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  Recensioni  »  Il rosso e il nero di Stendhal 15/02/2006
 

Il rosso e il nero    di Stendhal – Edizioni Einaudi

 

Benché questo romanzo sia stato pubblicato per la prima volta nel lontano 1830, è di un'attualità incredibile per l'ambientazione nella Francia della Restaurazione e le analogie con i tempi correnti sono più d'una.

Caduti i sogni di libertà e di uguaglianza della rivoluzione ritorna il conservatorismo ancor più meschino di prima, per effetto di una classe sociale rampante quale quella borghese e per l'innato desiderio di rivincita dei nobili. Fioriscono così intrallazzi di ogni genere e sempre più conta ciò che appare, e non ciò che è realmente.

Il protagonista, Julien Sorel, è un giovane avventuroso, romantico, ma calcolatore; di classe sociale inferiore, cerca di emergere, ma è un uomo del suo tempo, con tutte le relative contraddizioni, e così alterna amori passionali a freddi calcoli, in una continua sfida con se stesso e la società che vorrebbe conquistare, fra traguardi raggiunti con forzature della personalità, fino al tragico esito finale.

Considerato il miglior romanzo di Stendhal e imbastito su un fatto accaduto veramente è di lettura abbastanza facile, nonostante lo stile inevitabilmente datato.

Al di là della vicenda, riveste un sicuro interesse soffermarsi, pagina dopo pagina, sulla straordinaria abilità dell'autore nel tratteggiare le contraddizioni del cuore, nel sondare con mano leggera, ma precisa, l'animo dei personaggi, talmente ben delineati che sembrano scorrere via via dinanzi ai nostri occhi, in un caleidoscopio di eventi apparentemente normali, ma che sono il frutto del costante divenire delle volontà contorte dei protagonisti.

Non vi sono mai cadute di ritmo, anche quando frequenti sono gli interventi del “Dio narrante” (una straordinaria invenzione di Stendhal, in veste di divinità che conosce i più nascosti pensieri dei personaggi), e anzi sono inseriti con una precisione e una tempestività eccezionali, al fine appunto di snellire il testo, che in altre mani sarebbe probabilmente risultato ampolloso e prolisso.

L'abilità di Stendhal è di calare gradualmente il lettore nella vicenda, sì da farlo divenire un testimone diretto, con un coinvolgimento emotivo di rara efficacia e bellezza.

Così le pagine scorrono l'una dopo l'altra con una piacevolezza che ci fa dimenticare il passare del tempo; non si creda, però, che si tratti di un romanzo da divorare, da leggere nell'arco di poche ore, perché tante sono le riflessioni a cui muove e che necessitano di opportuni, anche inconsci, approfondimenti.

Resta, comunque, il fatto che la narrazione continua a sorprendere per spontaneità, coerenza e logica, tre elementi che da soli ne sancirebbero il successo.  

E anche il finale, che ovviamente non anticipo, giunge con una naturalezza sorprendente; benché lo si indovini, riesce a stupire per il calcolo esatto dei tempi: nessuna forzatura, nessun stravolgimento, ma la conclusione logica del divenire delle cose, come voluto dal protagonista.

 

L'autore

 

Stendhal, pseudonimo di Henri Beyle, nasce a Grenoble il 23 gennaio 1783 e muore a Parigi il 23 marzo 1842. Convinto sostenitore della rivoluzione, alla caduta di Napoleone assume un atteggiamento di condiscendenza con la restaurazione intervenuta, in contrasto con le sue idee, ma indispensabile per poter vivere; preferisce soggiornare lontano dalla Francia, in Italia, dove svolge l'attività di Console, di scarso interesse, ma abbastanza remunerativa per consentirgli di dedicare la maggior parte del suo tempo alla narrativa. Fra le sue opere ricordiamo Lucien Leuwen,  Cronache italiane, La badessa di Castro, Dell'amore, la Certosa di Parma e la sua migliore, appunto Il rosso e il nero.

 

 

 
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