Alberto Savinio scrittore ipocrita e privo
di scopo
di Walter Pedullà, Anordest
L'ipocrita e privo di scopo
Si diventa partecipi di uno strano fenomeno, addentrandosi fra le pagine del
saggio Alberto Savinio sottotitolato scrittore ipocrita e privo di scopo
(Edizioni Anordest, pp. 239, euro 18) perché il clima surreale, denso di
enigmi, proprio al protagonista, sembra aver contagiato, Walter Pedullà,
l'illuminato saggista che c'introduce, quasi stravolti, spesso interdetti,
dentro i meandri di una mente insolita, così fuori dalla norma, da esser stata
capita da pochi contemporanei e del tutto dimenticata o voluta in seguito
dimenticare anche per quella damnatio memoriae che a volte condanna chi è iper intelligente
e per di più, per un certo periodo della propria vita, vicino a un credo
politico, in seguito deprecato. Preceduta dalle edizioni del 1979 e del 1991,
l'attuale si mostra più completa ed esaustiva, corredata anche di testimonianze
del figlio Ruggero che con un suggestivo album fotografico e soprattutto con
uno scritto sul padre al lavoro, ne fissa i connotati artistici ed umani con
commossa intelligenza.
Chi è stato, in buona sostanza, Alberto Savinio? Figura esemplare delle
avanguardie storiche europee, pittore fra i più inventivi del secolo, narratore
di ammaliante fantasia, prosatore di instancabile vitalità linguistica,
drammaturgo di travolgente impatto culturale, pensatore geniale e profetico,
critico audace e puntuale, intellettuale coraggioso e che guardava oltre, è un
protagonista a tutto tondo dell'arte e della letteratura del Novecento. Il suo
anticonformismo, a volte spinto all'esasperazione, non gli ha certo procurato
simpatie fra i borghesi, pronto com'era a lodare dissacrando o a dissacrare
lodando, con l'estro di chi può permettersi tali acrobazie intellettuali.
Partiamo dal titolo già di per sé bizzarro, per porre in luce il significato
che Savinio attribuisce all' ipocrita,
etimologicamente, dal greco ‹‹colui che esamina da sotto››, ovvero
l'understatement da cui guarda e scrive egli stesso, cultore dei linguaggi non
aulici, dei linguaggi bassi, persino talvolta tanto scurrili da essere
irritanti, che possono abbracciare espressioni gergali, dialettismi, arrivando
a descrizioni di flatulenze intestinali, con la complicità di un violino, che
avranno scandalizzato i benpensanti del suo tempo. Tutto questo – a nostro
avviso – anche al fine di smorzare eventuali note melodrammatiche o
sentimentali, così come Beethoven offriva al suo uditorio chiuse di concerto fragorose, per evitare melensa commozione, non in
linea col suo temperamento. E non dobbiamo dimenticare che sotto per Savinio
c'è soprattutto l'inconscio, ma con la volubilità dispettosa che gli è propria,
guarda dal basso, ma a testa alta. Giocoliere del lessico, sembra trascinare lo
stesso Pedullà dentro i suoi jeux de mots e noi lettori ci uniamo al gioco.
Mentre ‹‹sparge materia cerebrale››, quasi gli uscissero nuvolette di fosforo
dalle orecchie, mentre cerca un connotato che oltre ad essere superficiale sia
fondamentale. Certo non è autore riposante, Savinio, così intestardito a ‹‹dare
forma all'informe››, così motteggiatore dissacrante da porre la famiglia quale
bersaglio costante delle sue ironie (cfr.Tragedia dell'infanzia), dove la vita
borghese è, nella sua ottica, la vera morte, dove odia il padre, ma ne sospira
il ritorno, dove la madre può essere identificata con volo surreale, in una
confortevole poltrona (cfr.Poltromamma in Tutta la Vita, di cui ci siamo
recentemente occupati, nell'edizione Adelphi).
Da Hermafrodito a La tragedia dell'infanzia, giungendo a la
Nuova Enciclopedia, la vicenda letteraria di Savinio, esaltata dallo stile
originale di Pedullà, attraversa tutta la letteratura della prima metà del
Novecento, segnandola in maniera stupefacente.
Tutte le arti si sono condensate e rinnovate dentro la sulfurea inventiva di
questo sbalorditivo artista a cui il saggista ha saputo finalmente ridare il
meritato smalto, aprendo anche a noi le porte dell'incuriosita ammirazione.
Grazia Giordani
www.graziagiordani.it