Caporetto.
Diario
di guerra (maggio – dicembre 1917)
di
Angelo Gatti
a
cura di Alberto Monticone
Edizioni
Il Mulino
Storia
militare
Pagg.
456
ISBN
9788815061423
Prezzo
Euro 15,00
Un
testimone della disfatta
E’
indubbio che la disfatta di Caporetto, unitamente all’armistizio
dell’8 settembre, siano i due avvenimenti che hanno segnato in
modo indelebile la storia italiana, tanto che ancor oggi se ne
discute. In particolare, il primo fu un disastro militare solo in
apparenza non prevedibile; tanto si è scritto su Caporetto per
determinare i motivi che provocarono l’evento, motivi che si
possono ricercare in un errore militare e più in generale
nell’incapacità di comandare i soldati. Che un errore
militare ci sia stato, è ormai assodato, visto che non si
preparò il terreno di operazioni in modo da contrastare con
efficacia l’attacco del nemico, non imprevisto, visto che si
sapeva già giorni prima del giorno, dell’ora e delle
direttrici; inoltre, non si praticò per tempo il passaggio di
una struttura militare dalla predisposizione per l’attacco, in
essere fin dall’inizio della guerra, a quella per la difesa.
Cadorna, peraltro, non sapeva comandare i soldati, con un’ottica
mentale che li vedeva come numeri e non come esseri umani, da cui si
pretendeva tutto senza giustificare gli immani sacrifici con delle
finalità che li rendessero sopportabili, senza poi considerare
la mancanza di stimoli, la spersonalizzazione, gli avvicendamenti in
trincea non accuratamente programmati, insomma un distacco netto fra
il comandante e la truppa che non può mai portare a nulla di
buono; un altro aspetto negativo era poi dato dal fatto che Cadorna
preparava le battaglie, iniziate le quali si estraniava, salvo
continuare a sacrificare uomini per raggiungere obiettivi che sul
campo si erano rivelati impossibili da realizzare, e come se non
bastasse aveva il difetto di effettuare troppe sostituzioni di
ufficiali superiori, sovente in corso di battaglia.
Fino
ad adesso avevo letto libri che accusavano Cadorna, pur
riconoscendogli l’abilità di aver condotto una ritirata
nel migliore dei modi, ma nulla sapevo delle opinioni su quella
disfatta di qualcuno del suo stato maggiore ed ecco perché
assume importanza questo libro dell’allora colonnello Angelo
Gatti che dirigeva l’ufficio storico del comando supremo. Si
tratta dei diari tenuti da questo ufficiale sia nei mesi
immediatamente precedenti la ritirata, sia nei giorni convulsi della
stessa. Gatti, pur difendendo per certi aspetti Cadorna, onestamente
ne evidenzia gli errori e non lo segue nella sua ostinata accusa alla
truppa di essere stata corrotta dalla propaganda socialista e di aver
ceduto senza combattere, anzi, pur sfumandola, parla
dell’ingenerosità del comandante supremo nei confronti
dei suoi soldati, insensibile ai loro sacrifici, fautore di una
disciplina ferrea con le punizioni più severe (tanti i casi di
condanne a morte e di decimazioni). In buona sostanza Gatti finisce
con il confermare le accuse che gli storici rivolgono a Cadorna, uomo
di notevole preparazione militare, ma del tutto inidoneo a reggere il
Comando Supremo.
Caporetto.
Diario di guerra (maggio-dicembre 1917)
è un libro di estremo interesse , la cui lettura pertanto è
sicuramente consigliata.
Angelo
Gatti (1875-1948),
ufficiale di stato maggiore, durante la prima guerra fu addetto al
comando della prima armata e dal gennaio del ’17 al Comando
supremo, alle dirette dipendenze del generale Cadorna. È
autore di numerose opere di storia e critica militare, da «Uomini
e folle di guerra» (1921) a «Un italiano a Versailles»
(1957) oltre che di fortunati romanzi tra cui «Ilia e Alberto»
(1930).
Renzo
Montagnoli
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