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  Letteratura  »  Decomposizione di Dio, di Rino Tripodi, edito da InEdition e recensito da Morena Fanti 26/03/2012
 

Decomposizione di Dio
Un racconto e cento apologhi gnostici tra Kafka e Cioran
Rino Tripodi

InEdition editrice/Collane di Lucidamente 2008

pp. 104, € 10,00

 

 

 

 

Un libro che pone delle domande, questo Decomposizione di Dio, di Rino Tripodi. Domande che, come spesso accade, non hanno risposta certa. D'altronde un testo deve far riflettere e deve aiutare a scoprire nuove e possibili strade di percorso interiore. Deve aiutare a pensare per comprendere più in profondità noi stessi, e questa nuova opera di Tripodi sembra indicarci molte vie di esplorazione e conoscenza. Il pensiero di filosofi come Cioran e Sgalambro fa da tramite al pensiero dell'autore e ci introduce negli apologhi da lui scritti. Il viaggio per la salvezza, nel racconto Il pellegrinaggio ad Atar'sh, che costituisce il nucleo narrativo “forte” della pubblicazione, passa attraverso tragedie e perdite e all'arrivo troviamo “un enorme volto malvagio, allo stesso tempo insano, folle, di una crudeltà inimmaginabile disumana, smisurata. […] gli occhi del dio: due buchi neri che attiravano a sé tutto ciò che stava intorno, inghiottendolo in un'oscurità terribile ed eterna.”
Essere spaesati e dubbiosi a volte è l'unica scelta possibile. Chiedersi quale sia davvero la forma di un Dio (“continuo ad usare la maiuscola in ragione del valore storico-religioso del concetto di Dio nell'ambito della tradizione occidentale”, scrive Raffaele Riccio nell'introduzione al volume) che, nei vari apologhi che sostanziano la seconda parte del volumetto, è a tratti bambino irragionevole, ideatore megalomane, bifronte e perciò non veritiero, persino idiota che non sa ciò che ha combinato, fino a diventare morto e decomporsi nel disfacimento totale e globale in cui ci ha coinvolti, è la domanda che torna impellente, la domanda mai del tutto dimenticata. La scrittura di Tripodi scava in profondità nella Ragione, cerca la Conoscenza e forse la Verità. Non importa se alla fine saremo d'accordo o meno con l'autore: come scrive Riccio “Il pregio della lettura di questi apologhi sta proprio in questo totale rovesciamento, che ognuno può interpretare come crede, riconoscendolo o allontanandosene, sulla base delle proprie valutazioni etiche. In ogni caso, sostare sull'abisso e guardare, non di sfuggita, il volto del dolore in una società anestetizzata come la nostra, potrebbe comunque rivelarsi un'operazione di consapevolezza”.

 

Morena Fanti

 

 

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