Son
tornate le volpi
Come
muore la nostra civiltà
di
Ferdinando Camon
Apogeo
Editore
Poesia
Pagg.
72
ISBN
9788899479923
Prezzo
Euro 12,00
La
paura deve finire
Si
fa presto a dire che l’immigrazione è il nostro tardivo
aiuto a popoli in un ancor recente passato vessati dalle potenze
europee, ma questa moltitudine che fra mille difficoltà e
rischi arriva nel nostro paese rappresenta di per sé una bomba
orologeria, perché è inevitabile che si vengano a
creare le occasioni per uno scontro di civiltà, soprattutto
quando una di queste è improntata a una religiosità
fanatica e di esclusione delle altre fedi. In un occidente europeo
francamente decadente non sta avvenendo una pacifica integrazione di
due concetti di società, ma piano piano sta prendendo il
sopravvento il lato più oscuro e drammatico di popoli le cui
convinzioni religiose, spesso, sono in netto contratto con le nostre
leggi fondanti, scritte nelle costituzioni e rispecchianti il comune
sentire. Ferdinando Camon che già ha scritto, benissimo, della
scomparsa della civiltà contadina si è guardato
intorno, ha osservato, ha tratto conclusioni e così è
nato Son tornate le volpi con sottotitolo Come
muore la nostra civiltà, senza paura di essere
qualificato come razzista, perché razzista non è,
perché vedere come stanno le cose non è razzismo, non è
cercare di difendere i propri valori minacciati ogni giorno, non è
desiderare di vivere in tranquillità, senza paura. E lui di
paura non ne ha e non ne ha mai avuta, fin dai tempi di Occidente,
quando i terroristi neri l’avevano messo nel mirino. E a
maggior ragione non ne ha ora, quando, nell’esprimere lo
sconcerto e i timori di tanta gente, ha in cuor suo il desiderio che
il futuro della propria discendenza non venga minacciato.
La
paura comunque c’è, è la paura di chi si accorge
che l’illegalità è ovunque e che prende il
sopravvento (Fa l’architetto / vive da solo, / e dopo
tredici ore / di lavoro / torna nel cuore / della notte per buttarsi
a letto. / Apre la porta come un automa, / accende la luce e la mano
gli trema: / c’è un altro a letto, con la faccia truce,
/ dorme pesante, un sonno da coma. /…).
Come
è possibile notare non si tratta di prosa, ma di poesia, il
terzo libro di versi frutto dell’arte di Camon, e allora c’è
da chiedersi come mai sia ricorso a questa forma per partecipare agli
altri questo tema così contingente. Credo che stante la
quotidianità di un crescente problema e l’acuirsi di una
situazione che da disagio sta diventando paura l’autore
padovano abbia ritenuto, secondo me giustamente, di comunicare con
maggiore immediatezza, e per l’appunto in proposito non c’è
nulla di più efficace della poesia. Del resto, fra le diverse
liriche, ce n’è una che penso ben esprima il concetto;
può sembrare un eccesso, ma non è un caso isolato e
appunto per questo nei quotidiani passano eventi simili dalla prima
pagina (quando sono novità) alla terza o alla quarta; la
riporto per intero, si intitola Battaglia primordiale:
“Padova, via Anelli: / a sirene spiegate, frena, balza, / la
polizia arriva sulle Alfa / con scudi e manganelli, / dalle case
escono tribù / di senegalesi e nigeriani / mezzo nudi,
bastoni fra le mani / con movenze di kung-fu; / i poliziotti
suonano le trombe / per fare i duri / dalle finestre rullano i
tamburi / e piovono sassi come bombe. / La gente si ferma incantata:
mai visto / uno scontro del genere. / Chi vincerà, il prima o
il dopo Cristo?”.
Certo
la gente prima dimostra stupore, poi disagio e infine paura, una
paura del diverso, tanto che basta che uno abbia la pelle un po’
scura per diventare un potenziale criminale. Ed è così
che piano piano si passa dalla ideale integrazione alla reale
fagocitazione, perché se scompare la nostra civiltà non
saremo più nulla, né per gli altri, né
soprattutto per noi stessi. E di questo non hanno colpa i magrebini,
i fondamentalisti, no, la colpa è solo nostra, di avere
abdicato un po’ per volta ai nostri valori, di esserci
spogliati delle nostre tradizioni, di essere diventati indifferenti a
quanto più di sacro e importante abbiamo da coltivare e
difendere: le nostre comuni radici.
E
il titolo? E’ quello di una poesia della raccolta, in cui al
ritorno delle volpi, ai danni che provocano, soprattutto ai pollai,
si accompagna la reazione dei contadini, nonostante la protezione che
il governo ha concesso a questi carnivori; sembrerebbe poco attinente
al tema della silloge, ma si può anche interpretare come un
invito all’autotutela nei confronti di certe categorie di
immigrati, di quelli completamente indifferenti alle nostre leggi e
che mirerebbero a sovvertire l’ordine esistente, facilitati da
leggi che tendono a proteggere chi entra nel nostro paese, e ciò
indipendentemente dalla sua eventuale pericolosità sociale.
Leggete
queste poesie, questo monito di un artista che non ha mai avuto
paura, ma che sempre si è adoperato perché fossero
eliminati i motivi della paura stessa; la nostra civiltà,
benché ormai sbiadita, non è ancora morta, facciamo sì
che possa continuare a vivere.
Ferdinando
Camon
Il
primo romanzo di Camon uscì in Italia con una appassionata
prefazione di Pier Paolo Pasolini e fu subito tradotto in Francia per
interessamento di Jean-Paul Sartre. Camon si definisce “narratore
della crisi”: ha raccontato la crisi e la morte della civiltà
contadina (nei romanzi “Il Quinto Stato”, “La vita
eterna”, “Un altare per la madre”, premio Strega,
“Mai visti sole e luna”, nelle poesie “Liberare
l’animale”, premio Viareggio, e “Dal silenzio delle
campagne”), la crisi che si chiamò terrorismo
(“Occidente”), la crisi che porta in analisi (“La
malattia chiamata uomo”, “La donna dei fili”, “Il
canto delle balene”) e lo scontro di civiltà, con
l’arrivo degli extracomunitari (“La Terra è di
tutti”). “La malattia chiamata uomo” fu recitata a
Parigi al teatro L’Aquarium per 4 anni consecutivi. Il regista
Claude Miller ne ricavò un film. Camon ha lavorato nel primo
Centro Anti-Droga, che aveva sede a Padova, e l’ha raccontato
nel libro “La droga discussa con i ragazzi”. I suoi
romanzi più recenti sono “La cavallina, la ragazza e il
diavolo” e “La mia stirpe”. È tradotto in 25
paesi. In Francia, Gallimard ha tradotto tutte le sue opere in prosa
e in versi. Nel 2020 è uscito il suo “Dialogo sul
Comunismo” con Pietro Ingrao, che Ingrao aveva bloccato per 25
anni. Ed è uscito il pamphlet “A ottant’anni se
non muori t’ammazzano”, contro l’opzione di non
curare i malati troppo anziani. Nel 2022 Apogeo ha ripubblicato
“Occidente” nella stesura definitiva. Le sue opere sono
pubblicate anche in edizioni per ciechi, in Italia e in Francia. Nel
2016 sono state raccolte in 16 ebooks e gli è stato assegnato
il premio Campiello alla Carriera. Dal 2021 è in corso la
pubblicazione delle sue opere in forma di audiolibri presso la casa
editrice Il Narratore; sono già usciti 4 audiolibri.
Renzo
Montagnoli
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