Simenon
maestro nell'ambiguità Un uomo, più volti
IL LIBRO. Da Adelphi «Il destino dei Malou»
Nel romanzo americano del 1947 le tipiche contorsioni
psicologiche
Ancora un romanzo americano di Georges
Simenon, nella bella traduzione di Federica di Lella e Maria Laura Vanorio. Adelphi, che dal 1985 cura la riedizione dell'opera omnia,
propone Il destino dei Malou (200 pagine, 18 euro).
Scritto in Florida nel 1947, rispetto ad altri romanzi dell'autore offre il
dualismo di interpretazione su indole e carattere del
personaggio, riguardo all'ottica e all'angolo di visuale di chi lo sta
considerando. Lo conosciamo post mortem, il tanto
chiacchierato Eugène Malou. È uno squallido
truffatore, suicida già nelle prime battute della narrazione. Affarista (oggi
diremmo palazzinaro), oppure uomo che si è fatto da sè,
venuto dal niente, che si è sacrificato per dare benessere alla propria
famiglia? A Simenon sono sempre piaciute queste contorsioni psicologiche,
questo rimescolio nei meandri dell'animo, poiché sa bene quanto sia contorta
l'umanità e quanto il grigio sia più attendibile del bianco e del nero. Il
romanzo si apre con una revolverata. Alle quattro e un quarto di un caliginoso
novembre, in un paesino alle porte di Parigi, Eugène Malou
esce da un aristocratico palazzo di rue de Moulins e
si spara in faccia. Portato agonizzante nella vicina farmacia, lì chiude i suoi
giorni sotto gli occhi dei compaesani, che di lui solo sembrano sapere la
disgrazia economica in cui è caduto, quale imprenditore edile, convinti della
sua mancanza di integrità morale. Pubblica
opinione fomentata dalla pessima campagna di stampa del Phare
du centre, il quotidiano
locale. Tra la frotta di studenti che, in quel momento, passa
casualmente per strada, c'è il diciassettenne Alain Malou
che resterà per sempre vulnerato dallo spettacolo della morte del padre. Spetta
proprio a lui di comunicare in casa la notizia. Incontrerà
solo finzione di dolore da parte di una madre fatua e vanesia (per associazione
d'idee la si assimilerebbe a Fanny Némirovsky,
madre della grande Irène, tante volte protagonista
dei suoi romanzi). Poco dolore anche da parte del fratello di
primo letto di Alain, preso dalle sue modeste ambizioni di vita e, ancor meno,
da Corine, la carnale e dissoluta sorella. Una
famiglia avvelenata dai rancori che, morto Eugène, non tarda a sbranarsi,
arraffando quello che si può, quando ormai non vi è più danaro,
nemmeno per il funerale. Simenon è maestro nell'intingere la penna dentro la
mediocrità e la bassezza di alcuni suoi personaggi. Alain li osserva in
silenzio. Si sente diverso da loro e decide, nonostante tutto, di restare in
quel paese di provincia ostile, cercando la verità, scegliendosi un destino
diverso. Grazie a due amici veri del padre così infangato, ricostruisce una
vita fatta di espedienti e di affari al limite del
reato. Ma scopre anche un padre che ha dato la propria
vita per la sua famiglia, un ragazzo nato poverissimo che ha lottato per
raggiungere una posizione ai piani alti. Un epilogo inconsueto per l'autore
belga che ci aveva abituati ai finali cupi e tragici, perché nel giovane Alain
c'è il germe del perdono.
Grazia Giordani
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