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  Letteratura  »  Che la festa cominci, di Niccolò Ammanniti, edito da Einaudi e recensito da Tiziana Monari 21/05/2011
 

Che la festa cominci, di Niccolò Ammaniti - Edizioni Einaudi

 

È tragica la comicità di Ammaniti in una delle sue ultime fatiche “Che la festa cominci”, amara e ampollosa nella costruzione di spauriti personaggi grotteschi, caricaturali, specchio di un'Italia lentamente alla deriva. Sono figure ridondanti, sature di leggerezza, pieni di vizi e di cinismo. Vivono una vita cupa e un po' demenziale, con il vuoto che si impossessa della loro anima e li spoglia di ogni ragione. E' una memoria del sottosuolo di una Roma in agrodolce, una Roma trash che non riesce più a stupire ma si ritira in sogni sconclusionati e amorfi, senza sostanza, senza più vie d'uscita. Due storie che come un fiume convergono in un sola, una folla di umanità tragicomica, iper realistica e sopra le righe, cieca come il nostro bel paese che non sa vedere il precipizio che ogni giorno gli si para di fronte e lo sfiora da vicino. C'è un'indulgenza  rassegnata nel guardare la vita, una debolezza che si riflette nello specchio di chi guarda, una manchevolezza caricaturale di un paese e di una società che sta affondando. Si svelano le nudità del peggio, si confonde la fantasia col reale, in un bailamme di gente protagonista di una macabra danza di vita. Ma nonostante tutto si scoprirà che il tenero non può uccidere, l'infelice sarà sempre senza via di scampo, l'amore si consumerà solo per poterci salvare, e alla fine sarà solo la solitudine a fare da regina.

E' un romanzo apocalittico, la metafora della nostra povera Italia senza più senso dell'etica, del nostro paese che seppellisce ogni barlume di morale e si ciba solo di feste dissacranti , di rotocalchi patinati, di trasmissioni subdole e inconcludenti. Una nazione sgangherata come la setta satanica di cui Saverio è a capo.

Una festa che segue il suo corso, segnando il destino per tutti in una totale anarchia letteraria ben riuscita,un lungo doloroso viaggio, in una storia che si consuma senza poterci salvare.

 

Tiziana Monari

 

 
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