Massimo Gramellini
Fai bei sogni
Longanesi 2012
Un
giornalista
può essere anche uno scrittore, come
lo è Gramellini
o come lo dimostra in questo romanzo Fai bei sogni. Nelle intenzioni dell'autore
avrebbe dovuto scrivere un saggio su come uscire dall'abulia e
dalla
rassegnazione
con cui le persone sembrano affrontare
questo momento storico e per corroborare
la tesi aveva pensato
di far precedere il saggio da
una pagina autobiografica in
cui avrebbe raccontato la
rimozione della morte della madre
(morta quando
lui aveva
9 anni). Ma la pagina prende la
forma di una
narrazione
vera
e propria intessuta di fatti
realmente accaduti. Dopo la presentazione
di questo libro da parte
di Gramellini
nella trasmissione
di Fabio Fazio,
come una grancassa di
risonanza
le vendite sono salite vertiginosamente, decretando
un successo clamoroso.
Fuori
da ogni schema
retorico, perché il dolore espresso è autentico,
la storia
rapisce dall'inizio
e non abbandona il lettore fino all'ultima pagina, la
commozione non la
si può trattenere e
inumidisce gli occhi, nonostante. La madre,
evocata,
ricordata
e mai dimenticata, perché morta,
è una presenza
costante nella
vita di Gramellini bambino
e poi adulto, la verità sulla
sua morte è misconosciuta, ma
come sottesa nel
suo cuore. Con parole pacate colme di profonda
sofferenza la
madre Giuseppina, rivive nella
mente, nell'animo di Massimo, durante
il suo percorso esistenziale, privato
di lei e della vita stessa.
Straziante
la sua
preghiera imperativa
rivolta al
Signore di rimandargli giù la
madre e subito o far venire su lui, quando
apprende che la
madre non è uscita a fare
le commissioni, come gli dicevano,
ma era
volata
in cielo per proteggerlo meglio. Nella
sua mente di bimbo vive la perdita
come una forma
di disamore della madre
nei suoi confronti, per il fatto
che non tornasse e l'avesse abbandonato solo alla deriva
trascinando
detriti di ricordi come il suo abbraccio o l'ultima
volta ch'erano
stati insieme…o quando gli augurava la buona
notte : Fai
bei sogni. Tutto il libro è una
dolente poesia verso la madre e per la madre,
ora in un crescendo di sentimenti tra i più devastanti ora
tra i più contraddittori. Se la
mamma
non fosse morta, oggi l'amerebbe sì, la rispetterebbe, ma
la sua
presenza sarebbe
come un dato acquisito
senza la
meraviglia
o la suprema
dolcezza di avere
una madre
vicino, è la perdita che suscita
rimpianti per quello che non si è fatto e si poteva
e doveva fare.
Per Gramellini
il dramma
assume sfaccettature più complesse perché non sa o non vuol sapere
la realtà
che si cela dietro quella
morte, come poi saprà: un
complotto compatto di parenti e conoscenti gli aveva costruito un muro di silenzi e di menzogne su
quell'evento. Solo dopo quarant'anni
conoscerà la verità: sconcertante, ma
nello stesso tempo sapeva da sempre com'era
morta, ma
aveva
deciso da subito di non volerlo sapere. L'intuizione ci rivela
di continuo chi siamo. Ma restiamo insensibili alla voce degli dei, coprendola
con il frastuono delle emozioni.
Preferiamo ignorarla,
la verità. Per non soffrire. Per non
guarire. Perché altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di
essere. Completamente vivi.
Il
libro colpisce al cuore del lettore
perché non ci sono fingimenti
letterari né arguzie
stilistiche pretestuose, è l'animo
del protagonista che irrompe nelle pagine
e si apre con candore come se tornasse
bambino e rivivesse con la stessa
forza originaria sentimenti mai
sopiti.
È raro di questi tempi, O tempora O mores, mostrare
emozioni vere senza l'inibizione di
essere se stessi: ecco l'essere, senza
armature
di difesa, e non la rappresentazione di sé come vediamo
in ogni ambito della vita odierna.
Massimo Gramellini nasce a
Torino nel 1960, è giornalista e scrittore. Scrive sul quotidiano La Stampa di cui è uno dei vicedirettori. È ospite fisso
della trasmissione
di Raitre Che tempo fa. Con Longanesi ha
pubblicato i saggi
Ci salveranno gli ingenui ( 2007),
Cuori allo
specchio ( 2008) e il romanzo L'ultima
righe delle favole ( 2010).
Arcangela Cammalleri