Il
Cadore
di
Renzo Montagnoli
Solo
a udire questo nome provo un brivido, perché il Cadore mi
ricorda, oltre a panorami stupendi, tante sanguinose battaglie della
Grande Guerra, combattute in posti impensabili, ancor oggi di non
facile accesso, sovente in alta quota, là dove solo le aquile
sembrerebbero poter osare. E poi in Cadore, dal monte Peralba, nasce
il Piave, ultima, ma trionfale difesa dopo la rotta di Caporetto.
E’
con vero piacere, pertanto, che, cercando fra i miei ricordi, intendo
parlare di questa regione storico-geografica situata nell’alta
provincia di Belluno. Caratterizzata dalla presenza delle Dolomiti
orientali confina a Nord con l’Austria, con il Trentino –
Alto Adige a Ovest, a Est con le province di Pordenone e di Udine, a
Sud con con la restante provincia di Belluno. Il toponimo sembrerebbe
di origine celtica e deriverebbe da catu (battaglia) e brigum
(roccaforte). Si tratta di un territorio prevalentemente montagnoso
che ricomprende diversi gruppi montuosi e cioè le intere
Dolomiti Cadorine, parte dei Gruppi del Sorapiss, del Cristallo, del
Nuvolau, della Croda da Lago, il Pelmo e parte del Gruppo del
Bosconero, la parte a sud delle Dolomiti di Sesto, la parte
occidentale delle Dolomiti Friulane, una porzione della Catena
Carnica Principale. Si tratta di formazioni che danno luogo a
paesaggi semplicemente meravigliosi, con una vista d’insieme
dall’alto che lascia chi guarda senza fiato. Se le cime
incantano, non da meno sono i corsi d’acqua, principalmente il
Piave con i suoi affluenti, e i numerosi laghi e laghetti, fra i
quali il laghi di Misurina, d’Antorno e di Auronzo, in parte di
origine naturale, in parte nati con sbarramenti costruiti per la
produzione di energia idroelettrica.
Il
Cadore ovviamente ha una sua storia e già in epoca preistorica
risultava abitato, come testimoniato dal ritrovamento dell’Uomo
di Mondeval in una sepoltura neolitica risalente a oltre 8 mila anni
fa, nell’omonima località fra Selva e San Vito di
Cadore. Poi, trattandosi di una zona di transito fra il nord e il
sud, e quindi soggetta ai flussi migratori di molte popolazioni, si
verificarono diversi avvicendamenti, fra cui quello dei romani e
questo già dal 184 a.C.; dopo la caduta, nel 476, dell’impero
romano vi si stabilirono diverse popolazioni in epoche diverse, fra
cui gli Eruli, i Bizantini, i Longobardi, fino a quando entrò
a far parte della struttura del Sacro Romano Impero, in forza della
quale nel 1077 l’imperatore Enrico IV, creato lo stato
patriarcale di Aquileia, sottopose alla sua giurisdizione ampie zone
del Veneto, fra le quali il Cadore. Successivamente fu soggetto ai
vassalli nominati dal Patriarca di Aquileia e questo fino al 1420,
anno in cui la Repubblica Serenissima pose fine al potere temporale
dei patriarchi, così che il Cadore divenne parte integrante
della Repubblica di Venezia, ottenendo tuttavia un’ampia
autonomia amministrativa. Già nel XVI secolo tuttavia fu
oggetto di invasioni da parte delle truppe imperiali, prontamente
ricacciate dai soldati della Repubblica. Successivamente, per circa
tre secoli, regnò la pace, fino a quando nel 1797 arrivò
Napoleone con le sue truppe di occupazione; alla caduta
dell’imperatore francese, nel 1814 la regione cadorina passò
sotto l’Austria e solo grazie alla terza guerra d’indipendenza
entrò a pieno diritto nel Regno d’Italia. Seguì
un periodo di tranquillità, interrotto bruscamente e
tragicamente dalla prima guerra mondiale, che vide la regione teatro
di battaglie epiche, come quella del Monte Piana, o delle Tofane;
dopo Caporetto vi fu l’occupazione delle truppe austriache,
particolarmente dura. Gli italiani, vinta la guerra, si ripresero
ovviamente il Cadore, ma dietro l’angolo c’erano nuovi
anni di sofferenza, perché dopo l’8 settembre del 1943
la regione fu annessa al grande Reich tedesco, entrando a far parte,
con le province di Bolzano, Trento e Belluno dell’Alpenvorland.
Ciò nonostante divampò la guerra partigiana, con le
formazioni dei patrioti che ebbero a patire gravi perdite. Nel 1945,
con la caduta della Germania, il Cadore ritornò all’Italia.
E’
una regione i cui abitanti tengono molto alla loro identità e
alla conservazione delle tradizioni, tanto da istituire un organismo
preposto allo scopo, la Magnifica Comunità di Cadore, e in
queste tradizioni sono particolari le cosiddette Regole, che sono un
vero e proprio statuto in base al quale, per esempio, sono numerose
le proprietà collettive, nel senso che titolare del diritto
non è il singolo, bensì la comunità. Si tratta
non di case di abitazione, ma di beni che possono esseri definiti
silvo-pastorali. In questo modo il popolo cadorino vive e sopravvive
al vento del tempo teso spesso a cancellare costumi e usi che
risalgono a epoche di molto passate. Si parla l’italiano, ma il
dialetto, di uso comune, è di ceppo ladino, tutelato per
legge, con l’eccezione di Sappada, in cui il dialetto è
di origine germanica.
Il
Cadore va giustamente famoso per un’attività del tutto
peculiare: la fabbricazione delle montature per occhiali. Un tempo
rappresentava la principale fonte di ricchezza, ma poi la
delocalizzazione e la globalizzazione hanno sminuito notevolmente un
vanto industriale conosciuto in tutto il mondo, così che ora
lì si vive soprattutto di turismo.
Questa
regione così particolare è estesa su una superficie di
1.427 Kmq. ed è costituita da 22 comuni: Pieve, Auronzo, San
Vito, Borca, Vodo, Cibiana, Valle, Perarolo, Ospitale, Calalzo,
Domegge, Lozzo, Vigo, Lorenzago, Santo Stefano, San Pietro, Sappada,
San Nicolò di Comelico, Comelico Superiore, Danta, Zoppè,
Selva.
Ognuno ovviamente presenta le sue caratteristiche e attrattive, così
Pieve è la porta naturale di entrata nelle Dolomiti, ricca di
arte e storia, San Vito è ai piedi di montagne famose, come
l’Antelao, Auronzo, posto su un bellissimo lago artificiale,
nei suoi confini ospita le famose Tre cime di Lavaredo, e mi limito
solo a questi, perché ognuno meriterebbe una ben più
ampia descrizione che esula tuttavia dallo spirito dell’articolo,
volto a dare un’idea della bellezza di questa regione.
Comunque,
sia in estate che in inverno non mancano le attrattive, come lo sci
da discesa e quello da fondo, le escursioni con diversi gradi di
difficoltà e le passeggiate riservate anche a chi non vuole
impegnare il proprio fisico su percorsi attrezzati, insomma le
occasioni per svagarsi ci sono e annoiarsi è francamente
impossibile. E poi restano loro, le Dolomiti che svettano
incorniciate dai boschi, un paesaggio naturale che emoziona e
rasserena.
Arrivare
in Cadore non è difficile e gli accessi sono diversi, però
quello più noto, che porta direttamente a Pieve, una vera e
propria porta della regione, è quello che passa dalla
tristemente famosa Longarone, con la diga del Vajont che ancora
incombe a ricordo della tragedia.
L’ospitalità
è adeguata, così come la ristorazione è valida;
al riguardo rimando al seguente
link:https://www.infodolomiti.it/vivere-le-dolomiti/destinazioni-turistiche/cadore/6812-l1.html#
Fonti:
Nuovo
Cadore
Cadore
Dolomiti
Il
Veneto Cadore
Nota:
le fotografie a corredo dell’articolo sono state reperite in
diversi siti internet.
|