La signora Irma e le nuvole
di Subhaga
Gaetano Failla
Fara editore 2007
pp. 172, euro 12,50
Una raccolta di racconti da leggere con la giusta lentezza, quella
di chi sa dedicarsi all'ascolto delle parole e delle immagini suscitate. Storie
che si dividono in frammenti di sogni e in ricordi, in episodi di vita
“normale” e sorprendente nello stesso tempo. L'autore si rivela tra le righe, spaziando
tra passato e presente, tra cielo e terra, delfini di vetro verde e minestra di
zucca. Lo stile e il linguaggio sono asciutti e lineari, ma
Subhaga Gaetano Failla sa
incantarci con frasi e angoli di pura poesia, con sillabe colorate che indicano
i punti dove il lettore deve posare lo sguardo.
La natura è molto presente in questo libro, a sottolineare
come l'uomo non sia mai indipendente dall'esterno da sé, e a come certe visioni
vengano plasmate dal contorno in cui viviamo.
L'atmosfera rarefatta di questi racconti dilata lo
spazio in cui vengono vissuti e la narrazione diventa
stimolo e pretesto per evidenziare come certi momenti di “nulla” quotidiano,
siano altresì momenti in cui posare lo sguardo e puntare l'attenzione.
Frasi che sono poesie. La brevità non penalizza l'elegante
scrittura di Failla, anzi la esalta e seduce il
lettore: “La strada medioevale sotto casa ha negozi e panchine tra sole e ombra.
D'inverno la neve ricopre tutto.
Spuntano le teste dei passanti seduti nelle serate estive” e
ancora: “Al tramonto il lago ha un occhio increspato. Una
striscia di sole ne attraversa l'iride” (da Otto,
pag.138).
Penso che questi racconti, scritti in
stagioni diverse della mia vita, possano parlare da sé, dialogando con coloro
che li leggono. Nelle introduzioni, inoltre, generalmente vi è una eccessiva finzione di verità, si finge che l'autore sia
davvero presente. Scrivo queste righe all'aperto, seduto su una panchina, di
mattina, al sole, con il mio quaderno azzurro. La primavera è proprio vicina,
vedo una magnolia con fiori di mani protese e, in quel campo in discesa, sparsi
papaveri lievi di sangue. Talvolta scrivo i miei racconti lasciandomi rapire da
visioni: sollevo la penna dal quaderno, chiudo gli occhi e resto in attesa.
L'immagine dell'autore che “scrive” sé stesso e
scrive per noi, è già racconto e le parole di Failla
ci accompagnano in viaggi visionari, tra valigie e nuvole con cui riempirle,
per lasciare in cielo spazio ai sogni.
Vivo
come un gatto.
Lecco la mano
e mi carezzo.
“Pereira sosteneva che i propri sogni
non vanno raccontati o svelati. La signora Irma tuttavia ha voluto narrarmi il sogno di questa
notte e mi ha dato il permesso di raccontarlo a mia
volta. […] L'indomani la signora Irma è in partenza.
C'è la valigia da preparare… vuole lasciarci con una sua poesia:
Mi
sfugge, vola
al tuo sorriso
un bacio sulle dita.
Morena Fanti
Blog