Un mattino d'ottobre di Gianni
Simoni, TEA
E' il grigio il colore del giallo e Simoni sa ogni sfumatura
Se un ex magistrato che ne ha viste di cotte e di crude, occupandosi di
indagini di criminalità organizzata, di eversione nera e di terrorismo, decide
di prendere in mano la penna, per privilegiare il romanzo poliziesco, i giochi
sono fatti. E, a confermarcelo è lo stesso Gianni Simoni in postfazione al suo
piacevolissimo Un mattino d'ottobre (Tea, pp.295, euro 12). Definire di
“piacevole” lettura un giallo, può apparire improprio, ma
Simoni c'induce a questo per il sense of humour di cui sono pervase le sue
pagine e per la schietta confessione, riguardo all'ex magistrato Petri,
protagonista del romanzo che porta in sé ‹‹molto di autobiografico, nel corpo e
nell'anima e, soprattutto nel suo quotidiano e nel modo di rapportarsi con gli
altri: l'amata moglie Anna, la Polizia con cui continua a collaborare “in
nero”, ma anche gli inevitabili mascalzoni››.
Ci troviamo, in effetti, fra le pagine del primo capitolo della serie noir che
vede in azione il sopra accennato ex giudice e il commissario Miceli, ovvero
gli stessi protagonisti di Commissario, domani ucciderò Labruna, Lo specchio
del barbiere e La morte al cancello. Quando una serie di romanzi polizieschi
può permettersi un continuum e riedizioni così di successo, significa che i
personaggi e il clima attorno a loro sono azzeccati, tanto meglio se
impreziositi da un po' di ironia e senso dell'umorismo.
La trama parla di due famiglie legate da una forte amicizia. Un incidente
stradale uccide Giulia, la piccola bimba di un noto avvocato e di una stimata
pneumologa, mentre si avvia al parco, accompagnata da Santina, la sua baby
sitter. Sembra solo una drammatica fatalità, ma da quel momento si scatena una
serie di delitti che con la morte della piccola parrebbe non avessero nulla a
che fare. Morti apparentemente slegate. Una calibro 22 sputa pallottole in
maniera si direbbe folle e del tutto casuale.
Una sfida veramente ardua per Petri e Miceli e per i poliziotti che fanno loro
corona, una vera carambola di sorprese e nel contempo una critica agli usi
borghesi, espressi in maniera sorniona.
Il finale del sorprendente caso sta al lettore che arriverà trafelato al
finale, perché è un libro che si legge in fretta, premuti da grande curiosità.
Simoni sostiene di scrivere in maniera simenoniana, un po' come gli scrittori
detti “ciechi” – aggiungiamo noi – facendo seguire un capitolo dopo l'altro,
senza conoscere in anticipo quello del giorno successivo. Forse è anche questa
tecnica a regalare movimento e naturalezza alla sua simpatica scrittura.
Parlando dei suoi personaggi, ancora in postfazione al romanzo, l'autore ci
confida come anche il commissario Miceli non sia un personaggio inventato, ‹‹ma
un uomo che, stringendo i denti, sta faticosamente affrontando gli ultimi anni
di lavoro e che a Petri è legato da un rapporto d'antica data, fatto di stima,
d'amicizia e di rispetto reciproci, e dal comune desiderio di raggiungere un
obiettivo, quello della verità. Ovviamente, una verità umana, che a volte
sembra sfuggire, in un momento della loro vita in cui nel mondo che li circonda
non esistono più solo il bianco e il nero, ma il colore dominante appare il
grigio›.
E noi, come potremmo dare torto a questo giallista d'eccezione?
Grazia Giordani
www.graziagiordani.it