunno del commissario Ricciardi, di Maurizio de Giovanni – FandangoLibri
– 2010 - ISBN – 978 88 6044 167 6
Forse Maurizio de Giovanni, anzi ne sono quasi
sicuro, ha usato lo scadere delle stagioni come se si affidasse a una cabala di
cui solo lui conosce il significato.
Solo l' autunno, una settimana
di novembre particolarmente uggiosa e segnata dal maltempo continuo
con pioggia a rovesci in continuazione, l'acqua che non sembra scendere quanto
salire, rimbalzare dal selciato per trasformarsi in rigagnoli e cascatelle che
non perdonano a nessuno il coraggio o la necessità imposta per percorrere
vicoli, strade e piazze. Anche i sentieri di un cimitero. Solo questo
clima impossibile, insopportabile poteva fare da sfondo a una tragedia
dell'uomo che si consuma assumendo a vittima innocente di un crimine,
tanto assurdo quanto esecrabile, un essere di soli dodici anni, un ragazzino
già colpito dalla sfortuna di essere venuto al mondo in un ambiente totalmente ostile,
dove forse solo la pietà può considerarsi un dono di Dio, e menomato
da un deficit che lo priva della possibilità di farsi intendere normalmente.
Con una perizia che potremmo dire calcolata l'autore conduce il lettore a
immergersi letteralmente in questo clima dove l'umanità si è persa e il buon Ricciardi fatica a sua volta, non assistito dal suo intuito
particolare, legato alla presenza o no del Fatto, a ritrovarsi.Sino alle ultime battute di questo romanzo dalla
stesura ponderosa qualcosa trattiene il lettore dal fare congetture, insistito
comunque dal ritmo incalzante della narrazione, accompagnato dal
tambureggiare della pioggia. Ci sono pagine e pagine di vera poesia,
raccordi affidati a testi di canzoni antiche come "Presentimento" di
Giovanni Ermete Gaeta (1918), meglio conosciuto come E.A.Mario,
che fa da sfondo una storia d'amore finalmente consumata. Allora quando Ricciardi si fa vivo, scrollandosi di dosso tutti i titoli
e gli incombenti che gli derivano dalla sua attività, è sempre tardi nelle
notti strappate alla miseria umana, quella in senso buono :
la vita di tutti i giorni fatta delle dodici, quattordici ore- per quelli che
hanno la salute- e di spazio, silenzio e dolore per quelli che non ce l'hanno -
perché noi uomini siamo solo dei piccoli insignificanti numeri in una macro
costellazione di piccoli mondi infiniti. E di questi mondi De Giovanni ci parla
con la voce dei suoi inimitabili personaggi da Maione
a Bambinella, con i silenzi di chi non può o non deve parlare, come il piccolo Tettè (Matteo) o il suo unico amico una creatura
sintomatica presente dall'inizio alla fine del libro: il piccolo cane senza un
nome. Ho negli occhi ancora la corsa di Tettè,
sempre a piedi nudi, e il cane: una sola pagina, indimenticabile come
tante tantissime altre... il Fatto e la bimba morta con lo strummolo.... la corsa a perdifiato di Cristiano per
arrivare in tempo a rimpiazzare Tettè, anche lui
strumento dell'ignobile Cosimo il Saponaro, una delle
tante nuove figure, un bozzetto di verismo puro in un ambiente che ha del
picaresco e che per un attimo mi ha riportato alla memoria, una bella storia
e un'incredibile quanto tenera creatura: Marcellino.Sì quello del
film di Vajda del 1955 tratto dal libro di
Sanchez J. M. Silva.Dicevo della cabala: il quarto
libro di Maurizio è veramente un gioco di prestigio perchè
quello che ha tratto dal cappello della sua penna va oltre il giallo o
il noir di consumo, confezionato alla perfezione, e supera il genere cui
aveva affidato il suo primo Ricciardi per assurgere a
un contenuto che lo colloca molto più in alto nell'ambito della narrativa
di largo respiro associabile ai grandi narratori di ogni epoca. Augurargli
di avere un seguito che lo imponga anche all'attenzione di un pubblico oltre
frontiera è il minimo.
Franco Seculin