Andrea
Camilleri
Gran Circo Taddei
e altre
storie di Vigàta
Sellerio editore Palermo
Otto microstorie vigàtesi nella cornice scenografica dell'italico
ventennio fascista.
Come
recensisce tutti i libri di Camilleri
pubblicati dalla casa
editrice Sellerio, Salvatore Silvano
Nigro, sono otto i racconti che qui
fanno libro e non semplice raccolta.
Non considerare raccolta
queste storie, schegge impazzite dalla tastiera
del pc di Camilleri, vuol dire che
si procede in un continuum crono-logico narrativo e stilistico: un rutilante
susseguirsi di situazioni che suscita il riso immediato
e, metaforicamente,
amarezza profonda.
Se la metafora domina
e orchestra personaggi e fatti,
l'immarcescibile lingua vigàtese sbeffeggia
e satireggia
come un buffone a corte. Questi racconti sono forse i più corrosivi ed invidiabilmente amabili scherzi letterari
che il Maestro fa agli
incauti lettori, ormai pronti a
subire qualsiasi sua arditezza
artistica.
Cesellati insieme, incastrando
con arguzia
le trame, certo che il romanzo potrebbe prendere corpo e incorporare le microstorie vigàtesi in una macrostoria italica. La
Storia, quella
Storia, che mai
così contemporanea non è stata, si presenta
ai nostri occhi non come mera narrazione di ciò che fu, ma
trasfigurata in ciò che ne conseguì; le ideologie rappresentate
attraverso
i comportamenti, le psicosi degli
uomini, asserviti al potere dominante
e svuotati di personalità propria.
Un'umanità quasi
fittizia si aggira tra le
ombre dell'epoca fascista e
tutto viene investito da retorica baluginante e triste presagio
di velleità mortificate. É
l'espressionismo della violenza che deforma
volti in maschere e risate crasse
in ghigni. Vigàta, teatro sublimato
del fascismo, è una sorta
di palcoscenico ideale ed idealizzante in cui si esaltano miti e fandonie
non mai sopiti. La
galleria
umana
intride ignobiltà e millantata
virilità, tra fimmine ardimentose,
devote alla
causa,
camerati
e federali e gerarchi orwelliani e garanti della
fede al Capo
e paventati
comunisti che da congiurati, con un colpo d'ala, sono trasformati in perseguitati:
pantomima
e derisione. Che dire di scene alla Quentin Tarantino
o che fanno il verso a certe pillicule
di covviboisi; gli anni della
Liberazione amiricana rivissuti e reinterpretati
tra scocci di revorbari, giochi d'azzardo
in bische clandestine, denaro in discesa
libera e una
rapina
a regola
d'arte con lupara d'ordinanza che lascia scornati
i soci di un circolo. Il rischio e il pericolo di portare
a conoscenza
intrallazzi
e tresche amorose viene da un aceddro,
Il merlo parlante,
che ripete le frasi compromettenti
che sente. Il culto dell'italianità, espresso nella
mania
di italianizzare i nomi stranieri
e di trasformare
quelli italiani
con le consonanti finali, è uno dei puntelli del Gran Circo Taddei. Trame tutto sommato
semplici si complicano per scarti della
sorte e come riporta Camilleri, la
voglia del complicare le cose è tutta
siciliana:
“ Cito una bellissima frase
che Moravia
un giorno disse a Sciascia:
"La differenza tra i
milanesi e i siciliani è che i milanesi
tendono a semplificare un fatto
complicato. I siciliani operano all'inverso:
un fatto semplicissimo tendono a complicarlo".
E le complicazioni
portano a
sotterfugi e tradimenti”.
Ironia a
tinchitè, erotismo sommerso che fa capolino
da tutte le parti
alla
maniera
di Brancati,
tragicomicità e surrealismo alla Pirandello,
sono alcuni degli ingredienti naturali
che fanno da
terreno di coltura per l'arte camilleriana. Un altro tassello
fascista,
con la sua
politica demografica di
incrementare le nascite, si trova
ne La fine della
missione; chi non può avere
figli trova la
soluzione a dir poco boccaccesca
con pace santa della
chiesa e dei mariti.
Come dire il fine giustifica i
mezzi. Un giro di giostra
è forse il più solipsistico delle storie e una
dolente riflessione esistenziale. La bruttezza
fisica del protagonista
è una condanna che relega
alla
solitudine più triste, quando una luce pare
illuminare quella vita
spesa vacuamente, la
fine lapidaria lascia schiantati. La trovatura è veramente
una trovata geniale,
soprattutto nella conclusione, chi cercava non trova
e viene trovato da chi non cercava. Tutto torna
secondo un caso capriccioso o forse giusto? La rivelazione è una
novella di beffa architettata, il
comunista arraggiato,
Prestìa, riceve la grazia della
rivelazione nell'apparizione
di Gesù, tutta racchiusa
in quella frase”
facitilo…sapiri a
tutti…sgerzo fu”. Ogni racconto
contiene uno spezzone di Storia,
ogni finale è esemplare e dà a
ciascuno quello che ha meritato.
C'è come una sorta di giustizia
a seconda
delle colpe, Camilleri, al pari
di un novello Caronte,
assegna
ai personaggi
la loro etterna collocazione. Aveva
perfettamente ragione l'editrice Elvira
Sellerio alla
quale il libro è dedicato, dopo la
lettura, ebbe a
dire all'autore
di essere tornato il Camilleri dei vecchi tempi.
Andrea Camilleri (1925), è autore
di oltre 60 romanzi tra storici, civili e polizieschi, e di diverse raccolte di racconti,
tradotti in più di 30 lingue.
Vincitore di numerosi premi in Italia e all'estero,
è noto al grande
pubblico anche per i romanzi dedicati
alle inchieste del commissario Montalbano, della
casa
editrice Sellerio, da
cui è stata
tratta
la fortunata serie televisiva.
Tra i tanti
titoli ricordiamo: “La
forma dell'acqua”, “Il cane
di terracotta”,
“Il ladro di merendine”, “La voce del violino”, “La
stagione della
caccia”,
“Il birraio di Preston”, “La concessione del telefono”, “La gita a Tindari”,
“Maruzza
Musumeci”, “Il casellante”, “Il campo
del vasaio”,
“L'età del dubbio”, “Un sabato, con gli amici”
“Il sonaglio” “ La caccia al
tesoro”, Il sorriso di Angelica…
Arcangela Cammalleri