Le due vite di Elsa
di Salvo Zappulla
Ed eccomi qui, di fronte alla terza prova
narrativa della signora Charbonnier. L'aspettavo al varco, consapevole che
questo libro rappresenta una tappa fondamentale del suo percorso letterario.
Uno scrittore a un certo punto della sua carriera o si appiattisce, si adagia
sugli allori delle opere precedenti, o va oltre, spinto dal demone della
competitività, dal sacro ardore della continua ricerca, dall'ambizione, dal
desiderio di mostrare soprattutto a se stesso che è in grado di scardinare
qualsiasi barriera; di possedere il grimaldello per accedere e impadronirsi dei
segreti che la scrittura contiene nei suoi meandri più reconditi. L'aspettavo al
varco curioso, da lettore innamorato dei suoi scritti, pronto a “vendicarmi”
con una sonora stroncatura nel caso mi avesse riservato una delusione. Una
biografia romanzata di un altro personaggio femminile, seppur eccelsa, seppur
scritta divinamente come solo lei riesce a fare,
l'avrei considerata un altro passo avanti
nella sua già luminosa carriera ma che probabilmente nulla avrebbe
aggiunto e nulla tolto. E invece eccola qui l'ulteriore impennata: Le
due vite di Elsa, edizioni Piemme, pagg. 344, € 17,00. Ci voleva questo
romanzo, profondamente diverso dagli altri due, le ragioni è la stessa Rita Charbonnier a spiegarle: “Elsa, la protagonista del romanzo, non è una persona famosa. Non è una
grande artista, né è legata a un grande artista. Non è, per la prima volta, un
personaggio realmente esistito; ma forse è la più vera di tutte le mie eroine. Sullo sfondo, però, c'è Anita Garibaldi”.
Elsa ha il fuoco dentro, trasmette al lettore sentimenti di grande
dolore, spesso violenti, persino disperati. Elsa, a differenza di Annamaria
Mozart e di Maria Stella Chiappini, non appartiene alla storia, ma scaturisce
direttamente dalle viscere della sua autrice, dal suo cuore, dalla sua
intelligenza, dalla sua profonda sensibilità artistica. La protagonista di questo
romanzo si dibatte furiosamente, come un pesce tirato fuori dall'acqua a cui
manca il respiro, si dibatte nel groviglio del suo drammatico conflitto
esistenziale, nel silenzio allucinante di una identità
incerta; si rifugia nel suo mutismo ostinato per difendersi dagli elementi
esterni ritenuti ostili. Elsa è un personaggio estremamente complesso e
complicato, vive a Roma durante l'era fascista e deve fare i conti anche con
una famiglia dalle idee ristrette che in fondo non fa nulla per aiutarla (a parte
il padre il quale tuttavia non ha la personalità necessaria per imporre le
proprie decisioni). E' sola in un mondo racchiuso dentro una bolla di sapone,
colpevolmente lasciata sola come spesso accade alle persone in difficoltà; sola
in una società votata al perbenismo, la cui unica preoccupazione è quella di
sbarazzarsi in fretta e furia dell'oggetto causa dello scandalo, come fosse il
fagotto ingombrante di un pargolo concepito illegittimamente. Elsa lotterà con
tutte le proprie forze per emergere dall'abisso in cui è sprofondata (e qui
ancora una volta riscontro la grande forza di Rita
Charbonnier. La determinazione di Rita è la stessa dei suoi
personaggi. Direi quasi una proiezione della sua personalità, un ‘alter ego'), lotterà con le unghie e con i denti per
affermare il proprio diritto all'esistenza, le saranno d'aiuto la potente
figura di Anita Garibaldi, nella quale Elsa si identifica, e di un medico
che prende a cuore la sua condizione. Il quale, guarda caso, si chiama Giuseppe come il suo fantasticato eroe dei due
mondi. Il pregio più importante di questo romanzo è l'
incessante lavoro dell'autrice per analizzare la psicologia di Elsa, la
capacità di scavare tra le pieghe nascoste della sua anima e riconsegnarla alla
vita. Il finale è di straordinario effetto, risente sicuramente della sua (quella
di Rita) predisposizione per il teatro. Evito di parlarne per non rovinare la
sorpresa, ma sicuramente un colpo d'ala di questa autrice di cui non sono
ancora riuscito a individuare un difetto nella scrittura (Così, anche solo per
il piacere perfido di poter scrivere qualcosa di negativo). Che altro
aggiungere ancora? Complimenti. E appuntamento alla prossima stroncatura.
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