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  Canti celtici  »  La recensione di Katia Ciarrocchi 08/05/2008
 

Canti celtici

di Renzo Montagnoli

Prefazione di Patrizia Garofalo

Immagine di copertina e fotografie

all'interno di Renzo Montagnoli

Elaborazione Grafica di Elena Migliorini

Edizioni Il Foglio

http://www.ilfoglioletterario.it/

ilfoglio@infol.it

Collana Autori Contemporanei Poesia

Diretta da Fabrizio Manini

Poesia – poema

Pagg. 90

ISBN: 978-88-7606-162-2

Prezzo: € 10,00

 

 

Ci è stato insegnato che la Poesia nasce dalla fusione di significante e significato, di forma e contenuto, si può dire riuscita quando esiste una perfetta corrispondenza tra questi due elementi. Per quanto mi riguarda, oltre all'insegnamento avuto, “Poesia” è emozione che vibra nell'anima pizzicandone tutte le corde possibili e impossibili.
Qualcuno alla fine del Settecento, scrisse che la poesia era un sogno fatto alla presenza della ragione; forse sarebbe più esatto dire invece che la poesia è un ragionamento fatto alla presenza di un sogno. L'autore in “Canti Celtici” tocca argomenti molto profondi, di dolore, di descrizione, di esortazione, di memoria, di sapere, di sapienza, sotto uno sguardo che tutta tramuta, tutto apparentemente lasciando intatto come accade appunto nei sogni.
Renzo Montagnoli in “Canti Celtici” riesce a esprimere tutto ciò, avvolto nel tepore della notte ove, i sogni sono i custodi del silenzio ovattato che si libera in un'atmosfera irrazionale dell'immaginazione come possibilità di vita.
Tutto il possibile, tutto ciò che è racchiuso nell'inconscio più profondo, sfuma con le prime luci del giorno: Ma tutto sfuma, tutto cessa, nella luce/ che ravvia il giorno e che spegne la notte./.
Intimo è l'attaccamento alla natura e alla solitaria terra dell'autore, che accompagnerà tutta la silologia.
I paesaggi sono descritti con maestria e accompagnati dal ritmo incessante delle parole che danzano una appresso all'altra senza cadere mai di tono. Un ritmo incalzante che cavalca le “ali del ricordo“.
Montagnoli così capace di frugare nei più profondi mari dell'intimo gettando la sua ancora nei ricordi, nella memoria, quella stessa “memoria” che per ogni essere umano è la capacità di conservare (ricordare) le precedenti esperienze. È la “memoria” che permette la continuità della vita interiore, facendo sopravvivere il passato: senza memoria avremmo solo la percezione del presente. Non solo un esercizio ma anche una condizione generale di tutta la struttura psichica dell'essere umano. Siamo ciò che siamo grazie a chi siamo stati ed è struggente la malinconia dell'autore in “I segni del tempo“: Corre l'uomo senza avvedersi del presente/dimentico del passato,/orfano del futuro./ Dove “immote pietre” rimangono a testimoniare ciò che sono state le origini, “pietre” che hanno assistito all'avvicendamento di popolazioni nella loro storia: …e invece ora/sono solo inerti sassi/che un giorno qualcuno getterà/. E ancora lacerante è il ricordo di un dolore, la memoria di ciò che è stato e che ora: solo silenzio, nel buio assoluto,/nel tempo ormai finito/. Dove gli occhi si vestono di lacrime e il cuore spezzato ascolta … il vento che porta le voci,/ sommessi mormorii,/ quasi salti di ruscelli,/una nenia lontana/che invoca un ricordo,/che non placa la sete di gole/serrate dalla polvere del tempo/.
Nel corso dei secoli si è sempre mantenuto un fragile equilibrio, è la vita che si ripete nello spazio con forma similare, nonostante l'incedere del tempo, nella mente umana rimangono gli stessi interrogativi ai quali non vi sarà mai risposta.
Vita ignota nel vecchio stagno, / piccoli esseri nati all'alba / e già scomparsi al tramonto. / Un brusio, quasi un sussurro / che incanta l'orecchi, / che fa prendere il volo alla mente. / Tanti secoli fa la stessa scena, / occhi che scrutano la superficie, / increspata dalla brezza della sera. / Un uomo a fantasticare, / a sognare un futuro che non vedrà. / Come sarà, / si chiede,/ fra mille anni? / Una domanda senza risposta,/ ma che la fantasia dona di reale irrealtà. / Come sarà,/ mi chiedo,/ fra mille anni?7 Rivedo lo stagno,/ occhi come i miei/ che scrutano l'acqua/ e che si pongono la stessa domanda. / Il tempo passa, /tutto cambia,/ ma quell'interrogazione resta,/ sempre.
La delicatezza nel far vibrare le corde dell'anima dell'autore è notevole, i versi sono “Squarci di luce nel buio della notte“, l'arte del poetare penetra nel profondo, riemergendo poi negli occhi del lettore come gabbiani che spiccano il volo per altri lidi, i lidi di ciò che sarà domani.  La memoria di chi fu /traccia le strade del futuro/”.
Un libro da leggere per comprendere appieno l'emozione che dona.

                                      Katia Ciarrocchi

 

 
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