La signora Dalloway, di Virginia Woolf, edito da Feltrinelli e recensito da Laura Vargiu
Luce e ombra
Sembra
ci sia un sottile, accurato gioco col tempo alla base di questo
romanzo ormai quasi centenario: un intenso presente che si volta
abbondantemente al passato, seppur proteso in modo dirompente (e
inevitabile) verso il futuro. Clarissa Dalloway, al centro di una
storia che si sviluppa nel corso di un'unica lunghissima giornata, ma
anche di una vita intera, è la protagonista da cui prende il
titolo l'opera; tuttavia, attorno a lei gravitano tanti altri
personaggi, ognuno con la propria personale vicenda, che “invadono”
gran parte della scena.
Queste
pagine, ben presto, si rivelano dense di un flusso di coscienza
incessante che travolge senza tregua il lettore attraverso pensieri,
sentimenti, emozioni quasi trasmessi da una figura all'altra, mentre
la solarità e la leggerezza di Mrs. Dalloway finiscono per
contrapporsi alla tenebrosa gravità di Septimus Warren Smith,
il quale, già nel nome, dà l'impressione di trascinare
con sé gli echi mai spenti del primo conflitto mondiale che
stridono con l'ordinaria e frenetica quotidianità delle strade
londinesi. Personaggio visibilmente tormentato, egli deciderà
di porre fine alla propria esistenza schiacciata dal peso dei ricordi
degli orrori bellici, passo fatale che, nonostante la diversa
modalità, avrebbe compiuto la stessa scrittrice poco meno di
vent'anni dopo.
Purtroppo,
non sono riuscita ad apprezzare fino in fondo questo romanzo, eppure
era da tempo che desideravo leggere di nuovo qualcosa di Virginia
Woolf, di cui in passato mi erano piaciute altre due opere (“Orlando”
e “Una stanza tutta per sé”). Non me ne vogliano
gli entusiasti lettori de “La signora Dalloway”, so che
il libro in questione viene da molti considerato un capolavoro: in
generale, ho trovato la lettura pesante e fatto fatica, a momenti, a
portarla avanti; inoltre, con tutti quei ricordi e pensieri che si
affastellano il testo rischia di creare un po' di confusione.
Sicuramente, si tratta di un mio limite. Fra tutti, e più che
la protagonista femminile, chi cattura maggiormente l'attenzione è
in definitiva proprio Septimus, “quel relitto disperso ai
confini del mondo, quel reietto, che volgeva lo sguardo lontano dalle
regioni abitate, e giaceva, come un marinaio annegato, sulla riva del
mondo”: luce e ombra che procedono in parallelo, per poi
incontrarsi d'improvviso sul finire di quell'intensa giornata.
Mi
riservo, comunque, di leggere in futuro altri titoli della Woolf.
Eventuali suggerimenti sono ben accetti, grazie!
Laura Vargiu
