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  Bell'Italia  »  Le colline risorgimentali: San Martino, di Renzo Montagnoli 27/03/2017
 

Le colline risorgimentali: San Martino

di Renzo Montagnoli



Nel precedente articolo su Solferino (vedasi qui) avevo già accennato, parlando della battaglia del 24 giugno 1859 fra le forze francesi a noi alleate e quelle austriache, di un altro epico scontro, avvenuto lo stesso giorno, poco più a Nord, fra le truppe piemontesi e quelle asburgiche. Sono dell’idea che sia opportuno parlarne, perché, senza che si possa considerare una nostra vittoria, non fu nemmeno una sconfitta e non è cosa da poco, visto che nelle guerre risorgimentali le batoste che dovemmo subire non furono certo poche. Comunque il teatro della battaglia, sito fra le colline moreniche del Garda, presentava e presenta caratteristiche sue proprie; infatti ( è forse eccessivo considerarlo tale, ma comunque è sostanzialmente così) il terreno è caratterizzato da una sorta di altopiano, di poco sovrastato da rilievi collinari, e fra questi appunto quello di San Martino. Fatte le debite proporzioni, può richiamare un po’ l’altopiano della Bainsizza, teatro di sanguinosi scontri durante la Grande Guerra. Non fu una battaglia, come del resto quella di Solferino, preparata a tavolino, perché una serie di incredibili circostanze fece sì che le parti si scontrassero senza un piano preciso. Dopo la rovinosa battaglia di Magenta, che aveva consentito ai franco-piemontesi di liberare Milano, l’allora ventinovenne imperatore Francesco Giuseppe aveva ritenuto di sollevare dall’incarico di comandante in capo il farraginoso e prudente Maresciallo Giulay, assumendo direttamente di fatto l’incarico, nonostante fosse stato attribuito ufficialmente al conte Schilk di Bassano. Questa decisione non fu frutto di un compromesso, ma serviva a salvare la faccia dell’imperatore in caso di sconfitta. Intanto, lentamente, dopo Magenta l’esercito austriaco andava ritirandosi verso le sicure fortezze del Quadrilatero, ma giunse improvvisa e del tutto inattesa la notizia che era imminente lo sbarco sulle coste dell’Adriatico settentrionale di un forte contingente francese. Francesco Giuseppe, al fine di non essere preso contemporaneamente fra due fuochi, fermò la ritirata delle sue truppe e le fece riattraversare il fiume Mincio fra il 22 e il 23 giugno con il chiaro proposito di attaccare e battere il nemico che si avvicinava da ovest, prima che il ventilato sbarco potesse avvenire. La logica è ineccepibile: sconfiggere chi si ha davanti e poi volgersi contro che è in procinto di colpire alle spalle. Inoltre una vittoria, anche non decisiva, contro il grosso dei franco-piemontesi avrebbe potuto mettere in ridiscussione il piano dello sbarco. L’esercito austriaco, diviso in due armate, attraversò appunto il Mincio con l’intento di utilizzarne una per impegnare l’avanzante nemico e l’altra per aggirarlo, al fine di chiuderlo in una morsa mortale.

Quello che è strano è che entrambi gli opposti schieramenti, a poca distanza l’uno dall’altro, risultavano in marcia, tanto che gli esploratori francesi ritennero di avere avvistato la retroguardia nemica, mentre quelli austriaci di aver individuato l’avanguardia dei franco-piemontesi. Si trattava, invece, del grosso di entrambi i contendenti.

Per Solferino ho già scritto, resta quindi San Martino. Le truppe piemontesi stavano di poco più a nord, a sinistra dello schieramento francese, e, avanzando, trovarono, con stupore, gli austriaci arroccati sulla collina di San Martino. Le forze in campo erano costituite da 22.000 uomini per i piemontesi e 20.000 per gli austriaci, entrambe dotate di adeguati pezzi di artiglieria, ma le seconde avevano il vantaggio di stare in alto.

Quindi, attaccare la collina, ovviamente alla baionetta, presupponeva un elevato tributo di sangue, anche se il piano tattico fosse stato preparato con la massima cura; ma questo piano non esisteva, così che gli uomini vennero mandati all’assalto senza un preciso coordinamento e con risultati quindi ovviamente non brillanti, tanto che, nonostante una disperata carica della cavalleria piemontese, guidata personalmente da Vittorio Emanuele II, non si riuscì a mettere piede sul colle e fu solo possibile quando il comandante austriaco Benedek, sconvolto per la notizia giuntagli della sconfitta di Solferino, diede ordine alle sue truppe di abbandonare la posizione e di ritirarsi oltre il Mincio.

Strategicamente la battaglia non portò a conseguenze di rilievo, nel senso che gli austriaci, pur ritirandosi, non ne uscirono battuti e che i piemontesi, pur conquistando San Martino, non avevano sferrato un colpo decisivo all’avversario. Considerate le forze in campo le perdite, come del resto a Solferino, furono consistenti, soprattutto per i piemontesi, che fra morti, feriti e dispersi ammontarono a circa 5.500 uomini (per gli austriaci circa 3.000 in meno).

A ricordo di questo epico scontro, di cui i piemontesi, al pari degli austriaci, si attribuirono la vittoria, l’ancor giovane stato italiano fece erigere nel 1880 una torre monumentale, alta 74 metri, in memoria di Vittorio Emanuele II e di tutti coloro che avevano combattuto per l’indipendenza e l’unità del nostro paese.

Sull’omonimo colle si erge quindi questa torre e sempre nei pressi troviamo un ossario monumentale, che raccoglie i resti di 2.619 soldati che parteciparono alla battaglia; inoltre, poco più in là, costruito nel 1939 sorge il Museo del Risorgimento di Solferino e di San Martino, con importanti cimeli e documenti inerenti lo scontro.

Ovviamente questi tre monumenti sono visitabili: l’ingresso alla Cappella Ossario è gratuito, mentre per accedere alla Torre e al Museo il biglietto cumulativo costa 5 euro.

Le visite possono essere effettuate secondo il seguente calendario:

- dal 17 Marzo al 15 Ottobre: tutti i giorni 9 - 12.30 / 14.30 - 19, continuato 9 - 19 domeniche e festivi.

- dal 16 Ottobre al 16 Marzo: da martedì a domenica 9 - 12.30 / 14 – 17.30

Arrivare San Martino, come del resto a Solferino, è facile, grazie alla vicina Autostrada Brescia – Padova, con uscita a Desenzano. Problemi per dormire non esistono, vista l’immediata vicinanza del lago di Garda con le sue strutture recettive assai numerose e anche per mangiare e bere non si può chiedere di meglio, considerati i numerosi ristoranti e agriturismi della zona, famosi sia per i loro piatti che per gli eccellenti vini dei colli morenici.


Fonti:

- Società Solferino e San Martino (www.solferinoesanmartino.it);

- Wikipedia.



Nota: La foto a corredo dell’articolo (la Torre e il Museo) è stata reperita sul sito della Società Solferino e San Martino.




 
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