George Steiner
La
lezione dei maestri
Charles Eliot
Orton Lectures
2001-2002
Titolo originale Lessons of the
Masters
Ed. Garzanti
Genere-Saggistica
Quarta di copertina. “Che cosa autorizza un uomo o una donna a istruire un altro essere umano? Dove risiede la fonte dell'autorità
dell'insegnamento?”
Nelle note introduttive l'autore dà una semplificazione del
contenuto di questa serie di lezioni tenute alla Harvard University nell'anno accademico
2001-2002.
Steiner disamina la figura dell'insegnante e al mistero che si
cela dentro la “professione”. Nelle molteplici infinite forme d'insegnamento –
elementare, tecnico, scientifico, umanistico… si perde la distanza necessaria
nel considerare il prodigio della trasmissione.
Che cosa autorizza un uomo o una donna a
istruire un altro essere umano? Dove risiede la fonte dell'autorità
dell'insegnamento? La questione tormentava Sant'Agostino ed è diventata
scottante, soprattutto, nella società contemporanea in cui la cultura è
considerata meno ai fini utilitaristici del profitto. Steiner individua tre tipi di relazione
intercorrenti tra maestro e discepolo. I maestri che al pari di vampiri hanno
distrutto psicologicamente ( paradossalmente anche fisicamente) i loro allievi.
Ne hanno spento gli spiriti, le speranze, sfruttando la loro dipendenza. Come
contrappunto allievi che hanno tradito i propri maestri. Appena eletto Rettore,
Wagner allontanerà un Faust morente, già suo magister. Abbandonare il proprio maestro per diventare se stesso.
La vicinanza elettiva tra Virgilio e Dante e il venir meno della dipendenza tra
maestro e allievo è manifesto dall'esilio irreparabile di Virgilio dalla
salvezza: l' intransigenza di Dante nel relegare Virgilio nell'etterno esilio, eppure il momento dell'addio porta la Commedia ad uno dei suoi punti più alti
di pathos letterario (Purgatorio xxx). Il terzo tipo è quello dello scambio,
idealmente una sorta di osmosi in cui il maestro apprende dal discepolo mentre
gli insegna. L'intensità del rapporto genera amicizia nel più alto senso della
parola. Si pensi a Socrate e Alcibiade, Abelardo e Eloisa, Heidegger e Arendt.
Queste modalità di relazione assumono svariate sfumature ed ha ispirato
testimonianze religiose, filosofiche, sociologiche e scientifiche. É stato
inteso l'insegnamento autentico come imitatio
di un atto trascendente,
divino, l'insegnante un messaggero la cui ricettività ispirata lo ha reso
capace di apprendere un Logos
rivelato; è questo il modello che conferisce validità all'insegnante della
Torà, all'interprete del Corano, al commentatore del Nuovo Testamento. Per
analogia tale paradigma si estende all'insegnamento secolare per cui l'autorità
didattica si ottiene grazie alla dimostrazione esemplare, l'insegnante dimostra
e mostra allo studente la propria capacità, nell'eseguire o l'esperimento
chimico, o a risolvere un equazione …. L'insegnamento
esemplare è una messa in atto, è valido in quanto si mostra, il dicere latino, che significa mostrare, e
solo più tardi, mostrare dicendo. ( L'insegnante, in fin dei conti, non sarà forse uno
showman?). Queste naturalmente sono idealizzazioni, la figura del maestro,
investito di un potere psicologico, che può premiare, punire, escludere; la sua
autorità istituzionale, carismatica o entrambe le cose cozzano con le odierne
culture in cui figure sociali di potere sono ben altre. In passato la dottrina,
la doxa e il materiale da insegnare erano, spesso, considerati pericolosi per essere
trasmessi, solo una manciata di eletti, di iniziati poteva ricevere il vero
intendimento del maestro. Delle figure esemplari dell'antichità classica come Eraclito,
Pitagora, Parmenide, Socrate… poco si conosce dei loro metodi di insegnamento, pervenuti, nella migliore delle ipotesi, in frammenti o attraverso le citazioni,
forse, imprecise o critiche come quelle di Platone, di Aristotele. Steiner, in
particolare, appunta l'attenzione su Gesù e Socrate, due Maestri, che pur non
avendo lasciato nessuna parola scritta, hanno fondato la tradizione
occidentale, sono il cardine della nostra civiltà. I racconti della passione
generano l'intimo alfabeto, il codice di gran parte del nostro idioma morale,
filosofico e teologico. Hanno istillato nella coscienza occidentale sia una
tristezza irrimediabile sia una febbre di speranza. Il rapporto tra Socrate e
Gesù è individuato nell'insegnamento, nella relazione tra maestro e discepolo,
ad Atene e in Galilea e a Gerusalemme. Il pedagogo itinerante e il dialettico
virtuoso sono dotati della capacità del genio, l'uno di articolare
l'insegnamento attraverso i miti, l'altro di ideare parabole. Queste due
modalità di doxa condivise provocano
molteplicità e potenzialità di interpretazioni infinite. Tengono lo spirito
umano in uno stato di squilibrio. Eludono la nostra comprensione quando sembra
che ne abbiamo afferrato il significato. É questo il modello dell'aletheia heideggeriana, di una verità
che si nasconde nello stesso processo di svelamento. I miti narrati da Platone,
le parabole offerte da Gesù incarnano ciò che vi è di decisivo e di
inspiegabile nell'attività dei maestri, nell'arte dell'insegnamento, investita
come da un'aura di sacralità.
La lezione del maestro in origine è stata quella del sacerdote,
nella filosofia presocratica e classica questa modulazione fu quasi
impercettibile. Il magisterium medievale
e rinascimentale fu quello del dottore in legge, con Tommaso d'Aquino o San
Bonaventura. Il retaggio teologico s'indebolì, ma le sue convenzioni rimasero
forti, sottoscritte da una deferenza indiscussa. Riverire il proprio maestro,
rispondeva al codice naturale del rapporto.
Qualora reverenza e deferenza si affievoliscono
restano il rispetto, l'ammirazione.
Quella attuale è l'età
dell'irriverenza. Le
cause di questa profonda trasformazione sono dovute a rivoluzioni politiche, sommosse
sociali e allo scetticismo che le scienze portano con sé. L'ammirazione è
passata di moda, siamo abituati ad un livellamento verso il basso. La nota
prevalente è quella dell'impertinenza provocatoria.
Secondo Steiner non esiste una professione di maggiore privilegio,
risvegliare in un altro essere umano forze e sogni superiori alle proprie, al
suo approdo alla parte migliore di sé. Anche a un livello modesto, come quello
di maestro di scuola, insegnare, e insegnare bene ha possibilità trascendenti.,
Insegnare seriamente è toccare ciò che vi è di più vitale in un essere umano.
Il magistero è fallibile,
una pedagogia di routine, scadente è rovinosa, distrugge le
speranze alle radici, immiserisce lo studente, riduce a grigia inanità la
materia insegnata, insinuando il più corrosivo degli acidi, noia.
Nessun mezzo meccanico,
tuttavia, per quanto rapido,
può cancellare il nuovo giorno che viviamo quando abbiamo
compreso un maestro. Una società, come quella basata sul profitto sfrenato, che
non fa onore ai propri insegnanti, è difettosa.
Non c'è tempo per un'altra lezione?
L'assunto centrale di questo saggio è la relazione tra docente e
studente come il centro della trasmissione del sapere. In uno stile
appassionato e convincente, Steiner rende omaggio ad una professione in qualche
misura di per sé opaca, ma contiene ogni sfumatura possibile tra gli estremi di
una vita di routine, disincantata, e un esaltato senso di vocazione.
George Steiner (Parigi, 1929) è figura di primo piano nella cultura
occidentale. É Fellow del Churchill
College a Cambrige ed è stato docente in numerose università americane ed
europee, tra cui Princeton, Stanford, Chicago, Oxford e Ginevra. Tra i suoi
libri Garzanti ha catalogo Tolstoj o Dostoevskij 1959, Morte della tragedia 1961, Dopo
Babele 1975 e 1992, Antigoni 1984,
Vere presenze 1986, il romanzo breve Il correttore 1992, Nessuna passione spenta 1996, l'autobiografia Errata 1997, Linguaggio e
silenzio, nuova edizione 2001, Heidegger
2002 e Grammatiche della creazione 2003.
Arcangela
Cammalleri