La vita è breve e il desiderio infinito, di Patrick Lapeyre – Guanda
Amore?
Indicibile. Ma che capolavori a dirne gli effetti
Se
credete di aver sentito tutto sull'amore, non avete ancora letto La vita è
breve e il desiderio infinito (Guanda, 288 pagine, 17 euro, traduzione di
Marcella Uberti-Bona) del francese Patrick Lapeyre, vincitore nel 2010 del Prix
Femina con questo acclamatissimo romanzo, che per un soffio non ebbe anche il
Goncourt: 60mila copie vendute in pochi giorni, grazie al passaparola. L'autore
sa coniugare romanticismo e ironia in un gioco di piani
temporali mobili, elusive quinte teatrali che alternano eros e tenerezza
nell'immaginario del lettore.
Cuore della narrazione è Nora che non ha le caratteristiche
classiche della femme fatale, ma è dotata piuttosto di una innocente
ambiguità, capace di rasentare la perfidia.
Di madre
francese e padre inglese, aspirante attrice, giovanissima, tanto inquieta
quanto inquietante, è la donna eternamente sfuggente e inconoscibile che non sa
decidersi a quale amante darsi veramente, divisa tra il parigino Louis Blériot,
quarantenne, traduttore freelance, sposato con l'intellettuale e troppo
indulgente Sabine, e l'americano Murphy Blomdale, operatore finanziario a
Londra.
Improvvisamente, dopo 25 mesi, tre settimane e 25 giorni di silenzio, Nora («la
donna che sente essergli destinata») si fa viva con Blériot, dicendogli che sta
tornando a Parigi da Londra. Il desiderio infiamma e sconvolge Blériot,
scontento della mediocrità del suo malcompensato lavoro e stanco del tran-tran
matrimoniale con la lodevole Sabine, angosciato dal persistente legame
altalenante di Nora con l'americano Blomdale, vero eroe della pazienza, illuso
di trovare nella ragazza la possibilità di formare una famiglia, scongiurando
anche la minaccia della solitudine.
Maestro nel descriverci il piacere del desiderare una persona e la sofferenza
di non poterla avere in toto, Lapeyre ci tiene incollati alla pagina.
Interrogato in merito, l'autore sostiene di non essersi prefisso di «raccontare il solito triangolo amoroso. Il centro
dell'amore è stato descritto in tutti i modi. A me interessava l'effetto che
nasce quando si vuole a tutti i costi una persona. È come con il sole: non ha
senso cercare di guardarlo direttamente, ti acceca. Ma molto più valore ha
vedere i suoi effetti sulle cose».
L'autore è dunque riuscito in maniera innovativa a descrivere il sottile spazio
che s'insinua tra il desiderio e il suo compimento, coagulandolo dentro
l'ambito esistenziale dei suoi personaggi, dando voce anche alla magia del
ricordo e sottolineando come la possibilità dell'amore vero non debba essere
resa asfittica dalla confusione con la passione. Concentrato sugli istinti
normali, quelli della quotidianità, Lapeyre rifugge da «parametri
psicoanalitici», per sua stessa ammissione, sostenendo che il suo libro sia
piuttosto «un esperimento di fisica della passione e del desiderio puro».
Operazione letteraria perfettamente riuscita.
Grazia
Giordani
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