San
Martino, un tempo (*)
di
Renzo Montagnoli
Tre
sedie sgangherate,
una
tavola tarlata e traballante,
la
rete del letto allentata,
il
materasso di foglie di pannocchie,
un
paiolo di rame per la polenta,
un
vaso da notte smaltato
e
sbrecciato tutto su un carretto
spesso
spinto a mano.
A
San Martino questo era il trasloco
per
tanti contadini con figli, mogli
e
nonni al seguito.
Gli
abiti quelli addosso, le scarpe,
se
c’erano, più volte risuolate,
meglio
gli zoccoli di legno consumato.
Da
una miseria a un’altra miseria
a
volte sotto un pallido sole
più
spesso bagnati dalla pioggia.
Quando?
Tanti anni fa che non c’è
più
nessuno a ricordarlo.
Altri
tempi, altre povertà,
ma
allora, come oggi,
una
condanna pesa dalla nascita
sulle
spalle di chi ha lanciato
il
primo vagito nel buio di una stalla
o
fra le quattro mura di una casa proletaria.
Da
La pietà
(*)
A San Martino, l’11 di novembre, avveniva l’esodo dei
contadini, in quanto era il giorno di inizio e di fine del contratto
annuale di lavoro.
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