Paura di Stefan Zweigh - Adelphi
Chi ha apprezzato Lettera di
una sconosciuta o Bruciante
segreto di Stefan Zweig
(Vienna 1881- Petròpolis Brasile 1942), ritroverà in Paura (pp.113,
euro 10, traduzione di Ada Vigliani) la stessa marca semantica di un autore
quasi dimenticato a cui Adelphi sta ridando luce con lodevole impegno.Ebreo, austriaco, cosmopolita, Zweig è stato un notevole
intellettuale europeo che nel 1942 si suicidò – insieme con la seconda giovane
moglie – in Brasile, dove angosciato dalle persecuzioni razziali, si era
rifugiato, nell'illusione di ritrovare salvezza e soprattutto serenità.
Straordinario biografo (la sua autobiografia è un pregevole ritratto d'epoca,
pieno di nostalgia per lo splendido autunno dell'era asburgica), come
romanziere e narratore, forse indulge, talvolta, in eccessi di enfasi, “iper
sentimentali”. Ciò non toglie che i suoi romanzi e i suoi racconti siano acute
indagini psicologiche, veri ritratti di angosce, miste ad incubi e a deliri
della passione. Maestro della suspense, in Paura,
tocca il tema dell'adulterio femminile, inducendoci a ripensare a Madame Bovary, l'adultera per noia e ad
Anna Karenina che ha tradito
sopraffatta da un fato superiore, cui non ha potuto
sfuggire.Irene Wagner, l'eroina di Zweig, è un'affascinante giovane signora
dell'alta borghesia, fin de siècle, moglie di un famoso avvocato dai modi
convenzionali e severi, vive in una lussuosa casa, con servitù, madre di due
figli piccoli, cade, quasi inconsapevolmente, tra le braccia di un amante,
accettato più per annoiata vanità che per passione. Vive in maniera inerte
nella ‹‹vacua inoperosità della gente inoperosa››. Ma, la sua vita è distrutta,
quando, uscendo dalla casa dell'amante, viene sfacciatamente affrontata da una
donna che – dando prova di conoscerla bene, nome ed indirizzo compresi –
comincia a ricattarla, estorcendole cospicue somme di danaro e persino il
prezioso anello di fidanzamento.La paura, come un crescendo
sinfonico, viene descritta dall'autore con tale maestria da incollare il
lettore alla pagina, tanto da aver incantato registi del passato che ne hanno
tratto varie versioni cinematografiche. Nel 1954 persino Roberto Rossellini si
occuperà di questo avvincente soggetto, allontanandosi, purtroppo, molto dalla
trama di Zweig, dando corpo all'ultimo lavoro nato dal sodalizio artistico e
privato tra il regista romano e l'attrice svedese Ingrid Bergman.Tornando alla protagonista del racconto, Irene è sempre più
perseguitata dalla ricattatrice e lo sguardo indagatore del marito le crea
apprensioni sempre più vertiginose. Infatti, è una vertigine di disperanti
angosce dentro cui sempre più si sente sprofondare,
come se la sua vita fosse riflessa da specchi deformanti.Che il marito cominci
a sospettare? Che cerchi, con il suo atteggiamento, d'invitarla alla
confessione? Che sia l'amante, ormai disprezzato e del tutto messo da parte, il
mandante della ricattatrice? Insieme ad Irene anche noi sospettiamo ed accavalliamo
ipotesi, ricalcando i passi falsi della fedifraga, poco inclini a simpatizzare
per lei, suggestionati da come sa porgercela l'autore, quando arriva
l'insospettabile coup de théậtre
a lasciarci senza fiato, contenti dell'epilogo e scontenti che sia finita la
narrazione.
Grazia Giordani
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