Ipotesi di viaggio
di Silvia Obici
Casa Editrice I Sognatori
www.casadeisognatori.com
Narrativa romanzo
Pagg. 136
ISBN 978-88-95068-13-8
Prezzo € 10,60
L'insegna
del locale s'illuminava a intermittenza, in una serie
di tre tempi. Prima la B, poi la A, poi la R, poi tutte
insieme due volte. Poi di nuovo: prima la B, poi la A,
poi la R.
Inizia in ¾, a tempo di walzer, questo esordio
narrativo di Silvia Obici ma più che il sontuoso e sereno fluire del Danubio
pare a noi una sincopata e perturbante murder
ballad. I sognatori,
fedeli alla linea, ci hanno donato un'altra delle loro visionarie scorribande
narrative e Ipotesi di viaggio
trova il suo più appropriato biglietto da visita nella bella copertina di
Francesca Santamaria (sue le opere che siglano la veste grafica del catalogo
della piccola e pregevole casa
editrice di Lecce), dove campeggia un fondo nero come la
pece, intenzionato a fagocitare l'intero spazio
disponibile, dal quale emergono figure spettrali (un uomo seduto, un bimbo, la
sagoma di un gatto) sospese tra una finestra e una porta nella fioca luce
bicromatica di un verde livido e di un rosso sangue.
Non
è bene svelare molti aspetti dell'intreccio di questo romanzo, che si regge in
maniera preponderante sulle attese del lettore, sorprendendolo ad ogni nuovo
snodo della narrazione, maltrattandolo, depistandolo, coinvolgendolo in una
sorta di gioco a rimpiattino dove l'effetto ludico e magnetico è assicurato.
Prendetevi una serata per sprofondarvi nel sofà, magari sorseggiando birra e
piluccando patatine, perché il congegno di Ipotesi di viaggio vi risucchierà e vi
incalzerà a macinare pagine per venire a capo della sua matassa ingarbugliata.
Un ragazzo si trova a fissare l'insegna di un bar; poi vi entra e dal primo
scambio di battute col gestore scopriamo che soffre di vuoti di memoria. Da una
settimana non fa che entrare e uscire dal locale e non ricorda nulla, neanche
il suo nome. Il barista, invece, sa un po' di cose sul suo conto. C'è qualcosa
che non quadra e la situazione si complica quando il
protagonista (?) si ritrova con una pistola in mano e uno sconosciuto a terra.
Da qui in poi la situazione deraglia; il bar, fuori, sembra circondato da una
fitta nebbia – ch'è un po' il sostrato di tutto il
racconto, dal quale affiorano man mano le tessere con le quali i personaggi e
chi legge cercano di ricomporre la vicenda – e, rientrando nel locale, un
individuo attende nell'ombra, un cellulare in mano.
Viene
naturale, sulle prime, ricondurre le situazioni di Ipotesi di viaggio a tanta
cinematografia e narrativa, dal geniale Memento
di Christopher Nolan a Una pura formalità
di Giuseppe Tornatore; dall'enigmatico Mulholland
Drive di David Lynch al grottesco ciclo di romanzi La notte del drive-in di Joe Lansdale e
ancora i racconti fantastici di Buzzati, le graphic-novel di Tiziano Sclavi e
Frank Miller. La Obici metabolizza e rielabora varie
suggestioni, cuocendo un minestrone di generi: horror, thriller metafisico,
noir; il tutto con un intuito formidabile per la misura e le dosi corrette
degli ingredienti. Ad un certo punto ci viene
presentata la storia di Roberto Moggia, intento ad espiare le colpe del padre,
prematuramente scomparso, impegolatosi in pericolose connivenze con
organizzazioni criminali. Roberto viene allevato dagli
zii ma il passato incombe su di lui, e pure il suo corredo genetico se si
considera la sua propensione per il lato oscuro. Tutto il romanzo, a ben
guardare, pencola tra luce e ombra, e Roberto si troverà a fare una scelta in
un momento cruciale della sua vita. Prendere una direzione al
bivio e pagarne le conseguenze. Al lettore spetta il compito di
decifrarne l'evoluzione, mai lineare (con frequenti anticipi e posticipi degli
avvenimenti, sorta di flash-back e flash-forward o forse piani di esistenza in universi paralleli).
L'unica
cosa certa è che niente è certo di quel che ci viene
riferito. Un uomo senza memoria è un uomo senza storia
e senza una storia è come non aver mai vissuto. Le prospettive si ribaltano: la
visione, il delirio, i sogni prendono il sopravvento. L'inconscio è un
calderone ribollente di magma, dove annegare i propri incubi e rimpianti,
narcotizzare il dolore o espiarlo attraverso l'analisi dei propri pensieri e
del proprio codice morale.
Ipotesi
di viaggio diviene
una ricognizione nell'inferno personale dei personaggi, tentativo estremo di
ricostruzione di un'identità spappolata, viaggio
di ipotesi dove ogni approdo è dubbio –
ammesso e non concesso che il moto abbia mai avuto inizio e ci si sia arrestati
in un eterno, immutabile anello temporale dove alfa e omega, morte e vita si
rincorrono senza posa e senza apparente significato. I toni cupi, l'atmosfera
greve e claustrofobica che si respira in questo libro riverberano
pagine kafkiane; gli intermezzi di outing
di Roberto (o di altri per lui) sono ben miscelati e talvolta pericolosamente
in bilico sulla caduta di tensione narrativa per il voler riferire informazioni
sulle dinamiche mentali e sentimentali di chi interviene nei dialoghi. Ma la Obici cade sempre in piedi, assemblando episodi in cui
sinistri burocrati decidono se le anime
perse hanno o meno referenze tali da renderle “idonee”ad un livello
successivo di consapevolezza; dove paradossali maschere discettano sui massimi
sistemi, indirizzando i clienti a prendere posto in inquietanti multisala dove
possono assistere alla proiezione della propria esistenza. Violenza,
assassinio, vendetta, immagini cruente, l'atrocità incolpevole del mondo
infantile, la sordida e deliberata prevaricazione dell'uomo sull'uomo, la
perdita di sé delimitano l'orizzonte crepuscolare di questa prima e ben
riuscita prova di Silvia Obici, servita da una scrittura immaginifica ed
inesorabile che va dritta al dunque come un siluro di profondità. Leggere per
credere.
Alberto Carollo
www.liberolibro.it