Baudelaire, di Gianluca Ferrari
Baudelaire
di Gianluca Ferrari
Se urlassi il nome tuo, poeta,
a me verrebbero da ogni angolo
del mondo – pifferaio di tristezza
magica – gli ultimi i reietti
dalla parola lamentosa
come pioggia; rigagnoli dell'esistenza
che cupamente scolano
per trivi squallidi, fino alle taverne
nei postriboli grevi di palpebre
bluastre sconce vie lattee.
Dove confluisce quest'alluvione
di perduti sguardi? Resta
nell'anima come gora indelebile
insieme ai lugubri rintocchi
a nebbie all'intarsiato avorio
delle lune lungo vicoli,
allo stridore plumbeo di cancelli
di tanto in tanto lenito
da remoti echi d'Oriente (guarda
le stelle brillare sulle dune
ipnotiche del buio, cumulo di datteri;
là gli occhi delle donne sono pugnali
scuri in fodero di veli variopinti!).
Sotto le arcate del Lungosenna
morde le vene il tedio e fugge
il sole, sdegnoso levriere.
Da Acquerelli gotici (edito in proprio, 2020)