I
racconti della maturità
di
Anton Cechov
Feltrinelli
Editore
Narrativa
Pagg.
XII – 202
ISBN
9788807902109
Prezzo
Euro 10,00
La
vita in due
Questi
racconti con ogni probabilità sono stati scritti verso la fine
della vita di Cechov che morì a soli 44 anni in conseguenza di
una tubercolosi che lo divorava da tempo e a cui invano cercò
di sfuggire spostandosi di continuo in località più
salubri. In ogni caso di tratta di prose che risalgono a ben oltre un
secolo fa e quindi ci sarebbe da attendersi uno stile un po’
stucchevole, non disgiunto da una certa grevità tipica di
quasi tutti gli autori russi. Invece, per fortuna, e ne guadagna così
parecchio il piacere della lettura, lo stile è snello, tutto
sommato semplice senza essere elementare, accompagnato da una
tipicità di Cechov che, oltre all’indubbia dote di saper
sondare l’animo umano, inserisce sempre un rapporto con la
natura che va ben oltre lo sfondo in cui si svolge la trama, ne è
parte essenziale, con una vena poetica che, senza sfociare nel
lirismo, dona un tocco di grazia.
Il
volume riporta sei racconti, con un unico fil rouge che li
accomuna, vale a dire il rapporto di coppia, tutte storie di amori
che durano quanto un amen, di legami che da affetti si
tramutano in obblighi, e in quanto tali destinati a essere osteggiati
con il piacere del tradimento. Nel mondo di Cechov non c’è
spazio per vicende in cui uomini e donne riescano a conciliare una
passione iniziale con un affettuoso legame successivo, anzi poco a
poco si instaura una incomunicabilità che porta ognuno per la
sua strada. E’ questo il caso del professor Kovrin, in preda a
un delirio allucinatorio che lo porta a vedere un misterioso monaco
nero, così come appare già segnato il matrimonio fra un
infatuato Laptev e Julija,
che non lo ama. E’ l’impossibilità di essere
omologato alla società di Misail che incrina la sua unione con
Masa, e senza speranza è la relazione extraconiugale di
Alechin con Anna, per non parlare dell’avventura, una delle
tante, di Gurov, un’avventura che non si spegnerà in una
semplice relazione. E infine c’è l’ultimo, il più
bello, con Nadja, figlia di una famiglia borghese della provincia,
che rinuncia all’imminente matrimonio per avere una vita sua,
grazie ai consigli di un caro amico minato in modo irrimediabile
dalla tubercolosi ormai all’ultimo stadio.
Per
lo più si tratta di racconti venati dall’amarezza,
dall’impossibilità, che sembra connaturata, di vivere
compiutamente in due, una visione, quella della incomunicabilità,
a cui tanto concorre il tessuto sociale di un’epoca e che
precorre autori della metà del ‘900, una prova di grande
maturità artistica.
Anton
Cechov (Taganrog, 29
gennaio 1860 – Badenweller, 2 luglio 1904).
Scrittore
e drammaturgo russo. Cresciuto in una famiglia economicamente
disagiata, si trasferì nel 1879 a Mosca dove si iscrisse alla
facoltà di Medicina. Laureatosi nel 1884, esercitò solo
saltuariamente, dedicandosi esclusivamente all'attività
letteraria.
Nel
1890 raggiunse attraverso la Siberia l'isola di Sachalin, sede di una
colonia penale, e sulle condizioni disumane in cui vivevano i forzati
scrisse L'isola
di Sachalin.
Minato
dalla tubercolosi, passò vari anni nella piccola tenuta di
Melichovo, nei pressi di Mosca.
Nel
1895 conobbe Tolstoj, cui rimase legato da amicizia per tutta la
vita.
Nel
1900 venne eletto membro onorario dell'Accademia russa delle scienze,
ma si dimise due anni dopo per protesta contro l'espulsione di
Gor'kij.
Nel
1901 si sposò. In un estremo tentativo di combattere il male
si recò a Badenweiler, una località della Foresta Nera
e lì morì all'età di quarantaquattro anni.
La
produzione novellistica di Cechov è particolarmente copiosa e
percorsa da motivi e tonalità ricorrenti. Negli anni
universitari compose le novelle, dal tono comico e grottesco,
raccolte in Racconti
di Melpomene (1884).
La
fama arrivò con Racconti
variopinti (1886)
e Nel
crepuscolo (1887).
Il
1888 è l'anno de La
steppa,
lunga novella elegiaca il cui vero protagonista è il paesaggio
russo.
Seguono: Il
duello (1892), La
mia vita (1895), La
signora col cagnolino (1898)
e Nel
burrone (1900).
Tra
il 1884 e il 1891 Cechov scrisse per il teatro otto atti unici, tra i
quali ricordiamo Il
tabacco da male, Tragico contro voglia e Il
canto del cigno.
A
essi fecero seguito sei lavori in quattro atti che lo hanno
consacrato come drammaturgo: Ivanov (1888), Il
gabbiano (1895), Zio
Vanja (1899), Le
tre sorelle (1901)
e Il
giardino dei ciliegi (1904).
I
personaggi di questi drammi subiscono una sorta di estraniazione che
li rende incapaci di parlarsi. Cechov anticipa in questo senso alcuni
motivi fondamentali della drammaturgia moderna.
Dopo
la rivoluzione del 1917, dagli archivi sono emersi altri due lavori
teatrali di Cechov, Tatjana
Répina (1899)
e Platonov (1880-1181),
opera giovanile che ha per protagonista un eroe senza volontà.
Ci
restano anche I
quaderni del dottor Cechov,
redatti tra il 1891 e il 1904.
Da:
"Enciclopedia
della Letteratura",
Garzanti, 2004
Renzo
Montagnoli
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