Di
guerra e di noi
di
Marcello Dòmini
Marsilio
Editori
Narrativa
Pagg.
672
ISBN
978-88-297-0515-3
Prezzo
Euro 21,00
Un
romanzo storico piacevole e istruttivo
Da
un po’ di tempo in Italia si è scoperta la bellezza del
romanzo storico, soprattutto quando a scriverlo è un italiano
e relativamente a un periodo abbastanza recente, in particolare
quello che va grosso modo dalla metà del XIX secolo agli anni
immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. Sono nate
così opere più o meno interessanti che hanno aiutato e
aiutano a cercare una verità storica, e in questi lavori si
inserisce Di guerra e di noi,
scritto da un medico-chirurgo, professore associato dell’Università
di Bologna. Dico subito che si tratta di un romanzo molto avvincente,
perché nel narrare la storia della famiglia Chiusoli, in
particolare dei due fratelli Ricciotti e Candido, non solo vengono
rappresentati eventi che vanno dalla Grande guerra alla fine della
seconda guerra mondiale, ma soprattutto si denota il tentativo di
tracciare la biografia di un importante rappresentante del fascismo,
di quel Leandro Arpinati, dapprima ras di Bologna, poi membro del
governo Mussolini, infine caduto in disgrazia tanto da essere inviato
al confino, da cui venne liberato prima del tempo, per metterlo agli
arresti domiciliari nella sua azienda agricola vicino al capoluogo
emiliano. Se Ricciotti è il protagonista principale, Arpinati
è il suo mentore, è quasi il suo padre putativo visto
che quello vero è stato ucciso in guerra. In questo senso
appare chiaramente come la figura di maggior prestigio rifletta le
sue caratteristiche peculiari nel più giovane allievo che, in
tono minore, ha un’esperienza analoga, passando dal credo
fascista alla resistenza, senza però ricorrere alla violenza,
ma prestandosi con il soccorrere i feriti. Ricciotti è quel
che potrebbe essere definito un moderato e con questo si distingue
dal primo Arpinati, il capo dei picchiatori fino alla marcia su Roma;
tuttavia l’ex capo dello squadrismo bolognese è
cambiato, maturando la consapevolezza degli errori commessi, al punto
dall’essere disposto, nei giorni convulsi della liberazione, a
essere processato e a scontare qualche anno di prigione, e ciò
nonostante il suo tardivo ravvedimento che l’ha portato dopo
l’8 settembre 1943 a rifiutare incarichi nella Repubblica
Sociale Italiana offertigli da Mussolini e ad appoggiare invece la
Resistenza, senza materialmente combattere. Sappiamo purtroppo come
andò a finire, visto che fu assassinato da alcuni partigiani
comunisti insieme al suo ospite da tempo, il socialista Torquato
Nanni. Nel libro Ricciotti è presente all’omicidio e
tenta di impedirlo, ma inutilmente, anzi restando ferito lui stesso
ed è l’unico elemento di fantasia della ricostruzione
fatta dal narratore, come del resto lo è tutta la famiglia
Ricciotti, e anche altri attorii; però non pochi personaggi e
molti eventi sono reali, nel senso che non sono inventati, ed è
un merito di Dòmini
l’avere inserito perfettamente il frutto della propria
creatività nel tessuto storico che contraddistinse quel
periodo, rendendo ancor più credibili i protagonisti di sua
invenzione. Direi che come opera prima è riuscita molto bene e
sono pochi gli appunti che mi sento di fare, come per esempio i
periodi, anche lunghi, in dialetto bolognese (io lo capisco, ma per
altri credo che risulti un po’ ostico), oppure la favola
lunghissima, interminabile che Ricciotti racconta alla sera ai suoi
figli e nipoti, atteggiamento comprensibile per fare dimenticare loro
la guerra, meno comprensibile è non averne solo accennato, ma
dedicato diverse pagine che insomma tendono a portare fuori tema.
A
parte questi peccati, che mi sento di definire veniali, la creatività
dell’autore, lo stile fluente, la capacità di ricreare
l’ambientazione e le atmosfere sono veramente aspetti
qualitativi di tutto rilievo che mi consentono di caldeggiare la
lettura di questo romanzo.
Marcello
Dòmini
(Bologna,
1965), medico-chirurgo e professore associato all’Università
di Bologna dal 2004, opera e svolge le sue ricerche nell’ambito
della chirurgia pediatrica. Di
guerra e di noi è
il suo primo romanzo.
Renzo
Montagnoli
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