Giuseppe
D'Agata
I ragazzi del coprifuoco
Dario
Flaccovio – euro 14 – pag. 250
Non è vero che non
esistono più i buoni narratori italiani. Ci sono ancora, non sono tutti
estinti, solo che non li trovate tra i fenomeni pomparti dalla stampa
berlusconizzata e dalla televisione. E allora astenetevi da letture tipo Busi,
Camilleri, Baricco, Faletti, Piperno (ultima leva tra i best-seller un tanto al chilo), ché tanto mica
vi perdete niente. Se volete trovare scrittori veri cercate tra gli scaffali
dell'editoria più piccola che investe su nomi interessanti e non vi fermate
alla solita sbobba televisiva. Io sono stato fortunato, ché uno di questi libri
importanti di cui si parla poco l'ho ricevuto in omaggio da Dario Flaccovio,
scopo recensione. Certo, non è un libro scritto da un giovane esordiente. Non
so se vi ricordate Il medico della mutua
o Il segno del comando, l'autore era
sempre lui, Giuseppe D'Agata. Uno scrittore vero. Giuseppe D'Agata ha fatto il
partigiano, è stato medico (ma ha praticato poco) e soprattutto ha scritto
diversi bei libri che parlano di vita quotidiana con la classe di chi sa
raccontarla senza prendere in giro il lettore. Il suo ultimo lavoro è I ragazzi del coprifuoco e parla di Resistenza,
un argomento sfruttato al massimo ai tempi del Neorealismo, da gente come
Fenoglio, Calvino, Cassola, Pavese, tutti scrittori veri, di grande peso.
Difficile confrontarsi con i mostri sacri della narrativa e uscirne bene come
ha fatto D'Agata, che non è un Piperno qualsiasi, uno che i barzellettieri
televisivi paragonano a Roth. D'Agata ha la scrittura leggera e ammaliante di
un Fenoglio, cominci a leggere le prime pagine e non lo molli più, devi andare
avanti per forza, come stregato da una storia che ti trasporta in un passato
fatto di ricordi. Il protagonista incontra in ospedale il comandante della sua
brigata partigiana, un uomo ridotto allo spettro di se stesso, malato di un
tumore incurabile allo stomaco. La memoria viaggia a ritroso e la voce narrante
(molto autobiografica) ripercorre la stagione della liberazione, i miti
sfioriti, le violenze fasciste, le disillusioni. Un romanzo che senza retorica
e senza nessuna volontà revisionistica parla della guerra partigiana e del suo
lato umano, della musica jazz che significa libertà,
di un'amicizia e un'ammirazione che vanno oltre la vita. La prosa di
Giuseppe D'Agata è poetica e curata ma non per questo incomprensibile o
volutamente astrusa, lui che è davvero un grande scrittore si sforza di essere
comprensibile e non fa mai inutile sfoggio di erudizione. Non è compito dello
scrittore far vedere come sa usare bene parole desuete, lo scrittore deve
raccontare una storia e trasmettere emozioni. I ragazzi del coprifuoco
dovrebbe essere letto nelle scuole superiori come una storia vera che racconta
le emozioni di un gruppo di uomini che ha lottato per la libertà.
È
MORTO GIUSEPPE D'AGATA
Autore
di testi come Il medico della mutua e
Il segno del comando
La stampa nazionale è
affaccendata in altre cose e solo marginalmente ha ricordato la scomparsa di un
grande narratore italiano come Giuseppe D'Agata, uno dei primi a intuire la
relazione tra letteratura e cinema. Per ricordarlo sono andato a riprendere nel
mio archivio la recensione che scrissi su uno dei suoi ultimi libri. Giuseppe
D'Agata era un uomo d'altri tempi. Ricordo ancora che appena uscito l'articolo
che potete leggere mi telefonò a casa per ringraziare. Potete immaginare il mio
stupore. Non ci conoscevamo, io ero soltanto un suo ammiratore che aveva
seguito Il segno del comando in televisione, aveva visto Il medico della mutua di Luigi Zampa,
interpretato da Alberto Sordi, e letto molti suoi racconti. Giuseppe D'Agata
aveva cercato il mio numero di telefono per chiamare e farmi sapere che aveva
gradito molto il mio commento.
Giusepe D'Agata aveva 83
anni. Ci lascia un grande scrittore, ma restano i suoi libri. Leggeteli, ché ne
vale la pena.
Gordiano
Lupi