Il genio dannato
CLASSICI. Una discesa nel ventre dell'umanità, tra i nuovi Miserabili
Corbaccio pubblica in una nuova traduzione «Viaggio al termine della notte».
Gli anni non attenuano la forza innovativa di un libro che cambiò la scrittura
Ci sono romanzi la cui fama dura lo spazio di un mattino, altri
che continuano ad essere inimitabili evergreen, perché
geniali, innovativi, capaci di dare una svolta alla letteratura mondiale. È tra
questi Viaggio al temine
della notte di Louis-Ferdinand Céline che ora Corbaccio ripropone (575
pagine, 18,60 euro) nell'accurata traduzione di Ernesto Ferrero, attenta al
colore gergale e alla sintassi ellittica, volutamente ricca di effetti
strabilianti.
Sono passati parecchi decenni dalla prima uscita di questo sconvolgente
romanzo, ormai divenuto un classico che non finisce di stupire per la sua
modernità.
Il primo editore, il parigino Robert Denoel, ritrovandosi nell'aprile 1932 sul
tavolo il manoscritto anonimo di 900 pagine, prese a leggerlo con uno
sbalordimento che confinava con l'esaltazione. Identico sentimento si provamo
ancora oggi, divisi tra lo sgomento e l'ammirazione per la penna di un uomo che
ha il coraggio di immergersi nelle fogne dell'umanità, di sguazzare tra i nuovi
Miserabili. Un navigare dentro le anse intestinali dell'umanità, in cui
l'autore non cerca solo di comprendere la caduta morale, ma anche di
esorcizzarla, quasi con un gesto scaramantico.
IL LIBRO è un affresco delirante dell'umanità, raffigurata nel profondo dai
temi più importanti del XX secolo: la guerra, l'industrializzazione (anche
Nietzsche aveva stigmatizzato i rischi del tecnicismo), l'impoverimento e
l'aridità delle coscienze.
Protagonista è un medico — Bardamu, alter ego dell'autore — che dopo aver
partecipato alla prima guerra mondiale s'imbarca per le colonie francesi, di
qui negli Stati Uniti («Figuratevi che era in piedi la
loro città assolutamente diritta. New York è una città in piedi. Ma da noi, si
sa, sono sdraiate le città, in riva al mare o sui fiumi, si allungano sul
paesaggio») e poi nuovamente in Francia, dopo essersi
lasciato alle spalle l'amore per la prostituta Molly. Anche
in Delitto e castigo di dostoevskijana memoria si incontrano dolcezza e bontà
salvifica in una prostituta. Diventa medico dei poveri, il dottore randagio,
sempre in viaggio, metaforico e reale. Ed è proprio da questo tratto del
romanzo che sgorgano gli episodi più strazianti (la morte del piccolo Bébert) e
nel contempo esilaranti, con i grotteschi casi della famiglia Henroille.
La trama autobiografica è un pretesto per le riflessioni sulla vita. Infatti la narrazione è pienamente costellata di aforismi,
spesso cinici e nichilisti sul significato contraddittorio del vivere. ‹‹Quando
l'odio degli uomini non comporta alcun rischio, la loro stupidità si convince
presto, i rischi non arrivano mai da soli»; «Forse è anche l'età che ci
sopraggiunge, traditora, e ci annuncia il peggio. Non si ha più molta musica in
sé per far ballare la vita, ecco. Tutta la gioventù è già andata a morire in
capo al mondo nel silenzio della verità. E dove andar fuori, ve lo chiedo,
quando uno non ha più dentro una quantità sufficiente di delirio? La verità è
un'agonia che non finisce mai.
La verità di questo mondo è la morte. Bisogna
scegliere, morire o mentire. Non ho mai potuto uccidermi,
io».
Bardamu-Céline è un grande osservatore, un sognatore e nel contempo un folle e
si muove sicuro e strafottente, navigando dentro un destino che lo conduce in
un viaggio che bordeggia, insinuante, i limiti della notte, descritto in un
lessico parlato del tutto nuovo e inimitabile, sorretto da volute deformazioni
e sovrapposizioni gergali in un mix di marca semantica che in nessun altro autore
si è più saputo gustare.
Grazia Giordani
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