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  Letteratura  »  Viaggio al termine della notte, di Louis Ferdinand Celine, edito da Corbaccio e recensito da Grazia Giordani 21/06/2011
 

Il genio dannato 
CLASSICI. Una discesa nel ventre dell'umanità, tra i nuovi Miserabili
Corbaccio pubblica in una nuova traduzione «Viaggio al termine della notte». Gli anni non attenuano la forza innovativa di un libro che cambiò la scrittura

 

 

 

Ci sono romanzi la cui fama dura lo spazio di un mattino, altri che continuano ad essere inimitabili evergreen, perché geniali, innovativi, capaci di dare una svolta alla letteratura mondiale. È tra questi Viaggio al temine della notte di Louis-Ferdinand Céline che ora Corbaccio ripropone (575 pagine, 18,60 euro) nell'accurata traduzione di Ernesto Ferrero, attenta al colore gergale e alla sintassi ellittica, volutamente ricca di effetti strabilianti.
Sono passati parecchi decenni dalla prima uscita di questo sconvolgente romanzo, ormai divenuto un classico che non finisce di stupire per la sua modernità.
Il primo editore, il parigino Robert Denoel, ritrovandosi nell'aprile 1932 sul tavolo il manoscritto anonimo di 900 pagine, prese a leggerlo con uno sbalordimento che confinava con l'esaltazione. Identico sentimento si provamo ancora oggi, divisi tra lo sgomento e l'ammirazione per la penna di un uomo che ha il coraggio di immergersi nelle fogne dell'umanità, di sguazzare tra i nuovi Miserabili. Un navigare dentro le anse intestinali dell'umanità, in cui l'autore non cerca solo di comprendere la caduta morale, ma anche di esorcizzarla, quasi con un gesto scaramantico.
IL LIBRO è un affresco delirante dell'umanità, raffigurata nel profondo dai temi più importanti del XX secolo: la guerra, l'industrializzazione (anche Nietzsche aveva stigmatizzato i rischi del tecnicismo), l'impoverimento e l'aridità delle coscienze.
Protagonista è un medico — Bardamu, alter ego dell'autore — che dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale s'imbarca per le colonie francesi, di qui negli Stati Uniti («Figuratevi che era in piedi la loro città assolutamente diritta. New York è una città in piedi. Ma da noi, si sa, sono sdraiate le città, in riva al mare o sui fiumi, si allungano sul paesaggio») e poi nuovamente in Francia, dopo essersi lasciato alle spalle l'amore per la prostituta Molly. Anche in Delitto e castigo di dostoevskijana memoria si incontrano dolcezza e bontà salvifica in una prostituta. Diventa medico dei poveri, il dottore randagio, sempre in viaggio, metaforico e reale. Ed è proprio da questo tratto del romanzo che sgorgano gli episodi più strazianti (la morte del piccolo Bébert) e nel contempo esilaranti, con i grotteschi casi della famiglia Henroille.
La trama autobiografica è un pretesto per le riflessioni sulla vita. Infatti la narrazione è pienamente costellata di aforismi, spesso cinici e nichilisti sul significato contraddittorio del vivere. ‹‹Quando l'odio degli uomini non comporta alcun rischio, la loro stupidità si convince presto, i rischi non arrivano mai da soli»; «Forse è anche l'età che ci sopraggiunge, traditora, e ci annuncia il peggio. Non si ha più molta musica in sé per far ballare la vita, ecco. Tutta la gioventù è già andata a morire in capo al mondo nel silenzio della verità. E dove andar fuori, ve lo chiedo, quando uno non ha più dentro una quantità sufficiente di delirio? La verità è un'agonia che non finisce mai.

La verità di questo mondo è la morte. Bisogna scegliere, morire o mentire. Non ho mai potuto uccidermi, io».
Bardamu-Céline è un grande osservatore, un sognatore e nel contempo un folle e si muove sicuro e strafottente, navigando dentro un destino che lo conduce in un viaggio che bordeggia, insinuante, i limiti della notte, descritto in un lessico parlato del tutto nuovo e inimitabile, sorretto da volute deformazioni e sovrapposizioni gergali in un mix di marca semantica che in nessun altro autore si è più saputo gustare.

 

Grazia Giordani

 

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