Il Signore delle anime di Irène Némirovsky, Adelphi
Salire per scendere farsi una fama infangandosi
Privo soltanto in apparenza di
allusioni biografiche, Il Signore delle anime (Adelphi, 233
pagine, 18 euro, traduzione di Marina di Leo, a cura di Olivier Philipponnat e
Patrick Lienhardt), l'ultimo romanzo di Irène Némirovsky, in realtà ci fa
intravedere in filigrana, quasi in controluce, ansie e tremori dell'autrice,
nati dall'ineluttabile «eredità del sangue».
Siamo nel 1939, anno difficile per un'ebrea che non è riuscita in nessun modo a
ottenere la cittadinanza francese, quando Irène scrive il suo libro, uscito a
puntate tra maggio e agosto su Gringoire, importante settimanale
politico-letterario parigino, a otto anni dallo straordinario successo di David
Golder che il teatro e il cinema avevano fatto a gara per accaparrarsi.
È un libro spietato, scritto in fretta, per contingenti ragioni, anche
finanziarie, Il Signore delle anime, quasi una denuncia di una torbida
integrazione, pagata con un rinnegamento delle origini, quelle origini che
tanto avevano afflitto la scrittrice che — pur non venendo dal basso, da una
povera famiglia, come Dario Asfar, protagonista della trama — è tuttavia
circondata dalla meschinità di una borghesia conformista che finge di accettarla
pienamente, senza pregiudizi, lodandola per i suoi successi letterari, ma mai
dimenticando che è una russa bianca, un'esule, sfuggita dai disordini
rivoluzionari nella patria d'origine.
Dario Asfar è dunque un misero levantino, cresciuto nei porti e nelle bettole,
un méthèque che conduce una grama esistenza. Trasferito a Nizza, nel 1920,
seppur laureato in medicina, i suoi giorni continuano
a esser segnati dalla povertà e dagli espedienti per procurarsi la
sopravvivenza. Vive nella pensione familiare dell'usuraia Marta Aleksandrovna.
Ora ha con sé l'amatissima moglie Clara e il figlio Daniel. Gli serve un
prestito di quattromila franchi per sfamare la sua famiglia. L'ascesa sociale
di Asfar coincide con la sua caduta morale, iniziata con un procurato aborto.
Il suo è un salire per discendere, un guadagnare fama, infangandosi. Desiderio
e vergogna sono i sentimenti che vive con maggior intensità, piegandosi a
qualsiasi bassezza, portandosi appresso il marchio indelebile della sua nascita
e del suo suo destino.
Grazia
Giordani
www.graziagiordani.it