Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
 

  Recensioni  »  Sepolti vivi. Monte Cimone e una mina. Un destino crudele, di Alberto Di Gilio, edito da Gino Rossato 10/04/2021
 
Sepolti vivi.

Monte Cimone e una mina.

Un destino crudele

di Alberto Di Gilio

Edizioni Gino Rossato

Storia

Pagg. 120

ISBN 9788881301423

Prezzo Euro 17,00


Guerra di mine


Durante la Grande Guerra, quando certe posizioni apparivano imprendibili, soprattutto in montagna, si ricorse alla guerra di mine, cioè a uno scavo che portasse sotto la posizione avversaria dove, in una apposita camera, si ammassava esplosivo, fatto poi esplodere. Il risultato era sempre spettacolare, con la vetta che cambiava completamente fisionomia, la conquista della posizione, insomma un gran dispendio di forze e di esplosivo per impossessarsi spesso di soli pochi metri. Accadde così il 23 settembre del 1916 per il Monte Cimone (m. 1.226 slm), la vetta più alta di un sistema montuoso degradante rapidamente a sud verso Arsiero, nelle Prealpi vicentine. Alla sua occupazione si attribuiva una grande importanza, come accadde per il Pasubio, nella convinzione, rivelatasi poi infondata, che da lì fosse facile scendere nella pianura veneta. E così il Cimone, prima in mano austriaca, poi in quella italiana, assumeva i connotati di una specie di porta oltrepassata la quale si sarebbe potuto scardinare l’intero apparato difensivo italiano. Rivelatisi infruttuosi e con ingenti perdite gli attacchi austriaci, questo vennero alla determinazione di impossessarsi della vetta con una colossale mina. Di questo parla Sepolti vivi, un libro di storia, ma raccontato dall’autore con l’agilità e la capacità di attrazione di un romanzo. Ben strutturato, c’è una parte propedeutica relativa alla riconquista italiana del Cimone per arrivare alla decisione austriaca di impadronirsene con una guerra di mina, dopo i sanguinosi e infruttuosi contrattacchi; infine c’è la fase vera e propria dello scoppio e delle conseguenze, non ultime il vano tentativo di ottenere una tregua per tirar fuori dalla terra i numerosi nostri soldati ivi sepolti e ancora vivi. Grazie alle testimonianze di chi era lì, e mi riferisco soprattutto al tenente Fritz Weber, autore di numerose opere sulla Grande Guerra, e al cappellano militare austriaco Bruno Spitzl, ma anche per la capacità di raccontare esprimendo stati d’animo, timori, angosce dei militari degli opposti eserciti, Alberto Di Gilio riesce a trasmettere al lettore un sentimento di autentica pietà per questi combattenti che, oltre al terrore per i bombardamenti, i tiri dei cecchini e i combattimenti, vivevano in condizioni miserrime, tormentati dalle pulci, dai ratti, dalla fame e dalla sete. E proprio questo sentimento di pietà costituisce, al di là di quello che fu l’evento storico, la sensazione di partecipazione di chi, come l’autore, non era presente, ma ha ben compreso quanto dolore si consumasse su quella montagna.

La documentazione è ampia e ben dettagliata, mentre non mancano, anzi sono anche abbondanti le foto scattate all’epoca, in un bianco e nero capace di contribuire a dare drammaticità all’intero elaborato.

Quindi Sepolti vivi è un libro senz’altro meritevole di lettura.


Alberto Di Gilio è nato a Parma ma vive a Vigonza (Pd). Laureato in giurisprudenza e in possesso del titolo di avvocato, lavora presso la Regione del Veneto. Unisce alla passione per il primo conflitto mondiale la costante attività di ricerca documentale nei maggiori Musei, Biblioteche ed Archivi storici italiani.


Renzo Montagnoli

 
©2006 ArteInsieme, « 013953654 »