“Triangolo di lettere” Carteggio pubblicato da Adelphi
Nietzsche Lou von Salomé e Rée: un
pruriginoso, ambiguo terzetto
Un terzetto che ha fatto sbocciare alla grande il malizioso fiore del
pettegolezzo sulla bocca dei benpensanti, quello formato dai
due amici filosofi Friedrich Nietzsche e Paul Rée in compagnia della
fatalissima giovane russa Lou von Salomé. Un sodalizio inquietante e ammantato
dall'ambiguità che nemmeno la pregevole pubblicazione del carteggio Triangolo di lettere, (a cura di Ernst
Pfeiffer, nell'edizione originale) e curato da Mario Carpitella, nella
pubblicazione italiana – riproposto per i tipi dell'Adelphi -, riesce del tutto
a chiarire, pur permettendoci di ripercorrere il tortuoso cammino che fra
l'aprile e l'ottobre del 1882
ha visto i tre amici intimamente accomunati.
Il carteggio non si limita all'anno cruciale dell'82, ma ha un respiro più
vasto (1875-1884) ed è il frutto di un difficile impegno editoriale che –
avviato nel 1936 da Schlechta e poi ripreso ed ampliato da Pfeiffer è giunto a
compimento solo nel 1970. Merito di Carpitella è stato quello di arricchire
l'edizione italiana con documenti inediti raccolti da Mazzino Montinari, con un
occhio all'edizione critica Colli-Montinari dell'Epistolario e uno ai risultati più recenti della
ricerca internazionale su Nietzsche.
Eppure – precisa in prefazione Carpitella – “Chi da questo
libro si attende risposte definitive circa il reale rapporto di Nietzsche con
Lou von Salomé – interrogativo che da sempre ha travagliato chi si è occupato
della biografia del filosofo, fino ai rotocalchi culturali e al cinema –
rimarrà probabilmente deluso. La lacunosità del
materiale documentario, censure e rimozioni di vario tipo si oppongono a ogni
tentativo di fare finalmente chiarezza, consentendo così anche fantasiose e
poco documentate interpretazioni in chiave psicoanalitica o addirittura
omosessuale”.
Se il carteggio non dissipa i dubbi sulla “peccaminosità” del triangolo (è
stato sì o no un trasgressivo ménage à trois?), pone piuttosto in luce il
sofferto e deluso innamoramento di Nietzsche, pur trattandosi di una
“infatuazione intellettuale”. (“Io sento in Lei altro
che questi moti. Rinuncio volentieri ad ogni intimità e
vicinanza, se solo posso esser certo di questo: che siamo concordi là dove le
anime comuni non arrivano” e ancora: “…quella volta a Orta avevo deciso in cuor
mio di fare partecipe Lei per prima della mia intera filosofia. Ah, lei
non immagina quale decisione fosse quella: credevo che non si potesse fare dono
più grande. Un'impresa di lunghissima lena…”).
Sempre di origine intellettuale appare essere anche il rammarico
per la scoperta del “tradimento” degli amici, rinfocolata dalle presunte
rivelazioni della sorella, visceralmente ostile alla giovane russa, che non è
certo la fatina benefica della vicenda, rosa da gelosia corrosiva nei confronti
della giovane.
Il sogno di Nietzsche di creare un “convento di spiriti liberi” veniva
miseramente infranto e questo sembra essere il tradimento più bruciante e
doloroso per il genio del pensiero mondiale, l'autore dello Zarathustra che
aveva pensato alla donna incline a “egoismo ferino”, come alla sua “erede”,
dotata di “impulsi superiori”. Erano gli anni in cui il filosofo stava
approfondendo studi intens,i intesi a fondare
scientificamente il “pensiero abissale” dell'eterno ritorno, di cui troviamo
per la prima volta traccia nella Gaia scienza, in un aforisma sublime per
potenza di pensiero e poetica espressività.
Le lettere – seppure in maniera frammentaria – ci raccontano come Nietzsche,
svanita la delusione, (si sa che il tempo è un grande medico, capace di farci
sublimare anche i dolori più cocenti) tornerà ad accettare il suo destino di
solitudine e ad allontanarsi dalla sorella, la cui ingerenza nella vicenda era
stata più che deleteria, vista la pessima opinione che nutriva nei confronti
della disinibita “avventuriera”, come più volte definirà la giovane Salomé. Nel 1884 Nietzsche giungerà addirittura a scrivere: “…di tutte le
conoscenze che ho fatto, una delle più preziose e feconde è quella con Lou.
Soltanto dopo averla frequentata sono stato maturo per il mio Zarathustra.”
Ormai invecchiata, la stessa Lou Andreas-Salomé, così rivisitò, descrivendola,
la sua situazione interiore degli anni di frequentazione nietzscheana: “Era
inevitabile che, della natura e del pensiero di Nietzsche, mi affascinasse
proprio quel che di rado trovava parola nelle sue conversazioni con Paul Rée –
Nondimeno… esitavo a intraprendere quel cammino da cui mi ero dovuta
allontanare per attingere chiarezza”.
Insomma Nietzsche è il genio, il super intelligente del terzetto, eppure
l'affascinante Lou (che stregò in seguito anche Rilke, Freud e Pfeffer, per
citarne solo alcuni fra i più noti), gli preferisce Rée, un filosofo che ha
preso luce riflessa dal confronto con Nietzsche, così come Teleman lo ha
guadagnato dal confronto con Bach o Salieri da quello con Mozart. Ed è forse
questo l'elemento che maggiormente ci stupisce e ci fa soffrire della delusione
di Nietzsche, anche se ci conforta constatare che questo “giocoliere nell'arte
di superare se stesso”, sia riuscito a sublimare nel Pensiero la sofferenza.
Grazia
Giordani
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