Il rosso e il nero di Stendhal – Edizioni Einaudi
Benché
questo romanzo sia stato pubblicato per la prima volta nel lontano 1830, è di
un'attualità incredibile per l'ambientazione nella Francia
della Restaurazione e le analogie con i tempi correnti sono più d'una.
Caduti i
sogni di libertà e di uguaglianza della rivoluzione ritorna il conservatorismo
ancor più meschino di prima, per effetto di una classe sociale rampante quale
quella borghese e per l'innato desiderio di rivincita dei nobili. Fioriscono
così intrallazzi di ogni genere e sempre più conta ciò che appare, e non ciò
che è realmente.
Il
protagonista, Julien Sorel,
è un giovane avventuroso, romantico, ma calcolatore;
di classe sociale inferiore, cerca di emergere, ma è un uomo del suo tempo, con
tutte le relative contraddizioni, e così alterna amori passionali a freddi
calcoli, in una continua sfida con se stesso e la società che vorrebbe
conquistare, fra traguardi raggiunti con forzature della personalità, fino al
tragico esito finale.
Considerato
il miglior romanzo di Stendhal e imbastito su un
fatto accaduto veramente è di lettura abbastanza facile, nonostante lo stile
inevitabilmente datato.
Al di là
della vicenda, riveste un sicuro interesse soffermarsi, pagina dopo pagina,
sulla straordinaria abilità dell'autore nel tratteggiare le contraddizioni del
cuore, nel sondare con mano leggera, ma precisa,
l'animo dei personaggi, talmente ben delineati che sembrano scorrere via via dinanzi ai nostri occhi, in un caleidoscopio di eventi
apparentemente normali, ma che sono il frutto del costante divenire delle
volontà contorte dei protagonisti.
Non vi sono
mai cadute di ritmo, anche quando frequenti sono gli interventi del “Dio
narrante” (una straordinaria invenzione di Stendhal,
in veste di divinità che conosce i più nascosti pensieri dei personaggi), e
anzi sono inseriti con una precisione e una tempestività eccezionali, al fine
appunto di snellire il testo, che in altre mani sarebbe probabilmente risultato
ampolloso e prolisso.
L'abilità di
Stendhal è di calare gradualmente il lettore nella
vicenda, sì da farlo divenire un testimone diretto, con un coinvolgimento
emotivo di rara efficacia e bellezza.
Così le
pagine scorrono l'una dopo l'altra con una piacevolezza che ci fa dimenticare
il passare del tempo; non si creda, però, che si tratti di un romanzo da
divorare, da leggere nell'arco di poche ore, perché tante sono le riflessioni a cui muove e che necessitano di opportuni, anche inconsci,
approfondimenti.
Resta,
comunque, il fatto che la narrazione continua a sorprendere per spontaneità,
coerenza e logica, tre elementi che da soli ne sancirebbero il successo.
E anche il
finale, che ovviamente non anticipo, giunge con una naturalezza sorprendente;
benché lo si indovini, riesce a stupire per il calcolo
esatto dei tempi: nessuna forzatura, nessun stravolgimento, ma la conclusione
logica del divenire delle cose, come voluto dal protagonista.
L'autore
Stendhal, pseudonimo di Henri Beyle, nasce a Grenoble il 23 gennaio 1783 e muore a Parigi
il 23 marzo 1842. Convinto sostenitore della rivoluzione, alla caduta di
Napoleone assume un atteggiamento di condiscendenza con la restaurazione
intervenuta, in contrasto con le sue idee, ma
indispensabile per poter vivere; preferisce soggiornare lontano dalla Francia,
in Italia, dove svolge l'attività di Console, di scarso interesse, ma
abbastanza remunerativa per consentirgli di dedicare la maggior parte del suo
tempo alla narrativa. Fra le sue opere ricordiamo Lucien
Leuwen, Cronache italiane, La badessa di
Castro, Dell'amore, la Certosa
di Parma e la sua migliore, appunto Il rosso e il nero.