Contro il mondo, contro la vita
la biografia del genio di Providence H.P. Lovecraft
in un saggio Michel Houellebecq
di Giuseppe Iannozzi
Solo dopo la
morte, Howard Phillips Lovecraft è stato riconosciuto dalla critica
come scrittore, scrittore dotato di notevole intelligenza e di una smisurata
fantasia paranoica, ma assolutamente privo di stile; e in molti si sono
pronunciati sulla sua opera con parole tutt'altro che benevole, accusandolo di
aver ignorato le più elementari regole sintattiche, grammaticali e stilistiche
nel creare i suoi racconti.
Oggi, la critica non è poi molto più ben disposta nei confronti di HPL rispetto a quando proponeva
agli editori i suoi scritti su invito dei pochi estimatori del suo tempo,
difatti si esprime in termini pressoché uguali a quando ancora era in vita,
nonostante il pubblico dei suoi ammiratori sia sconfinato. H.P. Lovecraft, un gentleman
vittoriano, oggi è più oggetto di discussione biografica e agiografica, mentre,
poco o nulla, è valutato a livello letterario; non a caso tutti sembrano esser
interessati a conoscere le tappe della sua vita, però pochi conoscono appieno
le sue mirabili opere anticipatrici dell'orrore cosmico.
H.P. Lovecraft è
stato un genio: ha scritto centinaia di racconti, e nei confronti di molti
giovani scrittori si è dimostrato un maestro, apportando sui loro scritti
correzioni e revisioni senza nulla pretendere in cambio; ha dato nuovo smalto
all'horror ed è morto in solitudine.
Su H.P. Lovecraft si può dire, con
tutta sicurezza, che è stato fondamentalmente un solitario, una sorta di
misantropo antropologico, che troppo conosceva dell'animo umano così come
dell'uomo perché potesse nutrire amore o interesse nei confronti dell'umanità e
del mondo in generale. Per HPL il
mondo era un nemico da combattere; e quando si rese conto che mai e poi mai
avrebbe potuto riportare una vittoria sù di esso, si è limitato a schifare
l'umanità con ‘gentilezza razzista'. Pur non nutrendo ambizioni di alcuna
sorta, Lovecraft ha
visto nell'uomo un mostro, un incidente genetico, qualcosa che non poteva
nutrire in seno alcuna sorta di poesia. I suoi più accaniti detrattori vedono
nella sua figura oggi un discepolo del razzismo nietzschiano; ad onor del vero,
occorre ammettere che il genio di Providence era un puritano tout court: ad esempio, il sesso per
lui era qualcosa di così banale che non meritava neanche d'esser considerato;
eppure se l'argomento veniva tirato in ballo da qualche suo raro amico venuto a
fargli visita, Howard non poteva fare a meno di arrossire. E poi, la confusione
delle razze per HPL
era un autentico abominio: il meticcio era ancora più orribile del negro puro,
che se non altro, pur essendo nero di pelle, manteneva la purezza della sua
razza. Non è un mistero: HPL è
stato per lungo tempo un fanatico sostenitore di Hitler, anche se in seguito ha
quasi rinnegato i propositi ariani del pazzoide tedesco. Ma cosa o chi ha
condotto H.P. Lovecraft a
diventare razzista? E soprattutto è stato veramente un razzista? Sono domande a
cui è difficile rispondere: Howard
Phillips per lungo tempo della sua vita è stato un solitario
che ha guardato al mondo con assoluto disinteresse, prendendo più volte in
considerazione l'idea del suicidio come ‘uscita di sicurezza', anche se, in
realtà, non ha mai tentato di suicidarsi per quanto ci è dato di sapere. Tra i
17 e i 22 anni HPL è
stato come assente dal mondo: in questo periodo non ha scritto nulla, non ha
fatto nulla, non ha letto alcunché, poi, ad un certo punto, si è risvegliato,
per così dire, ed ha trovato rifugio nella scrittura. Ha cominciato a scrivere,
ma a lavoro ultimato non era mai soddisfatto: riteneva che i suoi racconti
fossero piatti e privi di stile.
Il genio di Providence
visse la sua vita senza mai guadagnare un quattrino dal suo lavoro artistico:
in pratica, con una parsimonia estrema, grazie ai pochi soldi lasciatigli dalla
famiglia, riesce a sbarcare il lunario, un patrimonio che con estremi sacrifici
gli basterà per tutta la sua breve vita. Raggiunti i trent'anni e passa,
Providence è diventata parte integrante del suo subconscio: HPL sognava di fare un viaggio in
Europa, ma le ristrettezze economiche non glielo permisero così come non gli
permisero tante e tante altre cose. Si innamora, o sarebbe meglio dire che
viene fatto innamorare; e per qualche anno lo stesso Lovecraft ha finito col credere
d'esser seriamente innamorato… un perfetto borghese, tant'è che finisce con lo
sposarsi. Poteva esser la sua felicità il matrimonio, ma pochi anni lontano da
Providence e Lovecraft si rende conto che non è uomo capace di regger la parte
del marito, quindi divorzia. Negli anni in cui fu sposato le ristrettezze
finanziarie si fecero sentire come pondo insostenibile tanto da costringere
Lovecraft a cercarsi un lavoro, un lavoro che non troverà: dovunque bussò, la
porta gli fu sbattuta brutalmente in faccia adducendo la scusa, forse neanche
poi troppo lontana dalla verità, che non era tagliato per il mondo degli
affari. Lovecraft ancora
innamorato non si arrende e si dichiara ben disposto a svolgere anche la più umile
delle mansioni, nessuno gli offre però un lavoro, neanche come netturbino.
Lontano da
Providence, trapiantato momentaneamente a New York, vede il mondo strisciare
subdolamente davanti a sé: ben presto si rende conto che a tutti viene offerta
un'opportunità lavorativa: i meticci come i negri trovano un lavoro, gli atei e
tutta la schiuma della società riesce là dove lui non riesce, ovvero ad avere
un'occupazione seppur temporanea. HPL
non prende la cosa filosoficamente: il suo puritanesimo diventa razzismo, il
suo odio nei confronti dell'umanità diventa un dolore insopportabile, diventa
poesia. Una volta presa coscienza che il mondo non è in grado di accettarlo,
anche il matrimonio finisce col naufragare, e Lovecraft torna a Providence
pieno di poetico rancore; ormai è ben radicata in lui l'idea che la società è
composita da razze aliene geneticamente sporche e per questo non può fare a
meno di odiare e il mondo e la società in toto.
L'orrore cosmico, ingrediente principe dei suoi migliori lavori, diventa il leit-motiv della sua produzione
maggiore: scrive con abnegazione anche se non mancano momenti di forte
scoraggiamento, o meglio di disinteresse; ad un certo punto anche il solo fatto
di scrivere per suo personale piacere finisce col diventare una sorta di
‘accessorio' inutile. Pur non avendo mai nutrito mire artistiche ad onor della
fama, alla fine la sconfitta è totale: l'uomo come l'artista sono una sola
entità, un fallimento; tuttavia H.P.
Lovecraft non è disposto ad accettare questa terribile, crudele
verità. Sarà la morte a toglierlo dall'imbarazzo di dover ammettere che forse
non è stato capace di gestire la propria vita: un cancro all'intestino stronca
la sua infelice vita. In ospedale, nonostante l'enorme sofferenza, si comportò
come sempre, da perfetto gentleman, e fino all'ultimo non ebbe mai una parola
cattiva sulle labbra nei confronti di infermiere e medici. La sua
vita finì così.
Difficile
credere alla luce di tutto ciò che H.
P. Lovecraft sia stato realmente un razzista; se lo è stato,
lui non ne fu umanamente consapevole, anche se è inconfutabile il fatto che,
almeno artisticamente, questa consapevolezza era certezza nel suo modo d'esser
artista.
Come si è già accennato la vita di H.P.
Lovecraft è per il pubblico affamato di pettegolezzi assai più
interessante delle sue opere letterarie: oggi, rivalutato dalla critica come
artista di grande estro immaginativo,
il genio di Providence è comunque ritenuto uno scrittore
minore, uno di quelli che non avevano né stile né grammatica dalla sua. I suoi
personaggi sono tali in quanto ‘essi stessi' sono parte integrante dell'orrore
cosmico lovecraftiano, e questo è tutto, questo affascina ancor oggi l'attento
lettore.
Michel Houellebecq, scrittore e poeta francese, ha
pubblicato qualche anno fa una sorta di biografia sul HPL dal titolo Contre le monde, contre la vie,
oggi riproposta al pubblico con una postfazione firmata da Stephen King. Questo scritto si differenzia dalle
tante biografie in commercio per la sua analisi poetica del genio di
Providence. E' uno scritto che si legge come un romanzo, anzi nutro quasi il
dubbio che non può che essere un romanzo sulla vita e l'opera di HPL, a tutti gli effetti. Per la
prima volta Michel Houellebecq ci restituisce Lovecraft senza falsi moralismi,
mostrandoci il suo lato umano e artistico; leggendo Contro
il mondo, contro la vita non si può fare a meno di notare l'abilità e la
sensibilità di M. Houellebecq,
che descrive soprattutto l'uomo e l'artista nella sua essenzialità, senza
assumere posizioni critiche nei suoi confronti.
Per Houellebecq, H. P. Lovecraft era un genio, punto
e basta. Se poi la critica vuole dargli addosso, purtroppo la critica esiste,
ma c'è di buono che ogni critico è un artista mancato o fallito: insomma la
critica è destinata a morire, magari rinnovata da altri epigoni, anzi
sicuramente, però anche questi moriranno dimenticati da tutti alla fine, mentre
HPL rimarrà per
sempre immortale al di là del fatto che avesse stile o meno.
E' il caso di dire: finalmente una biografia che non ha la presunzione di esser
tale, un mirabile lavoro scritto da Michel
Houellebecq che dà a
Cesare quel che è di Cesare. Pardon!
Di Lovecraft.
H. P. Lovecraft – Contro il mondo, contro la vita (titolo
originale: Contre le monde, contre la vie) – Michel Houellebecq – Postfazione di Stephen King – Traduzione
di Sergio Claudio Perroni – 2a edizione, 2005 – Collana pasSaggi Bompiani – Bompiani – 171 pagine – ISBN 8845255603 – 9 euro
www.jujol.com