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  Recensioni  »  Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa 05/02/2006
 

Il gattopardo   di Giuseppe Tomasi di Lampedusa – Edizioni Feltrinelli

 

Premetto che ci troviamo davanti a un'opera di valore assai elevato, tanto che ormai Il gattopardo è da tempo un classico della letteratura.

Il romanzo si focalizza sulla figura del principe Fabrizio Salina, aristocratico colto, scettico di fronte ai nuovi tempi (la narrazione ha come iniziale riferimento lo sbarco dei mille in Sicilia e pertanto il 1860), ma contemporaneamente consapevole della fine della società di cui è parte.

Nel suo ramo familiare figura il nipote Tancredi, prediletto perché questi rappresenta, con il suo opportunismo e la sua audacia, la nuova forza che si sprigionerà dal vecchio mondo ormai morente, per dar luogo a una società solo apparentemente nuova, poiché il mutamento sarà solo esteriore e il potere continuerà a restare ben saldo nelle mani della vecchia classe dirigente a condizione che questa si impegni in questa apparente rivoluzione per orientarla verso i propri fini.

In questo quadro il Principe Salina asseconda il nipote nei suoi giochi, senza tuttavia prendervi direttamente parte, ma solo come semplice spettatore dello sviluppo storico, con una sorta di consapevole rassegnazione che, se anche tutto e nulla cambia , per la sua classe sociale, per questa antica nobiltà sicula legata alla terra non ci sarà più futuro.

E in effetti tutta l'opera è pervasa da un opprimente senso di decadenza, che si rispecchia nella desolata campagna siciliana, negli antichi e decrepiti paesi, nei palazzi quasi abbandonati da una aristocrazia pigra e incapace di alimentare le ragioni della sua stessa esistenza. Al riguardo, giustamente famosa è la scena del ballo di Palermo, con la crudele rivelazione, per il principe Salina, della deformazione della morte sui volti allegri dei giovani che gli stanno intorno.

Ci sono pagine di stupenda bellezza, quali quelle in cui il gesuita Padre Pirrone, prelato personale della famiglia Salina, andato a trovare la sua vecchia madre, spiega a un addormentato erborista le caratteristiche dei nobili, oppure quelle della morte del principe, in una stanza d'albergo, con una descrizione del trapasso che raggiunge i vertici dell'abilità narrativa.

Benché la vicenda sia ambientata nel XIX secolo lo stile non è proprio dell'epoca, ma nemmeno del secolo successivo in cui l'opera è stata redatta; non c'è una parola di troppo, né una di meno, non è per nulla ridondante, ma nemmeno scarno, non è costruito, ma nemmeno stringato, insomma è uno stile del tutto personale e irripetibile che mai stanca, pur invitando a soffermarsi sul vero significato di tutte le frasi.

 

 

L'autore

 

Giuseppe Tomasi  di Lampedusa nasce a Palermo il 23 dicembre 1896, da nobile e antica famiglia, che annovera fra i suoi avi il Principe Giulio Fabrizio alla figura del quale si sarebbe ispirato nel redigere il suo unico romanzo “Il gattopardo”. E' interessato alla letteratura fin dall'infanzia, senza che tuttavia pervenga a una produzione letteraria. Nel 1954 accompagna il cugino Lucio Piccolo al convegno letterario di San Pellegrino Terme e conosce così personalmente alcuni scrittori, circostanza che lo induce a scrivere il romanzo a cui pensava da molti anni e che ultima nel 1956.

Muore a Roma il 23 luglio 1957, dopo che la sua eminente opera è stata rifiutata sia dalla Mondatori che dalla Einaudi. Grazie a Giorgio Bassani, il Gattopardo  viene pubblicato nel 1958 da Feltrinelli e il successo è clamoroso.

 

 

 
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