Il
Vittoriano
di
Renzo Montagnoli
A
Roma di certo non mancano i monumenti, ma ce n’è uno,
edificato poco più di un secolo fa, che tutti conoscono, anche
quelli che non sono mai stati nella capitale. Il motivo è che
sovente appare in cerimonie pubbliche, con capi di stato in visita in
Italia che immancabilmente vanno a depositarvi una corona di alloro
con cui intendono rendere omaggio al milite ignoto. Lì infatti
c’è l’altare della patria, una destinazione
successiva all’edificazione che si era preposta invece di
onorare il re che portò all’unità d’Italia:
Vittorio Emanuele II. Questo imponente complesso architettonico, che
richiama tanto certi templi greci, si chiama infatti, e non a caso,
il Vittoriano. Opera dell’architetto Giuseppe Sacconi,
vincitore del concorso bandito nel 1882, fu pensato inizialmente come
un monumento dinastico ed è invece merito del suo progettista
se gli si volle dare una rappresentazione di carattere allegorico
dello Stato italiano da poco nato. Ecco, pertanto, il motivo di certe
raffigurazioni simboliche, come per esempio i gruppi scultorei del
Pensiero o della Forza; quindi ci si prefiggeva di pervenire a un
forte impatto nazionale, di modo che non fosse solo un omaggio a
Vittorio Emanuele II, ma rappresentasse, simbolicamente, l’unione
di tutti gli italiani. Come si vedrà però più
avanti nell’articolo mai ci fu un monumento “tuttofare”
come questo e io aggiungo che queste molteplici destinazioni sono
state in un certo senso il motivo per cui ancora è conservato
e quasi venerato dagli italiani.
Opera
imponente, che richiese numerosi espropri e lavori di consolidamento
del sottosuolo, non previsti questi, e che fecero lievitare i costi a
livelli stratosferici (circa tre volte la somma preventivata),
realizzata tutta, anziché in travertino, in marmo botticino,
noto per il suo bianco quasi abbagliante, richiese non pochi anni di
lavoro, tanto che l’inaugurazione ufficiale avvenne il 4 giugno
1911, con una solenne cerimonia in cui l’officiante principale
fu Vittorio Emanuele III, quel re sciaboletta tanto diverso
dal nonno e che si renderà protagonista poi dell’armistizio
dell’8 settembre 1943 con cui riuscì nella difficile
impresa di tradire tutti, e cioè i tedeschi, gli italiani e la
sua stessa dinastia.
Da
notare che si affaccia su piazza Venezia dove sorge l’omonimo
palazzo, così caro a Benito Mussolini, perché da lì
si offriva alla massa popolare sottostante con i suoi famosi
proclami, fra i quali quello della nascita dell’impero e
soprattutto quello della dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940.
Il
monumento si presentava indubbiamente bene per gli scopi per cui era
sorto, ma non è che gli italiani nutrissero particolare
affetto verso Vittorio Emanuele II o che vedessero in tutto quel
marmo da santuario ellenico la casa comune, perché allora,
come del resto oggi, il popolo appariva ancora ben lungi da acquisire
una comune effettiva identità, e questo nonostante un
intervento notevole ben successivo alla sua inaugurazione. Infatti,
finita la Grande Guerra, così sanguinosa anche per noi, si
ritenne doveroso tributare un solenne omaggio al milite ignoto, un
truibuto che era da intendersi in questo modo estensibile a tutti i
caduti e fu così che nel 1921 venne tumulato il cadavere di un
militare sconosciuto in quello che ormai da tempo veniva chiamato,
anche dalle stesse autorità monarchiche, come l’Altare
della patria.
La
cerimonia, come quella della scelta della salma e del suo trasporto
fino a Roma, fu una di quelle che non si dimenticano facilmente,
perché complice il ricordo palpitante della guerra da poco
conclusa, e un’abile regia che mirava ad ottenere, e la
ottenne, più che il generale consenso, la partecipazione
emotiva di tutti gli italiani, riuscì a concretizzare una
corale commozione, una di quelle rare volte che ci sentimmo di essere
lo stesso popolo. Il tutto avvenne, non a caso, vista la ricorrenza,
il 4 novembre 1921. Successivamente si decise molto opportunamente di
abbellire il monumento e vista la disponibilità dei propilei
esterni, sugli stessi fra il 1924 e il 1927 vennero poste le famose
quadrighe dell’Unità e della Libertà. Dopo
queste date non ci furono interventi particolari e il Vittoriano
divenne una meta apprezzata dai turisti non solo italiani. Tuttavia,
nel 1969 un attentato, con l’esplosione di due bombe, in
concomitanza con la strage di piazza Fontana a Milano, una davanti
alla tomba del Milite ignoto, l’altra vicino all’ingresso
del Museo del Risorgimento, ospitato appunto nel Vittoriano, rese
necessaria la chiusura a scopi precauzionali, chiusura che rimase
fino al 1997.
Attualmente
il monumento ospita anche importanti mostre temporanee, come quella
dedicata a Monet, inaugurata il 19 ottobre del corrente anno e che
resterà aperta fino all’11 febbraio 2018.
Gli
orari di visita sono i seguenti:
Dal
lunedì al giovedì 9.30
- 19.30
Venerdì
e sabato 9.30
- 22.00
Domenica 9.30
- 20.30
(La
biglietteria chiude un'ora prima)
Via
di San Pietro in Carcere,
00186 Roma
T
+39 06 678 0664
Per
info e prenotazioni +
39 06 87 15 111
Aperture
straordinarie
(la
biglietteria chiude un'ora prima)
Mercoledì
1 novembre 9.30
- 20.30
Venerdì
8 dicembre 9.30
- 22.00
Domenica
24 dicembre 9.30
- 15.30
Lunedì
25 dicembre 15.30
- 20.30
Martedì
26 dicembre 9.30
- 20.30
Domenica
31 dicembre 9.30
- 15.30
Lunedì
1 gennaio 15.30
- 20.30
Sabato
6 gennaio 9.30
- 22.00
I
prezzi dei biglietti sono in dipendenza delle mostre temporaneamente
ospitate.
|