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  Letteratura  »  Ludwig, Storie di fuoco, sangue, follia, di Monica Zornetta, edito da Dalai e recensito da Ferdinando Camon 06/01/2012
 

La banda Ludwig: Gott mit uns

di Ferdinando Camon


 
"La Stampa - Tuttolibri" 3 dicembre 2011


Devo al lettore una premessa: non sono imperturbabile di fronte al grande-orrido tema che questo libro tratta. Ludwig era il nome collettivo della banda composta di Abel e Furlan, e forse qualche altro, che commise una lunga serie di efferati omicidi, secondo i pareri 10 o 16 o più.  Un serial killer doppio, o un serial killer in due. Scoperti mentre erano in piena azione, arrestati, condannati, evasi, ritrovati, han saldato il conto con la legge. I problemi che lasciano aperti sono tanti. Perché due? Come facevano ad agire in blocco come uno solo? Perché sceglievano quelle vittime, prostitute ma anche frati, adulti ma anche ragazzi, in particolare ragazzi delle discoteche? Perché uccidevano usando un martello o i coltelli o il fuoco? Perché si son chiamati Ludwig? Perché quelle rivendicazioni in nome della virtù e dell'onore? Perché scrivevano le rivendicazioni in caratteri runici? Come mai sono un tedesco bavarese e un italiano veronese? Sono stupidi o intelligenti? Come vanno con gli studi? Pluribocciati o ben promossi? E come vanno con le donne? Omosessuali, eterosessuali, repressi o inibiti? Si son redenti? Ma quel che mi turba è un altro motivo, e lo dico subito: han mandato la rivendicazione di qualche delitto dalla mia città, ed esattamente dalla stanza dove adesso sto scrivendo questo articolo, perché qui abitava lo zio di Furlan. Quando lo zio è morto, ho acquistato un pezzettino del suo appartamento ed eccomi qui. Ho lasciato sul campanello il nome “Furlan”, per la sua vasta-funebre gloria: è un nome collegato (secondo i miei calcoli) a 16 omicidi, non me la sento di sostituirlo col mio cognome, ancora bloccato, quanto ad omicidi, a quota zero. Quando sono stati presi, da veri dilettanti, stavano spargendo benzina in una discoteca, ognuno con la sua tanica: avevano forato le taniche e le portavano in giro per bagnare la moquette, e poi darci fuoco. Sono stati acchiappati subito. Dunque, sono loro. L'ultimo attentato fa pensare, per l'ingenuità, che volessero essere presi. È il solito sospetto per tutti i serial killer: lanciano messaggi per essere liberati da se stessi. La benzina aveva un forte odore, tutti lo sentirono. Entrando in questo studio, dove loro han dormito, appena varcata la soglia tiro su col naso, per sentire se c'è traccia di benzina.

Entrando qui, entro nel cranio di un mostro.
Mandavano rivendicazioni anche per delitti vecchi di anni, ma insoluti. Sfidavano la polizia. Nelle rivendicazioni fornivano le prove: la marca del martello, la forma del coltello… Si ritenevano imprendibili, e volevano essere presi. Il loro motto era: Gott mit uns, e lo introducevano con l'esplicazione: “La nostra fede è nazismo / la nostra giustizia è morte / la nostra democrazia è sterminio”. Hitleriani in ritardo. Torna la solita domanda che ci poniamo quando un serial killer opera per anni: possibile che il  padre, la madre, la moglie, il marito non si accorgessero di nulla? Ebbene, qui abbiamo il padre di Abel che dice “sì, qualcosa sospettavo, mio figlio non era normale”. Per Abel si sottovaluta, a parer mio, il trauma da giovane, quando la sorellina di sei anni gli morì fra le braccia. Quel trauma entrò come una bomba nel suo cervello. Il libro (piano, lineare, senza astuzie) spiega il gruppo come composto di un induttore e un indotto, una personalità dominante e una succube, Abel su Furlan. È possibile che il gruppo si sia sempre più rafforzato nel delirio, che questo delirio fosse tenue all'inizio e disperato alla fine. Alla fine, hanno in due una sola psiche, quel che dice uno vale anche per l'altro. Il mondo è sporco, bisogna purificarlo. Non tutti gli uomini sono, niccianamente, degni di vivere, si tratta di estirpare gli indegni. Il fuoco è il più perfetto strumento di purificazione. Se l'elemento induttore infonde il suo delirio nell'elemento indotto, l'elemento indotto però, alla fine, a me pare il più lucido nell'analizzare se stesso e il compagno: il libro si chiude con una intervista a lui, ed è un dialogo di allucinante sincerità. C'è tutto lì. Tutto di sé, e dell'altro, e degli altri. Lui è Dio. Elimina quelli che non rispondono ai suoi criteri morali. Una selezione etica. Niente pistole, ma ferro e fuoco, preferiti per la loro primitività. Ad uomini primitivi, armi primitive.
  
Monica Zornetta,
Ludwig, Storie di fuoco, sangue, follia, Dalai editore, 2011, pagg. 304, euro 16,50

 

www.ferdinandocamon.it

 

 

 

 
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