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Partite truccate: calcio corrotto in società corrotta, di Ferdinando Camon

Partite truccate: calcio corrotto in società corrotta, di Ferdinando Camon

Partite truccate: calcio corrotto in società corrotta

di Ferdinando Camon

 

 

Quotidiani delle Venezie 6 giugno 2011

 


 
C'è perfino un calciatore infido che drogava i compagni di squadra per farli perdere. È un pessimo calciatore, pessimo marito e pessimo padre. “Amore – gli telefonava la moglie -, hai usato il mio Bancomat?”,  “No amore – rispondeva lui -, te lo giuro sulla testa della nostra bambina”, e lei: “Lascia stare la nostra bambina”. Ma la tessera del Bancomat la signora l'aveva messa nel primo cassetto, e ora stava nel secondo. Di fronte allo scandalo delle partite di calcio truccate, la domanda è: ma i giocatori non guadagnano già abbastanza? Perché sono corruttibili? Domanda sacrosanta, ma ingenua. Troviamo corrotti tra i deputati, senatori, ministri, consiglieri, presidenti di banche, giudici, presidenti di tribunali… Perfino il governatore della Banca d'Italia. Anche quelli, non guadagnano già abbastanza? Sono appena uscite le condanne che rifilano anni di galera all'ex presidente di Unipol, all'ex governatore di Banca Italia, ai “furbetti del quartierino”… Non guadagnavano già abbastanza? Non avevano case, palazzi, azioni, obbligazioni, conti correnti vertiginosi? Il fatto è che, con i soldi, più ne hai, più ne vuoi. Il giocatore di cui si parla di più è un ex-leader della nazionale: tra i primi otto goleador della storia della serie A. Uno così ha bisogno di arraffare denaro sporco, fregando i tifosi, che sono i mattoni con i quali è costruita la sua fortuna? Dice che si difenderà. Speriamo. Lui ha esposto meglio di tutti il sistema culturale da cui ricava l'impulso alle scommesse: “La vita è fatta di scommesse”. Un bel concetto, ma è disonesto. Che il successo sia un terno al lotto è immorale. Uno che è diventato campione non può affermarlo, perché infanga il suo ruolo e la sua vita: noi crediamo, vogliamo e dobbiamo credere che un campione si costruisce con le qualità e il sacrificio. Cioè col merito. Tutte le carriere, dai bidelli ai ministri, dovrebbero essere frutto del merito. Purtroppo non è così. E la società dove domina la disonestà viene dalla negazione del merito. Abbiamo milioni di figli del popolo, ben promossi alla Maturità, che non trovano uno straccio di posto. Di fronte a loro sta il figlio di un ministro, bocciato tre volte alla Maturità, fulmineamente salito al ruolo di consigliere regionale, con lo stipendio di 12 mila euro al mese. L'accesso alle carriere più lucrose è quasi sempre truccato. Le carriere aperte a tutti sono quelle da mille euro al mese (ma non ci sono posti), le carriere dai duemila in su sono gestite, spesso, con criteri mafiosi. La mafia è una rete di associazioni a delinquere. E questi calciatori di serie A, B e C sono accusati appunto di formare un'associazione a delinquere. La tecnica per delinquere è semplice: se si trucca una partita, non occorre corrompere giocatori delle due squadre, basta una, e pochi giocatori di quell'una. Perché si scommette su una componente insospettabile della partita: il punteggio. Si puntano centinaia di migliaia di euro sul risultato eclatante, una differenza reti tra squadra e squadra di tre gol o più: risultato difficile, in un campionato dove la prima in classifica può essere sconfitta dall'ultima. Per garantirlo, basta corrompere il portiere o un difensore. O sabotare 2-3 giocatori, versandogli sonnifero nel thé. Trucchetti da banda di periferia, da dilettanti del crimine. Niente in confronto ai conti milionari all'estero, alle evasioni miliardarie, al milione di case fantasma nascoste al fisco, agli eletti al parlamento che passano da una parte all'altra e si fan chiamare “Responsabili”… Lo scandalo del calcio è un cancro. Un bisturi lo asporterà. Ma l'organismo è infestato di metastasi, e quelle restano.

 

 

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