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  Letteratura  »  Sulla strada, di Jack Kerouac, edito da Mondadori e recensito da Katia Ciarrocchi 14/12/2010
 

Sulla strada

di Jack Kerouac

Traduzione di M. Caramella

Arnoldo Mondadori Editore

Narrativa romanzo

Collana Oscar

Pagg. 382

ISBN 9788804604150

Prezzo € 12,00

 

 

 

Jack Kerouac, eroe emblematico di quella “bear generationalla quale ha dato il nome, vive l'intera esperienza della vita tra il desiderio di viaggio e il bisogno della sicurezza del ritorno a casa; On the road ne è la dimostrazione.
Sulla strada è un libro autobiografico, come parte della produzione letteraria di Kerouac, che concepiva le diverse sezione della propria opera come una lunga ed articolata autobiografia che pensava di rivelare pienamente in tarda età attraverso revisioni, unendo i vari volumi e restituendo alla loro autenticità i nomi fittizi che aveva attribuito ai suoi personaggi.
Scritto in tre settimane su un rotolo di carta da telescrivente lungo quaranta metri, confermando la leggendaria velocità nello scrivere a macchina , Truman Capote lo definisce non uno scrittore ma un dattilografo, ma dietro a tutto ciò ci sono anni passati a coltivare, spesso in modo sbagliato, un forte talento naturale, non pienamente apprezzato dalla critica dei suoi tempi e rivalorizzato solo in anni più recenti.
Sulla strada è il viaggio dello stesso autore attraverso l'America e il Messico, prima con Neil Cassady, poi da solo. Incontra Allen Ginsberg, Ed White, William S. Burroughs e i poeti di San Francisco.
Il senso della sua ricerca umana e letteraria è forse racchiuso nel significato dell'aggettivo “beat”, che vuol dire, diverso, emarginato, battuto e sconfitto, scegliendo di ribellarsi alla società bigotta e conformista. Beat che vuol dire ritmo, il ritmo del jazz di Charlie Parker idolo indiscusso , ritmo costitutivo della prosa per lo scrittore, ma anche modello etico che richiede di “suonare” la propria vita, e la propria arte senza risparmio, fino all'ultimo fiato, facendo crescere la forma del più profondo io unico, assolutamente individuale, e che tuttavia si incontra spontaneamente con gli altri nella sfida e nel rispondersi come in una “jam session”. Una condizione di estasi che va oltre quella pazzia positiva propugnata in Sulla strada, un desiderio incontrollato di vivere, di parlare, di raggiungere la salvezza, un desiderio di tutto e del contrario di tutto allo stesso tempo, l'estasi che si trova nell'aprirsi completamente all'esperienza, che rivela le infinite possibilità del tempo dello spazio dell'io e insieme offre un pieno, maturo distacco da tutto questo, quella beatitudine di cui Dean Moriarty (Neil Cassady), ne è maestro.
Alcune delle ragioni della forza On the road non sono difficili da identificare nel ripetersi al suo interno di alcuni modelli quasi archetipi della cultura popolare e letteraria americana. Primo fra tutti quello dello spazio aperto, della frontiera, come luogo e garanzia della libertà, e insieme quello della vittima innocente che con il proprio sacrificio riscatta moralmente la corruzione sociale e ne garantisce la potenziale rinascita all'innocenza.
Un libro che ho riletto dopo molti anni, e che oggi con una “maturità” maggiore ho apprezzato per la capacità di Kerouac nel trasmettere quei “disagi” che accomunano intere generazioni, nonostante l'incedere del tempo.

 

 

Jack Kerouac, nasce il 12 marzo 1922 a Lowell, Massachusetts, da una famiglia franco canadese di origine bretone. A undici anni scrive il suo primo racconto (“The cop on the beat”), redige un diario e scrive articoli immaginari su argomenti che difficilmente poteva conoscere, come le corse di cavalli, i campionati di baseball e football americano e altro ancora. Tutti temi in cui la sua fantasia può spaziare in lungo in largo anche a scapito delle coerenza. Naturalmente queste sue prime prove non interessano per la qualità letteraria bensì come indice della sua naturale predisposizione a scrivere e inventare storie e situazioni.
Si mantiene inizialmente lavorando come muratore e apprendista metallurgico fino a quando nel 1942 decide di arruolarsi in marina. Viene presto congedato per problemi psicologici ma il mare lo affascina e decide di trascorrere qualche anno da marinaio su un cargo mercantile: come i vecchi scrittori di una volta (come Conrad, per intenderci), verrebbe da dire.
Purtroppo nel 1944 finisce la sua avventura marina. Coinvolto in una vicenda a sfondo omosessuale terminata in omicidio, viene arrestato e rinchiuso in carcere per favoreggiamento.
Kerouac, sempre vagabondo e randagio, tra un viaggio e l'altro frequenta William Burroughs, che gli presenta Allen Ginsberg, futuro “guru” per un'intera generazione di ribelli. Fra i due nasce una profonda amicizia, il caposaldo che terrà uniti i principali esponenti della cosiddetta “beat generation”.
Kerouac si cimenta anche nella critica musicale e scrive alcuni articoli sul jazz, pubblicati sul giornale della Columbia University. In seguito esegue i suoi scritti con accompagnamento jazz, ispirando un grande interesse nelle collaborazioni jazz-poesia iniziate da Kenneth Patchen, Kenneth Rexroth e Lawrence Ferlinghetti.
Nel 1956 (l'anno in cui esplode il fenomeno del rock di Elvis Presley), grazie ad articoli pubblicati sulle maggiori testate, l'America si accorge dell'esistenza della beat generation. Dall'anno successivo, quando finalmente “On the road” viene dato alle stampe, il romanzo diventerà quel besteller che conosciamo, un vero e proprio “livre de chevet” per ragazzi di tutto il mondo.
Kerouac muore il 21 ottobre 1969 per complicazioni dovute all'alcolismo. In tutto ha scritto una dozzina di romanzi.

 

 

Katia Ciarrocchi

 

www.liberolibro.it

 

 
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