Sogno
d’inverno
di
Renzo Montagnoli
Allo
spirare della tramontana
fu
dolce raccogliersi intorno
al
fuoco e nella poca luce,
nel
buio chiazzato dalle fiamme,
mi
assalì un languore, un senso
di
pace che Morfeo sussurrava
e
così le mie orecchie ascoltarono
una
nenia d’un coro a bocche chiuse.
Fu
allora che calarono le palpebre
ed
entrai in un mondo diverso.
Su
un carro d’argento un vecchio
di
gelo vestito correva per la landa deserta,
incitava
due cavalli di neve
che
volavano sul bosco di larici,
arrivava
al villaggio e a ogni capanna
bussava,
ma nessuno gli apriva.
Solo
io mi affacciai sulla soglia
e
lui mi disse “Vieni, è l’ora.”
E
mi prese sul carro, volammo di nuovo
sulla
pianura ghiacciata, salimmo sempre
più
in alto fino a toccar le nubi,
poi
precipitammo verso terra e planando
arrivammo
al villaggio, davanti a casa.
“Rientra,
dai un saluto, l’ultimo.”
Fu
allora che mi svegliai, il fuoco crepitava,
mia
moglie accanto a me sognava,
i
bimbi dormivano beati, mi prese una gioia
di
vivere quale mai per me era stata.
Allungai
una mano, le carezzai il viso,
la
strinsi a me, fummo un unico fiato.
Bussarono
alla porta, esitai ad aprire,
nel
buio della notte un vecchio vestito di gelo
su
un carro d’argento con due cavalli di neve
era
là silenzioso che m’attendeva.
Da
Canti celtici
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