Ofelia, di Daniela Raimondi
Ofelia
di Daniela Raimondi
Un regno d'acqua.
Un mare di liquido silenzio
di sale, sassi, schiuma bianca.
Cittą sommersa
di statue immobili e chiese abbandonate.
Vita che dorme fra il sangue dei coralli,
maree celesti,
deserti d'acqua senza vento o fuochi.
A volte piove e batte forte la nostalgia del mondo:
di prati di trifoglio, di resina e di terra
di muschio e di radici.
Qui resta l'orrore del silenzio,
il buio di mille stanze vuote
questo cercarti inutile fra gorghi, fra correnti
fra muri d'acqua che sciolgo tra le dita.
E adesso non so pił quello che sia peggiore:
se vivere il fragore delle cose
o quest'azzurra quiete.
Ho sepolto la mia vita
nel ventre di una piccola conchiglia.
Lą in fondo, nell'angolo pił buio di un abisso,
ora riposo.
Ma a chi chiedere, adesso,
della nebbia tra i ciliegi,
della sua saliva dolce,
di quell'ultima rosa
strappata al vento di novembre.
Da La donna pił vecchia del mondo (peQuod, 2025)