Philip Roth e Lo scrittore fantasma
di
Iannozzi Giuseppe aka King Lear
Philip
Roth è nato
a Newark (New
Jersey) nel 1933. Il romanzo che l'ha fatto conoscere al
grande pubblico è stato Lamento di Portnoy. Grazie alla sua penna magistrale, P.
Roth si è aggiudicato nel corso degli anni i più importanti e prestigiosi premi letterari americani: il National Book Critics
Award nel 1991 per Patrimony; Il
PEN/Faulkner Award nel 1993 per Operazione
Shylock; il National Book
Award nel 1995 per Il Teatro
di Sabbath; il Pulitzer nel 1998 per Pastorale americana, prima parte di
un'ideale trilogia sull'America del dopoguerra, proseguita con Ho sposato un comunista e conclusa con La macchia umana. Molti dei suoi lavori
sono disponibili nel catalogo Einaudi nella collana tascabili.
«Vivo da solo, non c'è nessuno di cui io sia responsabile, a cui debba rispondere di quello che faccio o con cui debba
passare il tempo. Decido io i miei orari. Di solito scrivo tutto il giorno, ma
se voglio tornare nel mio studio la sera, dopo cena, posso farlo: non sono
costretto a star seduto in salotto perché qualcun altro ha passato la giornata
da solo. Non devo star seduto a far conversazione cercando di essere brillante.
Se mi sveglio alle due di notte e mi viene in mente un'idea, accendo la luce e
scrivo in camera da letto. Lavoro, sono sempre
reperibile. Sono come un dottore di un reparto di medicina d'urgenza. E sono
anche il caso urgente». (Philip Roth, una dichiarazione rilasciata al
New Yorker l'8 maggio 2000).
The ghost writer è un romanzo che mescola realtà e finzione, dove
quest'ultima è talmente perfetta che finisce col confondersi con la realtà: è
difficile, se non impossibile, stabilire dove realtà e finzione abbiano inizio
e fine, par quasi di trovarsi di fronte ad una “realtà nuova”, forse più reale
di quella quotidiana.
Lo stile narrativo di Philip Roth è sempre lucido, mai sconveniente o
arzigogolato; le sue storie prendono spunto dalla quotidianità e si evolvono in
una quotidianità alternativa, ma non per questo meno
credibile. Anzi!
Un alto esempio di come P. Roth sia
capace di manipolare la realtà è rappresentato dal romanzo, The ghost
writer. La vita di uno stimato
scrittore è sconvolta dall'arrivo di un ammiratore che, quasi per caso, scopre
il più grande segreto della letteratura moderna. In una casa isolata sulle
colline innevate del New England, lo stimato
scrittore, Lonoff, e il suo giovane ammiratore, Zuckerman, discutono insieme di letteratura: ma tra di loro
c'è la presenza misteriosa di una ragazza, una ragazza che il pubblico crede
morta nell'Olocausto. Una sera di dicembre del 1956, sulla soglia di casa di Emanuel Isidore Lonoff appare un giovane scrittore di belle speranze,
Nathan Zuckerman; Lonoff
vive in quasi totale reclusione sulle colline del New
England leggendo e scrivendo e guarda anche fioccare la neve insieme alla
moglie Hope e ad una misteriosa ragazza, Amy
Bellette. Lonoff ospita Zuckerman,
ma la presenza di Amy incuriosisce quest'ultimo: chi è in realtà la rediviva
dell'Olocausto? Zuckerman cerca indarno di far
quadrare la vita apparentemente monacale di Lonoff,
la propria turbolenza, l'ebraismo, i problemi con la propria famiglia, e
l'ipotesi suggestiva che Anna Frank, autrice del
Diario più famoso del mondo, non sia morta in un campo di concentramento
durante la guerra. Ma Amy è davvero la Frank più
famosa del mondo e creduta morta? E se sì, perché è l'amante di Lonoff? O è solo apparenza?
Lo scrittore fantasma è stato pubblicato per la prima volta nel 1979: è ormai un
classico, il primo tassello di un ciclo che ne comprende altri sette, tra cui
val la pena di ricordare i recenti Pastorale americana e La
macchia umana.
Con i suoi romanzi, Philip
Roth ha tratteggiato il panorama americano con tutte le sue
contraddizioni sociali e artistiche mettendone in evidenza
i “fantasmi nascosti” (o invisibili).
Il personaggio di Zuckerman, ventitreenne invaso dal
fuoco sacro per la scrittura, non incontra in Lonoff
soltanto una figura idealmente paterna, un modello a cui
poter far riferimento per costruire la propria immagine, ma anche, e
soprattutto, un Lonoff che è il “fantasma dello
scrittore”, quel fantasma che finirà con il contaminare la coscienza stessa di Zuckerman. Un grande romanzo che investiga con magistralità
nelle ragioni e nelle cause che fanno di uno scrittore un artista (o un
fantasma), ma anche nell'ebraismo e nei problemi ad
esso correlati.
Lo scrittore fantasma include
una certa spregiudicatezza umana, quella di Faulkner e di Hemingway: è opera
fondamentale per comprendere l'arte, la fiction e più in generale per tentare
di vedere con chiarezza dentro noi stessi, dentro un “Io” che spesse volte è solo il fantasma del nostra reale identità.
Tuttavia non è detto che “Noi” si abbia un Io! Lo scrittore fantasma è forse la negazione dell'Io? In un certo senso, sì. Ma è
anche molto di più. Molto di più.
Lo scrittore fantasma – Philip Roth –
Traduzione di Vincenzo Mantovani – Einaudi – Collana: Einaudi tascabili – pp.
146 – € 9,50
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