Sulla strada
di Jack Kerouac
Traduzione di M. Caramella
Arnoldo Mondadori Editore
Narrativa romanzo
Collana Oscar
Pagg. 382
ISBN 9788804604150
Prezzo € 12,00
Jack Kerouac, eroe emblematico di quella “bear
generation” alla quale ha dato il nome,
vive l'intera esperienza della vita tra il desiderio di viaggio e il bisogno
della sicurezza del ritorno a casa; On
the road ne è la dimostrazione.
Sulla strada è un
libro autobiografico, come parte della produzione letteraria di Kerouac, che concepiva le diverse sezione
della propria opera come una lunga ed articolata autobiografia che pensava di
rivelare pienamente in tarda età attraverso revisioni, unendo i vari volumi e
restituendo alla loro autenticità i nomi fittizi che aveva attribuito ai suoi
personaggi.
Scritto in tre settimane su un rotolo di carta da telescrivente
lungo quaranta metri, confermando la leggendaria velocità nello scrivere
a macchina , Truman Capote lo
definisce non uno scrittore ma un dattilografo, ma dietro a tutto ciò ci sono
anni passati a coltivare, spesso in modo sbagliato, un forte talento naturale,
non pienamente apprezzato dalla critica dei suoi tempi e rivalorizzato solo in
anni più recenti.
Sulla strada è il
viaggio dello stesso autore attraverso l'America e il Messico, prima con Neil Cassady, poi da solo. Incontra Allen Ginsberg,
Ed White, William S. Burroughs e i poeti di San Francisco.
Il senso della sua ricerca umana e letteraria è forse racchiuso nel significato
dell'aggettivo “beat”, che
vuol dire, diverso, emarginato, battuto e sconfitto, scegliendo di ribellarsi
alla società bigotta e conformista. Beat
che vuol dire ritmo, il ritmo del jazz di Charlie
Parker idolo indiscusso , ritmo
costitutivo della prosa per lo scrittore, ma anche modello etico che richiede
di “suonare” la propria vita,
e la propria arte senza risparmio, fino all'ultimo fiato, facendo crescere la
forma del più profondo io unico, assolutamente individuale, e che tuttavia si
incontra spontaneamente con gli altri nella sfida e nel rispondersi come in una
“jam session”.
Una condizione di estasi che va oltre quella pazzia positiva propugnata in
Sulla strada, un desiderio incontrollato di vivere, di parlare, di raggiungere
la salvezza, un desiderio di tutto e del contrario di tutto allo stesso tempo,
l'estasi che si trova nell'aprirsi completamente all'esperienza, che rivela le
infinite possibilità del tempo dello spazio dell'io e
insieme offre un pieno, maturo distacco da tutto questo, quella beatitudine di
cui Dean Moriarty (Neil
Cassady), ne è maestro.
Alcune delle ragioni della forza On
the road non sono difficili da identificare nel ripetersi al
suo interno di alcuni modelli quasi archetipi della cultura popolare e
letteraria americana. Primo fra tutti quello dello spazio aperto, della
frontiera, come luogo e garanzia della libertà, e insieme quello della vittima
innocente che con il proprio sacrificio riscatta moralmente la corruzione
sociale e ne garantisce la potenziale rinascita all'innocenza.
Un libro che ho riletto dopo molti anni, e che oggi con una “maturità” maggiore ho apprezzato per la
capacità di Kerouac nel trasmettere quei “disagi”
che accomunano intere generazioni, nonostante l'incedere del tempo.
Jack Kerouac, nasce il 12 marzo 1922 a Lowell,
Massachusetts, da una famiglia franco canadese di origine bretone. A undici
anni scrive il suo primo racconto (“The cop on the
beat”), redige un diario e scrive articoli immaginari su argomenti che
difficilmente poteva conoscere, come le corse di cavalli, i campionati di
baseball e football americano e altro ancora. Tutti temi in cui la sua fantasia
può spaziare in lungo in largo anche a scapito delle coerenza.
Naturalmente queste sue prime prove non interessano per la qualità letteraria
bensì come indice della sua naturale predisposizione a scrivere e inventare
storie e situazioni.
Si mantiene inizialmente lavorando come muratore e apprendista metallurgico
fino a quando nel 1942 decide di arruolarsi in marina. Viene presto congedato
per problemi psicologici ma il mare lo affascina e decide di trascorrere
qualche anno da marinaio su un cargo mercantile: come i vecchi scrittori di una
volta (come Conrad, per intenderci), verrebbe da dire.
Purtroppo nel 1944 finisce la sua avventura marina. Coinvolto in una vicenda a
sfondo omosessuale terminata in omicidio, viene arrestato e rinchiuso in
carcere per favoreggiamento.
Kerouac, sempre vagabondo e randagio, tra un viaggio e l'altro frequenta
William Burroughs, che gli presenta Allen Ginsberg,
futuro “guru” per un'intera generazione di ribelli. Fra i due nasce una
profonda amicizia, il caposaldo che terrà uniti i principali esponenti della
cosiddetta “beat generation”.
Kerouac si cimenta anche nella critica musicale e scrive alcuni articoli sul
jazz, pubblicati sul giornale della Columbia University.
In seguito esegue i suoi scritti con accompagnamento jazz, ispirando un grande
interesse nelle collaborazioni jazz-poesia iniziate da Kenneth Patchen, Kenneth Rexroth e Lawrence
Ferlinghetti.
Nel 1956 (l'anno in cui esplode il fenomeno del rock di Elvis Presley), grazie
ad articoli pubblicati sulle maggiori testate, l'America si accorge
dell'esistenza della beat generation. Dall'anno successivo, quando finalmente
“On the road” viene dato alle stampe, il romanzo diventerà quel besteller che conosciamo, un vero e proprio “livre de chevet” per ragazzi di
tutto il mondo.
Kerouac muore il 21 ottobre 1969 per complicazioni dovute all'alcolismo. In
tutto ha scritto una dozzina di romanzi.
Katia Ciarrocchi
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