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Quel nido sul gelso, di Claudia Piccinno, edito da Besa Muci

Quel nido sul gelso, di Claudia Piccinno, edito da Besa Muci

Quel nido sul gelso

di Claudia Piccinno

Besa Muci Editore

Poesia

Pagg. 80

ISBN 978-88-3629-454-1

Prezzo Euro 14,00



Conversazioni poetiche



Devo ammettere che il titolo di questa raccolta mi ha colpito molto e mi ha fatto pensare da subito a un richiamo alla natura, con quell'albero, il gelso un tempo molto frequente dato che le sue foglie costituivano l'alimentazione dei bachi da seta, in cima al quale un nido di uccelli sembrerebbe testimoniare metaforicamente la prima fase del ciclo dell'esistenza. Tuttavia, passando poi alla lettura delle poesie, raggruppate in tre sillogi (Conversando con Dio, Conversando con gli avi, Conversando col dolore) ho scoperto che la mia intuizione aveva colto nel segno solo parzialmente, perché se in verità non manca un afflato con la natura, i versi spaziano oltre, cogliendo la memoria, che è il tesoro personale di ogni essere umano, e anche la sofferenza, che sembra essere una costante non solo per alcuni individui, ma anche per interi popoli.

Non si creda però che quel Conversazioni comporti la presenza di un dialogo fra due o più soggetti, perché, invece, se dialogo c'è, è quello dell'autore con il proprio “io”, una scoperta di se stesso, parlando d'altro, di natura, di memoria, di dolore.

E' così che nella prima silloge, se pur c'è un tentativo di comunicare con Dio, emergono soprattutto immagini della natura, quello che di originario, di non contaminato dall'uomo, esiste dalla Creazione e in quanto tale porta il respiro di Dio (da Amami Dio: Amami nella mia imperfezione / e nei miei errori / amami nella misteriosa inquietudine / che si avviluppa alle mie radici. /…); emerge poi una visione paradisiaca come in Nel cielo d'aprile (Tempeste e schiarite / nel cielo d'aprile. / Trine e merletti, i cirri di bianco improvviso. / ….), in cui la pienezza dello stile esplode in descrizioni palpitanti e di felice esito.

La memoria, come ho già scritto, è il tesoro di ognuno di noi, che ci fa rivivere emozioni lontane, che ci accompagna nell'età avanzata con il desiderio di ritornare di tanto di tanto indietro; come non entrare in sintonia con l'umile Zia Lela, brava pasticcera con le mani da ciabattina, un ricordo talmente vivo che sembra costretto nella pagina, pronto ad uscirne se chi legge ne è avvinto (Zia Lela / che trita e / modella l'impasto,/ Mani da ciabattina – ripeteva. / Bucce di limone a sbiancar le sue dita / pioggia di giallo profumo / a neutralizzare altri odori. /…). C'è tutta una serie di avi che si affacciano, dallo Zio Tore, ritornato sconvolto dalla guerra, alla nonna Anna, la cui memoria si scompone nella struggente visione di una persona amata che da tempo non c'è più.

L'ultima parte, l'ultima silloge parla del dolore, che non è tanto quello fisico, quanto invece quell'ossessiva e lancinante sensazione che ti prende senza toccarti direttamente, quell'impotenza che ti assale di fronte alla sofferenza altrui, come nel caso di Eda Zhiti:


Per Eda Zhiti*

una madre


Nel suo sguardo

la comunione celeste

col figlio perduto

ritrovato spirito.

Ecco una donna

che impasta il dolore

come il pane fresco,

fragrante,

ogni mattina.

Negli occhi di Eda l'infinito

e una dolcezza apolide,

che appartiene

all' orfanitudine di tutte le madri.

*moglie del poeta albanese Visar Zhiti


Il dolore, quello vero, non si manifesta fuori, resta dentro, riempie il vuoto che ha lasciato il figlio morto.

Potrei e vorrei ancora parlare delle singole poesie, esprimere le mie sensazioni, le emozioni che mi hanno provocato, ma non intendo andare oltre, affaticare chi legge a video, consapevole tuttavia che anche questa volta la poesia di Claudia Piccinno non è passata come acqua su una pietra, ha inciso la superficie, si è fatta strada dentro ed è lì che è rimasta, in compagnia dei tanti versi delle mie letture che a volte mi piacerebbe conversassero fra loro. Chissà che cosa risulterebbe, preferisco non immaginarlo e accontentarmi di volta in volta delle poesie che leggo, e che ammiro.

Proprio alla fine, amo ritornare sul titolo che come ho accennato all'inizio ha un significato metaforico, in quanto il gelso è l'albero della vita, mentre il nido, al momento probabilmente vuoto, è in attesa delle uova, di nuova vita, di una linfa che spezza il guscio della non conoscenza, che nobilita un essere altrimenti fermo alla bestialità primordiale.



Claudia Piccinno, insegnante, traduttrice, autrice di numerosi libri di poesia, di prefazioni e saggi critici. Ha tradotto in italiano raccolte di autori provenienti da Serbia, Turchia, Germania, Arabia Saudita, Romania, Francia, Cuba, Perù, India. Direttrice per l'Europa del World Festival Poetry fino a settembre 2021, direttrice artistica per i festival Versatili Versi e Con-versi-amo con il Mondo. È benemerita del Comune di Castel Maggiore per meriti culturali (Ape d'argento 2019), Medaglia d'oro al Frate Ilaro 2017, vincitrice Ossi di Seppia 2020, Pannunzio 2022, premio speciale per la cultura ai Murazzi Torino, 2025. Tra i premi internazionali più recenti ricordiamo Naji Naaman in Libano, Aco Karamanov in Macedonia, Ajtan Zhiti in Kosovo, il premio Ozkan Mert a Istanbul, Alessandro Magno in Grecia. I suoi libri di poesia sono stati tradotti e pubblicati in più lingue in Serbia, Macedonia, Turchia, Germania, Polonia, Francia, India, Colombia, Azerbaijan, Albania, Florida, Emirati Arabi, Marocco. Ha tenuto brevi interventi sulla poesia in alcune università di Istanbul, Belgrado e alla Cattolica di Milano.



Renzo Montagnoli