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  Letteratura  »  Il Signore delle anime, di Iréne Nèmirovsky, edito da Adelphi e recensito da Grazia Giordani 20/10/2011
 

Il Signore delle anime di Irène Némirovsky, Adelphi

 

 

Salire per scendere farsi una fama infangandosi

 

Privo soltanto in apparenza di allusioni biografiche, Il Signore delle anime (Adelphi, 233 pagine, 18 euro, traduzione di Marina di Leo, a cura di Olivier Philipponnat e Patrick Lienhardt), l'ultimo romanzo di Irène Némirovsky, in realtà ci fa intravedere in filigrana, quasi in controluce, ansie e tremori dell'autrice, nati dall'ineluttabile «eredità del sangue».
Siamo nel 1939, anno difficile per un'ebrea che non è riuscita in nessun modo a ottenere la cittadinanza francese, quando Irène scrive il suo libro, uscito a puntate tra maggio e agosto su Gringoire, importante settimanale politico-letterario parigino, a otto anni dallo straordinario successo di David Golder che il teatro e il cinema avevano fatto a gara per accaparrarsi.
È un libro spietato, scritto in fretta, per contingenti ragioni, anche finanziarie, Il Signore delle anime, quasi una denuncia di una torbida integrazione, pagata con un rinnegamento delle origini, quelle origini che tanto avevano afflitto la scrittrice che — pur non venendo dal basso, da una povera famiglia, come Dario Asfar, protagonista della trama — è tuttavia circondata dalla meschinità di una borghesia conformista che finge di accettarla pienamente, senza pregiudizi, lodandola per i suoi successi letterari, ma mai dimenticando che è una russa bianca, un'esule, sfuggita dai disordini rivoluzionari nella patria d'origine.
Dario Asfar è dunque un misero levantino, cresciuto nei porti e nelle bettole, un méthèque che conduce una grama esistenza. Trasferito a Nizza, nel 1920, seppur laureato in medicina, i suoi giorni continuano a esser segnati dalla povertà e dagli espedienti per procurarsi la sopravvivenza. Vive nella pensione familiare dell'usuraia Marta Aleksandrovna. Ora ha con sé l'amatissima moglie Clara e il figlio Daniel. Gli serve un prestito di quattromila franchi per sfamare la sua famiglia. L'ascesa sociale di Asfar coincide con la sua caduta morale, iniziata con un procurato aborto. Il suo è un salire per discendere, un guadagnare fama, infangandosi. Desiderio e vergogna sono i sentimenti che vive con maggior intensità, piegandosi a qualsiasi bassezza, portandosi appresso il marchio indelebile della sua nascita e del suo suo destino.

 

Grazia Giordani

 

www.graziagiordani.it

 

 
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