Prigioniere
del silenzio
di Maria Carmen Lama
Il titolo mi riporta automaticamente a un
bellissimo saggio sul “Silenzio” di Natalia Ginzburg facente parte della sua
raccolta “Le piccole virtù”. E quindi la curiosità verso l'opera poetica di
Maria Carmen Lama “Prigioniere del silenzio” va soddisfatta quanto prima!
Non
rimango delusa. Scorrere ad una ad una le sue poesie è
come ascoltare la voce sincera di un'amica.
Lo stile è, infatti, colloquiale e diretto.
Non sceglie molte metafore o perifrasi la nostra autrice, ma un linguaggio che
vuole giungere al lettore senza equivoci pur mantenendo alta la connotazione
poetica. Traspare dai versi un grande desiderio di liberare sentimenti,
riflessioni, stati d'animo che fanno parte in maniera preponderante
dell'universo femminile.
Perché il silenzio può essere gradito se
racchiude in sé la certezza di sentimenti genuini supportati da atteggiamenti
coerenti, ma può essere altresì doloroso se “obbligato” per paura e incomprensione di chi ci
sta accanto, che non sa e non vuole ascoltare.
È di questo silenzio che la poetessa sente
l'esigenza di parlare. Il silenzio che deve essere infranto, il silenzio che
deve aprire le porte alle parole, affinché possano esprimersi, essere
ascoltate, essere capite in modo da
poter vivere la vita e i rapporti umani nella libertà e nel rispetto. Perché,
citando ancora la Ginzburg,
“il silenzio può diventare
una malattia mortale”.
Cerco di immaginarmi la genesi di queste
poesie di Carmen. Le riflessioni scaturite da confidenze sommesse, timorose o
da notizie lette sui giornali o udite in tv; nomi di persone alle quali dedica
i suoi versi. Ma non mancano certo anche
le liriche scaturite da particolari stati d'animo del vissuto personale della
scrittrice.
Cosa c'è, dunque, di meglio che tradurre in
poesia le parole “prigioniere”? Carmen l'ha saputo fare in maniera egregia con
questa silloge estremamente
interessante.
Le poesie si alternano fra versi di denuncia e
di veemente richiesta di dignità a versi che prendono a simbolo gli spettacoli
della natura per esprimere le sensazioni dell'anima, a volte triste, a volte
orgogliosa, il più delle volte sofferente. Queste poesie vorrebbero aprire i
cuori e le menti di quella parte maschile (e qui credo sia giusto precisare
che, per fortuna, è solo una parte, anche se abbastanza consistente, credo)
ottusa e trincerata dietro usi e costumi ipocriti che non fanno altro che
confermare o legittimare un egoismo di fondo.
Ci sono versi, poi, che ti sorprendono per
l'originalità espressiva come ad esempio “frammenti
di bontà decapitata” in “Lei non sa” oppure “pensiero quasi muore/vivo, debole, tenue velato/impallinato dal
silenzio truce” in Quasi muore e, naturalmente, tantissimi
altri che permeano la silloge.
Percepisco in queste poesie tutto l'amore, la
solidarietà, nei
confronti di quelle donne (e sono ancora tante sul pianeta, ma non tutte, per
fortuna) che non hanno la possibilità di esprimere al meglio la loro
personalità, i loro sentimenti; quelle donne che non sono valorizzate perché
ritenute inferiori e quindi relegate al “silenzio”.
La raccolta è corposa, le poesie sono poco più
di cento e mentre le scorro ad una ad una capisco che non si possono leggere in
fretta, ma bisogna soppesarne adeguatamente le parole che sotto un'apparente
semplicità esprimono profondità di sentimento e analisi introspettiva notevoli.
Così le parole della nostra poetessa ci
giungeranno come un dono, il dono della sua sensibilità verso coloro che “non
possono dire” e ai quali (o, meglio, alle quali) vuole
riservare uno spazio importante nella sua arte poetica.
Leggere Carmen Lama è un arricchimento, è
l'accendersi di una luce che illumina, riscalda, affratella.
Per chiudere queste mie riflessioni non scelgo
la poesia che dà il titolo alla silloge (la lascio “scoprire” ai lettori!), ma
un'altra, a parer mio, altrettanto emblematica e che trascrivo interamente:
Se muore
la parola
Se muore la parola/tutto si ferma/sbiadiscono
i colori delle rose/attonito sta il cielo/ad avvolgere il mondo/consapevole del
suo/essere inutile./A me, tutto d'intorno/cresce il
silenzio/come torre d'avorio/mi rinchiude/altro non so e non vedo/altro non
sento/che il battito del cuore/sempre più lento/sempre più
distratto/consapevole del suo/essere inutile/.Se muore
la parola/io piango il lutto/mentre l'abbraccio/per tutto quel che è stata/per
l'amore che ha cullato/in te, in me, in noi/ma insieme a lei / anch'io/
io dentro muoio/. Se la parola muore non esiste più nulla.
Grazie Carmen, continua a parlarci, è bello
ascoltarti.
Giovanna Giordani