Il caso Collini
di Ferdinand von Schirach, Longanesi
L'ipnotico Schirac Parti a leggerlo e non
smetterai più
Ci sono romanzi che portano, fin dalle prime righe nel Dna, il destino di
diventare casi letterari. Fortunata sorte, questa, toccata all'opera prima di
Ferdinand von Schirach, autore della silloge Un colpo
di vento, e ora duplicata con Il caso Collini
(Longanesi, pp.166, euro 14, traduzione di Irene Abigail Piccinini), fresco di stampa, per noi in Italia, e
già pronto a sollevare clamore per il tema trattato dal grande penalista, nato
a Monaco nel 1964, che nel corso della sua carriera si è occupato di alcuni dei
crimini che hanno coinvolto maggiormente l'opinione pubblica tedesca.
Senza eccessivi preamboli, sul filo della sua consueta prosa prosciugata e
incisiva come duri colpi di staffile, l'autore ci fa subito conoscere il
giovane avvocato Caspar Leinen
che sta affrontando il suo primo caso, l'occasione per lanciarsi nella
professione forense. Gli hanno affidato la difesa d'ufficio dell'italiano
Fabrizio Collini che – dopo trentaquattro anni di irreprensibile lavoro alla Mercedes-Benz
-, appena andato in pensione, ha ucciso in una camera d'albergo, spacciandosi
per un giornalista, Hans Mayer, un ricco industriale ottantacinquenne. Per
l'ambizioso avvocato quella che era sembrata un'opportunità di carriera si
trasforma subito in un vero incubo quando scopre che la vittima è il nonno di Philipp il suo grande amico degli anni liceali, a casa del
quale trascorreva vacanze indimenticabili, trattato
con estremo affetto. (‹‹Hans Meyer era l'unico a Rosthal che si occupava dei
ragazzini. Spiegava loro come costruire una capanna sugli alberi senza chiodi e
dove trovare i lombrichi migliori. Una volta regalò a Philipp
e a Caspar un coltello ciascuno con l'impugnatura in legno di betulla. Mostrò loro come usarli per intagliare
dei fischietti e i due ragazzi fantasticarono su come la notte avrebbero difeso
la famiglia contro i ladri››). Leinen
deve quindi affrontare uno spinoso caso di coscienza: accettare comunque la
causa o far prevalere gli affetti? Tanto più che intreccia anche una storia
sentimentale con Jhoanna, sorella dell'amico del
cuore. E non è che l'imputato lo aiuti, poiché, pur
ammettendo l'omicidio, rifiuta di rivelare le ragioni del movente, trincerato
dentro un ostinato silenzio. Quindi Leinen si troverà di fronte all'assurdo caso di difendere
chi non vuole esser difeso. Un compito apparentemente impossibile, una causa
persa a priori, ma il giovane avvocato sarà rigoroso nel consultare gli atti,
scoprendo una traccia che conduce a un capitolo insanguinato della storia
tedesca con ripercussioni sulla nostra stessa storia italiana.
Un romanzo ipnotico che non ci permette di battere ciglio, allontanando lo
sguardo dalla pagina, perché Ferdinand von Schirach
ci racconta molto più di una crime story, sollevando
interrogativi su come la giustizia tedesca abbia affrontato il passato nazista
e sul diritto delle vittime alla vendetta. L'autore, ancora una volta sa
descriverci con drammatica precisione i meccanismi sottili e contorti che
inducono un essere umano a commettere azioni irreparabili, invitandoci, nel contempo, a riflettere sul significato della parola
giustizia. Vexata quaestio che ha fatto versare fiumi
d'inchiostro fin dai tempi più antichi.
Già best seller in patria, il romanzo di questo penalista-star (nipote di Baldur, il leader nazista, coinvolto nel processo di
Norimberga) sta avendo anche da noi un meritato e clamoroso successo,
presentato al Festival romano “Libri come” da Giancarlo
De Cataldo.
Alcuni critici lo hanno
paragonato a Friedrich Durremmatt, il drammaturgo
svizzero – autore di Giustizia – morto nel 1990, ma a noi sembra che il maggior
complimento che si possa rivolgergli sia quello di ritenerlo maestro di se
stesso.
Grazia Giordani
www.graziagiordani.it