Le
colline risorgimentali: San Martino
di
Renzo Montagnoli
Nel
precedente articolo su Solferino (vedasi qui)
avevo già accennato, parlando della battaglia del 24 giugno
1859 fra le forze francesi a noi alleate e quelle austriache, di un
altro epico scontro, avvenuto lo stesso giorno, poco più a
Nord, fra le truppe piemontesi e quelle asburgiche. Sono dell’idea
che sia opportuno parlarne, perché, senza che si possa
considerare una nostra vittoria, non fu nemmeno una sconfitta e non è
cosa da poco, visto che nelle guerre risorgimentali le batoste che
dovemmo subire non furono certo poche. Comunque il teatro della
battaglia, sito fra le colline moreniche del Garda, presentava e
presenta caratteristiche sue proprie; infatti ( è forse
eccessivo considerarlo tale, ma comunque è sostanzialmente
così)
il terreno è caratterizzato da una sorta di altopiano, di poco
sovrastato da rilievi collinari, e fra questi appunto quello di San
Martino. Fatte le debite proporzioni, può richiamare un po’
l’altopiano della Bainsizza, teatro di sanguinosi scontri
durante la Grande Guerra. Non fu una battaglia, come del resto
quella di Solferino, preparata a tavolino, perché una serie di
incredibili circostanze fece sì che le parti si scontrassero
senza
un piano preciso. Dopo la rovinosa battaglia di Magenta, che aveva
consentito ai franco-piemontesi di liberare Milano, l’allora
ventinovenne imperatore Francesco Giuseppe aveva ritenuto di
sollevare
dall’incarico di comandante in capo il farraginoso
e prudente Maresciallo Giulay, assumendo direttamente di fatto
l’incarico, nonostante fosse stato attribuito ufficialmente al
conte Schilk di Bassano. Questa decisione non fu frutto di un
compromesso, ma serviva a salvare la faccia dell’imperatore in
caso di sconfitta. Intanto, lentamente, dopo Magenta l’esercito
austriaco andava ritirandosi verso le sicure fortezze del
Quadrilatero, ma giunse improvvisa e del tutto inattesa la notizia
che era imminente lo sbarco sulle coste dell’Adriatico
settentrionale di un forte contingente francese. Francesco Giuseppe,
al fine di
non essere preso contemporaneamente fra due fuochi, fermò la
ritirata delle
sue truppe e
le
fece
riattraversare il fiume Mincio fra il 22 e il 23 giugno con il chiaro
proposito di attaccare e battere il nemico che si avvicinava da
ovest, prima che il ventilato sbarco potesse avvenire. La logica è
ineccepibile: sconfiggere chi si ha davanti e poi volgersi contro che
è in procinto di colpire alle spalle. Inoltre una vittoria,
anche non decisiva, contro il grosso dei franco-piemontesi avrebbe
potuto mettere in ridiscussione il piano dello sbarco. L’esercito
austriaco, diviso in due armate, attraversò appunto il Mincio
con l’intento di utilizzarne una per impegnare l’avanzante
nemico e l’altra per aggirarlo, al fine di chiuderlo in una
morsa mortale.
Quello
che è strano è che entrambi gli opposti schieramenti, a
poca distanza l’uno dall’altro, risultavano in marcia,
tanto che gli esploratori francesi ritennero di avere avvistato la
retroguardia nemica, mentre quelli austriaci di aver individuato
l’avanguardia dei franco-piemontesi. Si trattava, invece, del
grosso di entrambi i contendenti.
Per
Solferino ho già scritto, resta quindi San Martino. Le truppe
piemontesi stavano di poco più a nord, a sinistra dello
schieramento francese, e, avanzando, trovarono, con stupore, gli
austriaci arroccati sulla collina di San Martino. Le forze in campo
erano costituite da 22.000 uomini per i piemontesi e 20.000 per gli
austriaci, entrambe dotate di adeguati pezzi di artiglieria, ma le
seconde avevano il vantaggio di stare in alto.
Quindi,
attaccare la collina, ovviamente alla baionetta, presupponeva un
elevato tributo di sangue, anche se il piano tattico fosse stato
preparato con la massima cura; ma questo piano non esisteva, così
che gli uomini vennero mandati all’assalto senza un preciso
coordinamento e con risultati quindi ovviamente non brillanti, tanto
che, nonostante una disperata carica della cavalleria piemontese,
guidata personalmente da Vittorio Emanuele II, non si riuscì a
mettere piede sul colle e fu solo possibile quando il comandante
austriaco Benedek, sconvolto per la notizia giuntagli della sconfitta
di Solferino, diede ordine alle sue truppe di abbandonare la
posizione e di ritirarsi oltre il Mincio.
Strategicamente
la battaglia non portò a conseguenze di rilievo, nel senso che
gli austriaci, pur ritirandosi, non ne uscirono battuti e che i
piemontesi, pur conquistando San Martino, non avevano sferrato un
colpo decisivo all’avversario. Considerate le forze in campo le
perdite, come del resto a Solferino, furono consistenti, soprattutto
per i piemontesi, che fra morti, feriti e dispersi ammontarono a
circa 5.500 uomini (per gli austriaci circa 3.000 in meno).
A
ricordo di questo epico scontro, di cui i piemontesi, al pari degli
austriaci, si attribuirono la vittoria, l’ancor giovane stato
italiano fece erigere nel 1880 una torre monumentale, alta 74 metri,
in memoria di Vittorio Emanuele II e di tutti coloro che avevano
combattuto per l’indipendenza e l’unità del nostro
paese.
Sull’omonimo
colle si erge quindi questa torre e sempre nei pressi troviamo un
ossario monumentale, che raccoglie i resti di 2.619 soldati che
parteciparono alla battaglia; inoltre, poco più in là,
costruito nel 1939 sorge il Museo del Risorgimento di Solferino e di
San Martino, con importanti cimeli e documenti inerenti lo scontro.
Ovviamente
questi tre monumenti sono visitabili: l’ingresso alla Cappella
Ossario è gratuito, mentre per accedere alla Torre e al Museo
il biglietto cumulativo costa 5 euro.
Le
visite possono essere effettuate secondo il seguente calendario:
-
dal
17 Marzo al 15 Ottobre: tutti i giorni 9
- 12.30 / 14.30 - 19,
continuato 9
- 19 domeniche
e festivi.
-
dal 16 Ottobre al 16 Marzo: da martedì a domenica 9
- 12.30 / 14 – 17.30
Arrivare
San Martino, come del resto a Solferino, è facile, grazie alla
vicina Autostrada Brescia – Padova, con uscita a Desenzano.
Problemi per dormire non esistono, vista l’immediata vicinanza
del lago di Garda con le sue strutture recettive assai numerose e
anche per mangiare e bere non si può chiedere di meglio,
considerati i numerosi ristoranti e agriturismi della zona, famosi
sia per i loro piatti che per gli eccellenti vini dei colli morenici.
Fonti:
-
Società Solferino e San Martino (www.solferinoesanmartino.it);
-
Wikipedia.
Nota:
La foto a corredo dell’articolo (la Torre e il Museo) è
stata reperita sul sito della Società Solferino e San Martino.
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